IKITAN – Intervista alla band
In occasione dell’uscita del loro nuovo album “TWENTY-TWENTY” ho intervistato la band IKITAN.
Salve ragazzi, chi è Ikitan? Raccontateci la genesi del vostro progetto.
Ciao Vike e amici e amiche di Tutto Rock. IKITAN è una band di Genova composta da Luca Nash Nasciuti (chitarra ed effetti), Frik Et (basso ed effetti) ed Enrico Meloni (batteria e cowbell). IKITAN nasce nella sua forma attuale nel settembre del 2019, quando Luca, che già suonava da diversi anni con Frik Et, risponde a un annuncio di Enrico su un gruppo Facebook per musicisti genovesi. L’idea di Luca e Frik Et era quella di dar vita a un progetto di post-rock e stoner strumentale, direzione in verità nuova per Enrico. Ciò nonostante, ci siamo subito trovati a nostro agio a suonare insieme: tutto ciò che è accaduto da allora, e che continua ad accadere ancora oggi, è semplicemente jammare in saletta. Da lì è stato un continuo sperimentare e imparare l’uno dall’altro. La direzione musicale è sì post-rock/stoner ma ci sono anche influenze progressive e heavy metal nella nostra musica. Sappiamo che vorrete sapere qualcosa anche sul nome. Ebbene, Luca ha trovato il nome IKITAN cazzeggiando su internet, e la “fonte” (notare le virgolette!) ne parlava, in ambito divinità precolombiane, come dio azteco del suono derivante dalla pietra. Ma che figata di nome! Troppo bello per essere vero. E infatti… Qualche giorno prima dell’uscita dell’album, quando artwork, registrazione alla SIAE e tutto quanto erano ormai belli pronti, ci viene l’idea di verificare circa la fondatezza di questa fonte e, interpellato persino un professore dell’Università di Milano specializzato in culture precolombiane al riguardo, ci siamo resi conto che IKITAN… no, non era (non è?) il dio del suono derivante dalle pietre per gli Aztechi! Ma per noi questo ormai non importa: ci siamo affezionati al nome, che rappresenta appieno la nostra proposta musicale (c’è anche uno squisito gioco di parole tra stoner, uno dei tipi di musica a cui ci rifacciamo, e stones, come pietre… e anche stoned, sballato/fumato, dato che ci siamo!), tant’è che abbiamo deciso di glorificarlo nella copertina del nostro debutto “Twenty-Twenty”, opera dell’incredibile Luca Marcenaro.
Parlateci delle vostre influenze musicali.
Abbiamo tutti e tre passato i trent’anni (chi più chi meno) e con essi le varie “fasi” che polarizzano spesso i gusti delle persone. Questo per dire che ciò che si sente nella nostra musica è il risultato del mix delle nostre influenze, abbastanza variegate, che in un qualche modo trovano sfogo in IKITAN. Enrico ha un background principalmente metal, prog e funk, e per citare alcune band e artisti importanti possiamo menzionare Atheist, Bill Bruford (batterista di Yes e King Crimson), Living Colour e Tower of Power. Grazie a metal e funk il suo suono è articolato e sincero su pelli e piatti, mentre la mentalità prog lo porta costantemente a sperimentare e mischiare generi e idee. Anche Frik Et è influenzato da generi molto diversi tra loro. Grande amante del rock in tutte le sue sfaccettature, non disdegna hip-hop e musica elettronica. I suoi riferimenti per il rock sono band quali If These Trees Could Talk, Tool e Kyuss. Per questo si esprime in giri di basso massicci e lineari, utilizzando effetti per aumentare l’impatto sonoro. Luca è un grande amante della forma più pura dell’espressione musicale, al di là del genere tutto quello che ha “un qualcosa in più” lo affascina. Per citare alcune band, Yawning Man, Motorpsycho e Plini. I riff esplosivi e la capacità di commutare in musica le emozioni riescono a rendere il suo suono mai scontato e sempre personale. Oltre a quelle elencate, ovviamente ci sono tantissime altre band che ci fanno strappare i capelli, e in qualche modo tutto ciò che percepiamo trova una sua strada nella musica di IKITAN. Un aneddoto divertente riguarda sicuramente i Tool, una band che amiamo davvero tantissimo: tutti e tre eravamo presenti al loro concerto al Firenze Rocks del 2019… ma non ci conoscevamo ancora (Luca e Frik Et, per la precisione, erano insieme). La prima volta che ci siamo incontrati, qualche mese dopo, la scintilla è scoccata proprio quando abbiamo iniziato a parlare di quel magico festival.Tornando alle nostre influenze più in generale, IKITAN rappresenta allo stato attuale una band in cui il risultato delle tre personalità è superiore alla semplice somma. Ci divertiamo a sperimentare e giocare quando suoniamo, e ciascuno di noi riesce a contribuire al risultato finale in modo tangibile (cowbell compreso).
Avete un sound essenziale, seppur efficace. Per questo ultimo disco, sembra che abbiate fatto una massiccia jam-session e poi mixato il tutto. Come avete lavorato in studio per registrare Twenty-Twenty?
Tutto è partito da un periodo di alcuni mesi di jam session in cui abbiamo disseminato “pezzetti” di “Twenty-Twenty” qua e là. Dopo aver riascoltato le prove, abbiamo stabilito di fondere le diverse parti e si è generato così un brano unico di venti minuti circa. Qui un briciolo di follia ci ha spinti a non abortire l’idea e a realizzare veramente il nostro primo EP presentando un brano solo, strumentale e della durata precisa di venti minuti e venti secondi. Abbiamo cercato di mantenere quell’idea, primordiale e necessaria, di esecuzione estemporanea durante tutto il processo di produzione, cercando di evitare quel sound “over-produced” che si può sentire in certi dischi. Volevamo un suono pieno e ruvido ma genuino, diretto e omogeneo. In alcuni momenti sono senz’altro presenti diversi strati, ma i suoni restano comunque molto naturali. Al Greenfog, il magico studio di registrazione di Mattia Cominotto, che si trova a Genova, abbiamo registrato la batteria, una delle specialità della casa, con un bellissimo esemplare di Ludwig Vintage e con tutto l’hardware a nostra disposizione. Una delle storie più divertenti è stata quando Mattia ci ha confessato che gli è quasi costato di più far restaurare la batteria, un pezzo d’epoca, che non rifare l’intero studio! Il resto della produzione è proseguito nello studio personale di Luca dove sono state scelte le linee di basso, gli arrangiamenti di chitarra ed è stato ultimato il mix. Ciascuno di noi tre ha voluto esprimersi attraverso il suono, la dinamica e le note, e ha potuto farlo in totale libertà senza vincoli di genere, stile o necessità di produzione. Massima libertà in tutte le fasi, insomma: questo è uno dei messaggi che abbiamo voluto dare e siamo contenti quando viene percepito in questo modo. Infine, per dare piena dignità al progetto, dopo anni di CD-R masterizzati e di copertina fotocopiate nelle nostre precedenti esperienze musicali, ci siamo affidati a un vero professionista come Luca Marcenaro, che ha curato le grafiche dell’album, e abbiamo realizzato un digipack in edizione limitata (200 copie) che si presenta con un bel poster e un adesivo in omaggio. Abbiamo voluto fare le cose “per bene” e questo ci ha spinti, con grande orgoglio, a voler diffondere la nostra musica ovunque nel mondo: in poche settimane abbiamo tirato su un database di oltre 500 contatti (riviste, webzine, radio, tv, chi più ne ha…) a cui inviare il nostro cd. I risultati, come dicevamo sopra, sono un discreto numero di recensioni e interviste a livello internazionale. Certo, se ora potessimo anche fare qualche concerto non sarebbe male… la pandemia ha stroncato quella parte del nostro progetto musicale sul nascere, per cui abbiamo compensato con tutto il resto delle attività che siamo riusciti a portare a termine “senza doverci spostare”.
Proporrete questo disco anche nella dimensione live o è un semplice esperimento da studio?
Risposta breve: se ce ne sarà la possibilità, saremo felicissimi di proporlo anche dal vivo, anche se il progetto, essendo noi un trio, presenta alcune sfide molto interessanti, sfide che ci tengono impegnati in questi primi mesi del 2021. Risposta completa: complice la descrizione che noi stessi abbiamo dato della nostra musica in sede promozionale, volutamente improntata sull’aspetto “jam session” e improvvisativo, in alcune recensioni abbiamo letto che il nostro album sembra sia stato registrato in presa diretta. Tutt’altro! 🙂 Se è senz’altro vero, e lo ribadiamo, che le idee sono tutte nate durante le nostre lunghe improvvisazioni (registriamo sempre le nostre prove, anche se con una qualità non certo da album, usando uno smartphone), il risultato finale è diventato abbastanza complesso, anche dal punto di vista degli arrangiamenti, in alcuni momenti del brano, che risultano un po’ difficili da riproporre in trio. Tutto quanto sopra per spiegare che, in realtà, stiamo cercando di riarrangiare il brano in funzione di un’eventuale esibizione live. Sarà una diretta su uno dei nostri profili social? Un concerto registrato? Un concerto vero su un palco (ok, qui, vista la situazione attuale, stiamo proprio sognando!)? Non lo sappiamo ancora. Seguiteci e giudicate voi stessi.
La scelta di proporsi come band strumentale è azzardata per il mercato musicale italiano. Lancerete la vostra idea anche all’estero?
Proprio il fatto di non avere un cantato (che sia italiano o inglese cambia poco) rappresenta, allo stato attuale, il punto di forza per poterci proporre senza paura al di fuori dei confini nazionali, oltre a eliminare in toto un elemento che è sì molto caratterizzante di qualsiasi proposta musicale cantata (non è forse la voce la cosa che si ricorda di più di una band?), ma anche estremamente polarizzante (quante volte, di una band, ci piace tutto fuorché la voce?). Il non avere una voce ci permette una grande libertà espressiva e il non dover (in)seguire una certa idea/filosofia di pensiero per ciascun riff o per ciascuna idea. Abbiamo improntato fin da subito in modalità “English-first” le nostre comunicazioni e la nostra strategia, consapevoli da un lato delle potenzialità che il mondo là fuori può offrire, in un’epoca in cui, grazie ai social media, i confini hanno un significato molto relativo in questo senso, e dall’altro lato dell’importanza di riuscire a esprimersi in modo professionale e credibile nella lingua internazionale per eccellenza. A oggi il nostro EP di debutto “Twenty-Twenty” ha ricevuto ottimi riscontri sia in Italia che all’estero e, con grande piacere e stupore (niente ci è dovuto: ci siamo presentati al mondo, uscendo dal nulla, senza aver mai fatto un concerto e senza alcuna traccia su internet o sui social media, e la cosa è piaciuta; questo ci rende davvero felici), la nostra strategia promozionale ha prodotto anche un discreto numero di interviste (tra cui questa – grazie Vike!). Siamo davvero soddisfatti di come sta andando, anche e soprattutto considerando che si tratta di un prodotto completamente “fatto in casa”, e il responso della stampa straniera è ciò che ci rende più orgogliosi in assoluto al momento. Oltre al piacere di aver fatto e realizzato una cosa che a noi piace moltissimo, s’intende.
La pandemia ha influenzato in qualche modo la vostra musica? Se sì, in quale misura?
La pandemia ha certamente influenzato la nostra musica, nel senso che ci ha dato un enorme “calcio nel culo” spingendoci a pubblicare questo EP il prima possibile. Quando, come tutti, siamo stati costretti a mettere in pausa le nostre vite, anche musicali, a inizio marzo dell’anno scorso, abbiamo capito che avremmo voluto pubblicare quanto avevamo prodotto fino a quel momento (ossia: un discreto numero di riff e idee, diciamo abbastanza per poter completare almeno tre canzoni). In quel momento, la primavera scorsa, ci siamo detti “beh, ora o mai più, chissà cosa potrà accadere in futuro?”, e così è stato. La volontà di chiudere quel ciclo della storia della band ha fatto il resto. Verso maggio abbiamo iniziato a lavorare più seriamente per dare una forma compiuta a questa lunga canzone di 20 minuti e 20 secondi, un brano composto da tre capitoli in cui alcuni temi vengono ripresi, quasi come fosse una suite (quasi!)… a un certo punto ci siamo resi conto che la durata era, guarda caso, 20 minuti e 20 secondi… che l’anno era il 2020… e per un assurdo gioco del destino, anche la data di pubblicazione, decisa letteralmente qualche settimana prima dell’uscita del disco, sarebbe potuta essere il 20 novembre 2020 (un venerdì, giorno fondamentale per la pubblicazione di album e dintorni). Non siamo appassionati di numerologia né particolarmente fissati con la ricerca di significati “alti” dove non ce ne sono (e possiamo dirvelo in grande onestà: non ce ne sono), ma tutte queste coincidenze e riferimenti che si rincorrevano ci divertivano e ci divertono ancora, per non parlare di ciò che troverete all’interno dell’album acquistando il digipack… Inoltre, se è vero che siamo molto cauti a non usare la parola “suite”, è naturale, anche viste le nostre influenze (post e prog rock), che ci sia una certa ricercatezza nel creare piccole ricorrenze, temi e punti di connessione… per cui tutto ha, incredibilmente, un suo significato. A livello di band, la pandemia ci ha resi più coesi e focalizzati verso un obiettivo finale molto concreto: la pubblicazione di un album. Se non ci fosse stato il COVID avremmo forse investito tutte le nostre energie a cercare serate per locali in Italia e all’estero? Avremmo aspettato di avere “le canzoni perfette” (cosa può essere mai perfetto?) Questo è molto probabile, e si tratta anche di obiettivi molto più “generici” che, ovviamente, non si sa a cosa avrebbero portato. E, per quanto riguarda i live, non vediamo l’ora di scoprirlo. A causa di questa situazione disastrosa, e con un sacco di tempo a disposizione (tempo che prima veniva usato viaggiando e/o viaggiando per lavoro), ci siamo trovati a voler condividere questo obiettivo, e siamo contenti di averci creduto e di averlo portato a termine. Quindi sì, la pandemia ha giocato un ruolo determinante nella storia degli IKITAN.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Al momento ci stiamo appunto preparando per una (poco) probabile stagione di live dove porteremo sul palco “Twenty-Twenty” e anche nuove cose che sono in cantiere. Vedremo poi quando questo nuovo materiale prenderà forma in un disco “vero” (e non più un EP) e speriamo che per allora la situazione a livello di concerti si sia sbloccata. Ci stiamo incontrando due volte alla settimana per provare, una situazione inedita che sta dando grandi risultati in termini creativi e di coesione della nostra musica… da questo punto di vista, stiamo cercando di approfittare di questa situazione altrimenti disastrosa. Nel frattempo, cerchiamo sempre di tenere viva l’attenzione sulla band tramite i nostri canali social e di mantenere i contatti che stiamo avendo con riviste, blog, radio e altre band. Di sicuro la voglia di fare non manca! Scopri il mondo degli IKITAN: https://linktr.ee/ikitan
VITTORIO “VIKE” GIORCELLI
Band:
Luca Nash Nasciuti: chitarra ed effetti
Frik Et: basso ed effetti
Enrico Meloni: batteria e cowbell
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https://ikitan.bandcamp.com
Nato a Casale Monferrato (AL), nel 1985, fin da bambino mostra il suo interesse per come funziona la musica quando il padre gli regala un CantaTu, nel Natale del ’92. Inizia a suonare la chitarra all’età di 13 anni, intraprendendo successivamente gli studi didattici sullo strumento. Nel 2005 consegue il diploma in Produzione Audio presso il SAE Institute di Milano. Fonda successivamente The Newlanders, band rock/alternative, con la quale pubblica tre album. Parallelamente alla propria attività musicale, collabora anche con la società di produzione The Best Blend, scrivendo musiche per serie YouTube. Nel 2013 si trasferisce a Torino e inizia a lavorare in RAI come tecnico audio/video, ed è proprio nella capitale piemontese che alcuni anni dopo fonda Atomo Promotion, ufficio stampa indipendente che si occupa di promozione di artisti emergenti. Nel 2020 pubblica il primo album da solista “Solo”, con il nome d’arte Vike. Appassionato di cinema weirdo, cetriolini, e Bloody Mary.