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Intervista a Carolina Bubbico su “Nina”

Intervista a Carolina Bubbico su “Nina”

In occasione dell’uscita del singolo “Nina” abbiamo intervistato la cantautrice, pianista, arrangiatrice e direttrice d’orchestra Carolina Bubbico.

Buongiorno Carolina, hai scritto “Nina” esprimendo un significato puramente estetico, tuttavia immaginavi già che potesse essere il nome ideale per la tua creatura. C’è una motivazione particolare per cui sei legata a questo appellativo?

Nina è un nome che ha da sempre ispirato il cantautorato italiano cosi come è sempre stato il nome che rappresentava la figura femminile nella musica tradizionale salentina, nella pizzica infatti per invocare la donna a danzare si sente spesso dire “Balla Nina”. Credo che questo nome porti con sé una forza innata, un carisma e una poesia unici. Ecco perché la scelta di questo nome per raffigurare il personaggio di questo racconto per me importante e significativo ed ecco perché ho poi deciso di chiamare mia figlia così.

Ti trovi a fantasticare su tua figlia e le auguri un futuro libero da “condizionamenti e paure” dove “il re non sovrasti mai la regina”. Devo dire che sono immagini piuttosto forti ed evocative. Mi chiedevo se in questo brano tu non riveda anche una parte di te, magari più giovane ed ingenua?

Certamente c’è una forte componente autobiografica alla quale onestamente quasi sempre gli autori attingono. D’altra parte a mio avviso è quasi inevitabile non attingere al proprio mondo interiore e alle proprie esperienze personali per scrivere una canzone. Dal momento poi che la canzone viene pubblicata si spera che quella storia diventi di tutti e possa entrare a far parte della vita di più persone possibili donando all’artista il senso vero della creazione di un’opera.

Affronti la tematica del distacco: il timore di lasciare alle spalle la propria terra e quindi di perdere sè stessi e le proprie origini, ma al contempo anche la volontà di intessere la trama di un nuovo racconto e la gioia che comporta la scoperta di nuovi mondi. Me ne puoi parlare?

Credo sia una storia molto comune quella della delicata fase della vità in cui si compie il passaggio dalla vita adolescenziale alla vita adulta. C’è chi compie il salto (seppur solo quello materiale e pratico) in maniera estremamente facile, attuando anzi quasi un senso di fuga dalla propria casa di origine e dal proprio nucleo familiare.
C’è chi invece fa più fatica ad andare via, da una parte sente una forza attrattiva verso il nuovo mondo e la sua luce affascinante e dall’ altra la paura del nuovo la frena, la paura di lasciare ciò che conosce, ciò che la rassicura e la protegge, il nido familiare, la terra d’origine. La canzone parla a quella giovane donna, la culla e le mostra la via esortandola a prendere in mano la sua libertà prendendo a braccetto le sue paure, affrontandole e trasformandole in forza e movimento, in curiosità ed entusiasmo per la vita. Nina così potrà divenire una donna libera e autonoma.

La tua canzone è un invito più esteso a rompere con il passato, andando oltre ai legami karmici familiari e trovando una propria identità. Oltre a Nina a chi la dedicheresti?

Questa canzone è dedicata a tutte le giovani ragazze e ragazzi prossimi a fare piani per il futuro all’alba dei loro 20 anni, con la speranza di poter donare loro una voce incoraggiante che li possa caricare e guidare verso ciò che desiderano in maniera autonoma e libera.

Come ti senti quando canti questa canzone? E’ un’ esperienza diversa rispetto al resto del tuo repertorio?

Questa canzone ha una forza speciale per me, una forza che sento collettiva, e poi ha una doppia valenza adesso che posso proiettarla e dedicarla a mia figlia, alla Nina del futuro. Tra l’altro sono particolarmente fiera di questo testo, si lascia cantare con grande piacere.

“Nina” è un po’ jazz ma anche soul, pop, sperimentale… testimonia la grande varietà di stili ed influenze accumulate nel corso degli anni. Ti sentiresti di attribuirle un genere?

Non amo etichettare la mia musica, ne ho fatto una bandiera. Il mio disco precedente si chiama “ Il dono dell’ubiquità” proprio per dichiarare e manifestare liberamente e apertamente la mia scelta creativa e artistica di sentirmi fieramente “ubiqua” in musica rendendo questa una qualità e un valore aggiunto e non un ostacolo come il sistema mi suggerirebbe col suo bisogno spasmodico di etichettare e catalogare. Miro a concepire una musica che risente sì di tanti linguaggi differenti in maniera spontanea, non premeditata, semplicemente dettata dal mio sentire e dal mio bisogno di provare stupore in ciò che scrivo. Rispetto profondamente l’esistenza dei diversi linguaggi musicali che il naturale sviluppo storico culturale ha creato ma al tempo stesso credo nella forza del concetto di musica universale e tendo a quello quando compongo. In Nina e in tutta la mia musica potrete sentire ciò che desiderate sentire, lascio a voi la libertà di associare e riferire. Io mi occupo di stare bene in ciò che creo, puntando alla verità.

Pensi dunque che questo brano possa essere anche una forma di lascito, un ricordo per Nina da portare con sè nel tempo a venire?

Assolutamente sì, come anticipato nelle risposte precedenti, vorrei fosse più di un ricordo ma bensì una voce guida che possa trasmetterle la forza dell’autonomia e della libertà nel suo futuro da donna.

Come si inserirà “Nina” all’interno della tua produzione? Ricoprirà un’ importanza particolare?

Facendo parte di un periodo di scrittura precedente, questa canzone è una battitrice libera, va da sé e doveva essere pubblicata prima o poi. Ora che è nata mia figlia Nina ho sentito fosse il momento giusto per farlo, a prescindere dalla musica nuova che verrà e dai suoi tempi. Certamente posso dire che in primavera pubblicherò il mio nuovo disco frutto del fertile periodo di maternità nel quale ho scritto tanta musica nuova.

Sei stata arrangiatrice e direttrice d’orchestra per tre volte al Festival di Sanremo, ti sei esibita su prestigiosi palchi italiani ed internazionali. Time in Jazz, Blue Note di Milano, Auditorium Parco della Musica, Muntagninjazz ma anche Blue Note Tokyo e Pechino. Immagini che tua figlia possa seguire le tue orme nel mondo della musica?

Sicuramente metterò tutta me stessa affinché Nina possa imparare l’arte della musica e tutte le sue infinite potenzialità. Farò in modo che nulla mai le venga imposto e che nei suoi primi anni di vita lei possa vivere la musica sotto forma di gioco e di momento di felicità. Col tempo sarebbe bello che lei potesse riconoscerne l’enorme potere comunicativo in quanto strumento e canale potentissimo per stare al mondo in un certo modo e avere uno spazio-tempo dove potersi esprimere. Se sceglierà la musica come professione certamente verrà sostenuta dalle mie spalle e la mia esperienza ma questa scelta sarà solo e soltanto sua.

Cosa significa per te essere una donna dello show business, soprattutto in ruoli come quello di direttrice d’orchestra?

Ricoprire i miei ruoli nella carriera che ho costruito è una scelta sentita e conquistata! Ci tengo a metterci una sottolineatura per mandare un messaggio ben preciso alle giovani donne che fanno fatica a prendere delle scelte autonome, a vedersi adatte a ricoprire dei ruoli, che a volte oserei dire si nascondono dietro il modello del patriarcato. Si può fare la differenza, si può creare un nuovo modello di donna uniformato al genere maschile semplicemente volendolo, focalizzandosi e rappresentandosi per ciò che si desidera essere e costruendo con impegno, mattoncino dopo mattoncino, la propria professione e la propria strada.

Guardando al futuro c’è qualche obiettivo o traguardo che ti sei prefissata?

Mi piacerebbe potermi aprire definitivamente al mercato estero dove sento di poter essere valorizzata e compresa ancor meglio che in Italia e andare a suonare nei più prestigiosi festival del mondo portando in giro la mia musica in uno spettacolo che metta in gioco tutte le mie sfaccettature, ospite delle migliori orchestre in circolazione. Bisogna immaginare in grande!

Ti ringrazio per la tua disponibilità e ti auguro un futuro roseo per “Nina”.

SUSANNA ZANDONA’