ILLACHIME – Intervista sul nuovo album “Soundtrack (For Parties on The Edge of …
Gianluca: abbiamo un ottimo rapporto con le colonne sonore e con le sonorizzazioni!! Illachime Quartet è un gruppo attraversato da una grande passione per il cinema e questo aspetto ci ha caratterizzato fin dall’inizio. Cerchiamo di portare in primo piano le nostre emozioni nel processo compositivo e quando abbiamo un supporto cinematico, o comunque delle immagini, ci viene assolutamente naturale improvvisare e mettere giù idee compositive sulle quali poi lavoriamo in arrangiamento e nell’ambientazione sonora. Del resto stiamo portando in giro anche la sonorizzazione di E’ Piccerella di Elvira Notari, un’alternativa al nostro live consueto.
Come è nato e come si è evoluto fino ad oggi il progetto Illachime Quartet?
Gianluca: Illachime quartet nasce nel 2002 inizialmente in formato duo con Fabrizio Elvetico e Gianluca Paladino, ma già nel nome era orientato a una formazione di quattro elementi. Eravamo amici e dividevamo uno studio per produzione di sonorizzazioni conto terzi. Da lì abbiamo iniziato ad unire le forze e a mettere giù idee per il primo disco, l’eponimo uscito nel 2004. A quel tempo lavoravamo molto in pre-produzione usando tanta elettronica, campionamenti dal vero realizzati in proprio, senza rinunciare ad inserire piano, tastiere, chitarra, basso e batteria acustica. Poi abbiamo cominciato a portare live la nostra musica con musicisti che non erano stabilmente nella formazione. Nel 2009 abbiamo prodotto un secondo disco, I’m normal my heart still works, che vedeva la partecipazione di straordinari ospiti internazionali: Mark Stewart (Pop Group), Graham Lewis (Wire), Rhys Chatham, Salvatore Bonafede. Nel quartetto si era già integrato stabilmente Pasquale Termini al violoncello, mentre i batteristi continuavano ad avvicendarsi. Nel 2011 Fabrizio produce un nuovo cd, Sales, dove i nostri pezzi erano remixati da altri musicisti importanti, tra questi Schneider TM, Retina.it, FERC, Black Era, Mark Stewart. Nel corso degli anni abbiamo partecipato a due compilation internazionali per la Bip-Hop di Marsiglia e la Zaum Records di Dublino. Dal 2011 al 2016 abbiamo lavorato quasi sempre su musiche per video, documentari, cortometraggi, installazioni e performance e di questa produzione una parte è stata utilizzata per il nuovo disco. Dal 2015 abbiamo ripreso anche l’attività live con l’inserimento definitivo alla batteria di Ivano Cipolletta che nel corso degli anni aveva già suonato sia in studio che dal vivo con Illachime Quartet. Il resto come si dice è storia odierna…
Il vostro sound spazia tra generi e atmosfere spesso molto distanti tra loro, non ponendo limiti alla creatività. Quali sono le “stelle polari” dal punto di vista musicale che, direttamente o indirettamente, vi hanno aiutato a trovare la vostra via?
Gianluca: Una delle cose che ci ha caratterizzato fin dall’inizio è quella di non essere accostabile a nessuna band o corrente musicale specifica. Usiamo il termine free form per indicare la parte più improvvisativa presente nella nostra musica, che nel corso degli anni si è fatta sempre più importante, ma anche abstract punk per una certa attitudine alla rudezza furiosa propria del post punk, o avant jazz per le strutture di alcune composizioni. Poi per le “stelle polari” potremmo aprire un discorso veramente lungo che ci porterebbe dalla musica classica, all’avanguardia passando per l’hard core e il punk. Alla fine c’è comunque un filo conduttore musicale e sonoro che ci individua, però per scoprirlo dovreste venire a un nostro live.
Avete già in mente quella che sarà la resa dal vivo dei pezzi di questo album?
Fabrizio: il problema ce lo siamo già posto e ne abbiamo messo in pratica il risultato al concerto di presentazione di maggio a l’Asilo. C’è un solo modo per rendere dei pezzi nati per essere eseguiti da una big band senza big band: ripensarli radicalmente conservando degli originali una serie di elementi che vengono intesi come “materiale” da cui si pesca nell’ottica improvvisativa. In questo senso i pezzi della parte A e quelli della parte B trovano un punto di incontro che nel disco non c’è.
Su TuttoRock c’è una rubrica che si chiama “Consigli Per Gli Ascolti” dove all’interno di diversi contesti, vengono consigliati dischi ai nostri lettori. C’è qualche album nato appositamente come colonna sonora di cui vorreste raccomandarne l’ascolto?
Gianluca: Miles Davis – Ascenseur pour l’échafaud, per il film di Louis Malle del 1958
Fabrizio: ho amato alla follia Chinatown di Roman Polanski, e in particolare la colonna sonora di Jerry Goldsmith. Per il cinema italiano, oltre all’inevitabile Morricone, consiglio quelle di Piero Umiliani, per esempio la colonna sonora con Chet Baker per il film Smog del ‘62. Recentemente mi è piaciuta la cupissima soundtrack di Ben Frost per la serie tedesca Dark, un bell’esempio di musica fatta sulle variazioni di pochi elementi.
Intervista a cura di Francesco Vaccaro
Studente di Ingegneria delle Telecomunicazioni presso l'università La Sapienza di Roma, da sempre animato dalla passione per la musica. Nel 2012 entra nel mondo dell'informazione musicale dove lavora alla nascita e all'affermazione del portale Warning Rock. Dal 2016 entra a far parte di TuttoRock del quale ne è attualmente il Direttore Editoriale, con all'attivo innumerevoli articoli tra recensioni, live-report, interviste e varie rubriche. Nel 2018, insieme al socio e amico Cristian Orlandi, crea Undone Project, rassegna di musica sperimentale che rappresenta in pieno la sua concezione artistica. Una musica libera, senza barriere né etichette, infiammata dall'amore di chi la crea e dalle emozioni di chi la ascolta.