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Gli Hungryheart ristampano il loro primo album in un’edizione speciale per i 10 anni …

Gli Hungryheart ristampano il loro primo album in un’edizione speciale per i 10 anni …

Hungryheart
intervista a cura di Elena Arzani

Abbiamo intervistato Mario Percudani, chitarrista ed anima degli Hungryheart, in occasione della ristampa del primo album “Hungryheart” (leggi l’articolo dedicato)

Ciao Mario, è un piacere poterti incontrare per i lettori di Tuttorock!

EA – Come sono nati gli Hungryheart? 

MP – Ciao Elena e un saluto a tutta la redazione di Tuttorock!  Gli Hungryheart nascono alla fine degli anni 90, precisamente nel 97, quando io e Josh Zighetti, accomunati dalla stesse passioni musicali e dal fatto di essere nati nello stesso piccolissimo paese del lodigiano, abbiamo deciso di formare una band dallo spirito americano per iniziare a dare vita alle nostre prime canzoni.  Ed è così che abbiamo iniziato a suonare nei più svariati locali del nord Italia, proponendo una scaletta che, oltre ai nostri brani, spaziava dai Whitesnake, Danger Danger, Hardline, Mr. Big fino ai gruppi più cult della scena Melodic Hard Rock…. Insomma le nostre primissime influenze.  Gli HH nascono sui palchi nel vero senso della parola e tutt’ora rimane il nostra habitat naturale, dove più ci sentiamo a nostro agio.

EA – L’ispirazione per il nome nasce per caso dalla canzone di Bruce Springsteen contenuta nell’album The River del 1980?

MP – Anche se molti pensano che il nome derivi dal brano del Boss, in verità è una citazione tratta dal testo di un brano dei Tyketto e soprattutto è un qualcosa in cui ci siamo sempre riconosciuti. L’essere affamati, affamati di emozioni, nella vita e nella musica è la cosa più importante ed è ciò che non ti fa dimenticare che suonare significa solo farlo con il cuore e trasmettere qualcosa agli altri. Nel nostro piccolo è quello che cerchiamo sempre di fare. 

EA – Qual è il processo creativo di composizione dei vostri brani, tramite jam in studio o seguite un diverso metodo?

MP – Di solito i brani nascono da momenti di ispirazione personale oppure dall’unione di idee melodiche e liriche mie e di Josh. Ovviamente non c’è una vera e propria regola, ma generalmente una volta scritti i brani chitarra e voce li sviluppiamo e li arrangiamo in sala con la band al completo, grazie al fondamentale apporto di Paolo Botteschi e Stefano Scola.

EA – A distanza di 10 anni, la ristampa del vostro primo album, con 2 bonus track “River of soul” e la versione acustica di “The only one” rimasterizzate per l’occasione e registrate al Tanzan Music Studio. Da dove nasce la scelta di riproporre Hungryheart, intendete forse sottolineare che siete ancora fedeli alle vostre origini?

MP – Hungryheart è un album per noi personalmente molto importante. Nonostante sia il decimo anniversario dell’uscita, l’album è stato registrato molti anni prima. Sono stati anni bellissimi ma anche difficili che ci hanno segnato profondamente; e anche per questo motivo ci abbiamo messo molto a realizzarlo… diverse volte abbiamo dovuto interrompere per lunghi periodi le registrazioni, questo anche perchè il nostro budget a disposizione era davvero ridotto. Una volta finito, per una serie di sfighe incredibili, è rimasto ancora nel cassetto fino a quando finalmente è uscito nel 2008, segnando anche la nascita della Tanzan Music come etichetta. A quel punto mai ci saremmo aspettati di ricevere così tanti feedback positivi, specialmente in paesi come Giappone, Uk, Germania e anche in America. Eravamo più giovani e sicuramente più acerbi, ma questo album e le sue canzoni rappresentano la nostra storia e l’inizio di un percorso che ci ha regalato tante soddisfazioni e momenti indimenticabili. Per questo motivo, a dieci anni dall’uscita, abbiamo voluto fare questa ristampa e risuonare 2 brani come ci piace interpretarli oggi dal vivo.

EA – Facendo un bilancio, tra numerose tournée e 3 album, come si è sviluppata la vostra carriera in questo lungo lasso di tempo?

MP – Parlando degli anni successivi all’uscita del primo album, la nostra carriera si è sviluppata all’inizio in punta di piedi. Non avevamo grandi pretese; fare la nostra musica nel nostro paese non era sicuramente una scelta con grandi aspettative di successo, ma senza volerlo ci siamo trovati ad essere tra i primi a gettare le basi di una scena italiana di melodic rock che è cresciuta molto negli anni successivi. Di conseguenza sono nate molte collaborazioni, sia in studio che condividendo il palco con diverse band internazionali, e le prime date all’estero, soprattutto dopo l’uscita del secondo album One Ticket To Paradise. “Dirty Italian Job”, uscito nel 2015, ha rappresentato poi per noi una vera e propria maturazione e ci ha dato la possibilità di far conoscere le nostre canzoni ad un pubblico più vasto promuovendolo con moltissimi live in diversi paesi. La partecipazione all’Heat Festival in Germania nel 2016 poi è stato per noi un traguardo importante; suonare davanti a un pubblico che canta tutti i tuoi pezzi è una soddisfazione davvero incredibile. 

EA – Hungryheart è un progetto, che gode di un vastissimo pubblico estero. Siete spesso impegnati in tournée in Europa. Quali sono i motivi di questa scelta, trovi che il mercato straniero sia maggiormente ricettivo?

MP – Dipende sicuramente dalle situazioni. Ad esempio in Italia abbiamo la fortuna di avere un pubblico che ci segue e negli eventi legati al genere notiamo sempre un riscontro notevole. All’estero forse c’è ancora quella voglia di divertirsi andando a vedere un live che qui purtroppo si sta perdendo, ad eccezione dei concerti delle tribute band.  Al di là dei festival, ci capita spesso di suonare in club in altri paesi, davanti a pubblici nuovi che ci sorprendono per la partecipazione e questo ci fa sempre tornare a casa carichissimi. Ma comunque non c’è giorno che non ringraziamo i fan italiani che spesso ci hanno seguito anche oltre il confine…. davvero favolosi.    

EA – In occasione di Expo, all’interno del padiglione Estonia, siete stati tra le pochissime band protagoniste della scena musicale, proposte durante la manifestazione di caratura mondiale, cosa avete provato?

MP – È stata un’esperienza unica, un bellissimo ricordo e soprattutto un evento che arrivava proprio poco dopo l’uscita di Dirty Italian Job. Un gemellaggio che ci ha fatto sentire orgogliosi.

EA – Progetti per il futuro?

MP – Abbiamo in programma un tour in Germania, ma questo inverno la nostra priorità sarà lavorare sul quarto album, oltre a far uscire un live registrato in acustico in Repubblica Ceca.  

EA – All’inizio della nostra intervista, ho menzionato Tanzan Music, che oltre ad essere uno studio di registrazione so essere anche un’Academy in cui confluiscono talenti della scena musicale italiana. Tu, Mario Percudani, ne sei anche il direttore artistico. Ti va di parlarci di questo interessante progetto?

MP – Tanzan, oltre ad essere la nostra etichetta, è diventata per noi e per molti altri musicisti una casa, un punto di riferimento, una realtà viva e di grande stimolo che cresce ogni giorno di più.  Da un parte lo studio di registrazione che ci permette continuamente di lavorare su nuove produzioni alimentando così la parte discografica ed editoriale; dall’altra parte l’Accademia, sede MMI delle province di Lodi e Piacenza, che oggi con più di cento allievi rende questo luogo un viavai quotidiano di musicisti, artisti e studenti. 

Grazie Mario, per il tempo dedicatoci!
-Elena Arzani 


Autore

 Elena Arzani
Art director, fotografa e giornalista. Masters di Laurea in Communication Design, and Arts (Central St. Martin’s di Londra). Docente presso l’UAL (University of the Arts, London). Contributor di Shades of Noir e diverse testate giornalistiche. Esercita da oltre 20 anni nei settori della moda, pubblicità ed editoria dell’arte contemporanea e musica. Vive a Milano e Londra.