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Intervista ai “CARNAGE VISORS”, tributo ai CURE

Intervista ai “CARNAGE VISORS”, tributo ai CURE

Abbiamo intervistato i CARNAGE VISORS, band che propone un tributo ai CURE

Ciao ragazzi, e benvenuti tra le pagine di Tuttorock. Come prima cosa, vi faccio la domanda con la quale iniziamo spesso le nostre interviste. Quando e come nasce la band, e perché le avete dato questo nome.
NICK: La band nasce ufficialmente nel 2016 da un’idea del chitarrista precedente e mia, che al momento della fondazione della band suonavo il basso, e non la chitarra.  Il nome nasce dalla colonna sonora del film “Carnage Visors”, scritta da Robert Smith e compagni nel lontano 1981 ed uscito solo sul retro della musicassetta nel mercato britannico. I due fondatori della band ricevettero questa musicassetta nel lontano 1988 a seguito di un viaggio a Londra di una amica comune e ne rimasero così folgorati da dedicarci il nome del tributo più di trent’anni dopo.

Da dove nasce il vostro amore per i Cure?
NICK: Io mi sono appassionato ai Cure nel 1987 quando, trascinato da mio cugino, andai al loro concerto a Modena del “The Kissing Tour”, in promozione dell’album “Kiss Me Kiss Me Kiss Me”.

SCIAPU: Io ho Inizio ad ascoltare i Cure senza sapere chi stessi ascoltando, all’età di 12 anni sentivo certi brani che mia sorella più grande ascoltava con molta frequenza! Le melodie ed i suoni “particolari” mi fecero scoprire in parte questa band!  Poi dal 2016 faccio parte di questo meraviglioso tributo fatto da persone che ne curano i suoni in maniera quasi maniacale!

DAVE: Ho scoperto i Cure a 16 anni. Un amico mi prestò “Staring at the sea”, in cassetta, e mi innamorai di “Killing An Arab”. Ma tutto il disco mi rapì. Mi piacquero le sonorità minimali e i fraseggi malinconici delle chitarre… poi di lì a poco uscì “Disintegration”. Quindi andai alla ricerca di tutto quello che riuscivo a recuperare. Il mio primo live è per il Tour di “Wish” a Treviso nel 1992, di cui conservo ancora il biglietto.

SANDRO: Tra il 1987 ed il 1988 avevo già vent’anni, E conobbi una ragazzina abbastanza più giovane di me. Ci frequentammo per lungo tempo. Lei amava molto la musica, in particolare gruppi come The Cure, Depeche Mode, Echo & the Bunnimen, Siouxsie and the Banshees… Trovavo quelle sonorità piuttosto ostiche, noiose, quasi incomprensibili. Per me non fu certo amore aL primo ascolto. Lentamente le cose cambiarono ed iniziai ad apprezzarle sempre più. In particolare, nacque una vera passione per Depeche Mode e Cure. Recuperai le uscite discografiche precedenti, e quelle successive da allora sarebbero diventate un appuntamento irrinunciabile.  Come irrinunciabili sarebbero state le loro esibizioni in Italia. Nei primi anni 90 scoprii anche il mondo della musica live, quella suonata nei piccoli locali della provincia. Potevo finalmente mettere a frutto i lunghi e noiosi anni di studio del pianoforte classico e, superando la mia introversione, intraprendere un’attività musicale coinvolgente e spesso entusiasmante. Tra vari progetti, più o meno fortunati, ho avuto la possibilità di far coincidere l’amore per i miei gruppi preferiti con la voglia di esibirmi sul palco. Prima facendo parte, per un decennio, di un tributo ai Depeche Mode da me co-fondato e, molti anni dopo, accettando l’invito ad entrare nel progetto Carnage Visors, a tribute to The Cure. A distanza di quasi quarant’anni i Cure sono ancora ben presenti nella colonna sonora della mia vita. Ma questa è storia di oggi.

OMAR: Un pomeriggio di circa trent’anni fa, a casa di un amico bassista appassionato di post-punk, stavamo ascoltando vari cd. Erano gli anni d’oro della scena grunge, ma oltre ai Melvins, Soundgarden e Sonic Youth, quando spicca tra i suoi ultimi acquisti il faccione del vecchio pescatore in pensione John Button, stampato sulla cover di “Staring At The Sea”, la mitica raccolta di singoli dei The Cure, uscita nel lontano 1986. Intrigato da una copertina tanto strana quanto magnetica inserisco il CD, divorando i decibel arabeschi di “Killing An Arab” e la tessitura scheletrica e minimalista di “10.15 Saturday Night” … Capisco già con che cosa ho a che fare, ovvero con una musica magica estetica dal decadentismo e dalla poetica incredibile. Ma è con la terza traccia, “Boys Don’t Cry”, che realizzo che questo sarà per sempre il gruppo scavato nel mio cuore. “A Forest”, “Charlotte Sometimes” e “A Night Like This” esprimono appieno gli umori emotivi del Dottor Malinconia, Robert Smith, un artista incredibile, capace di scrivere i fiori del male in musica, ma anche ballate pop scanzonate, come “Close to me”. Nella sua anima variegata e sensibile ritrovo da subito in me una similitudine fortissima e ne vengo rapito! Non a caso è grazie alla musica dei Cure che ho conosciuto mia moglie Vale!

Solitamente concludo le interviste alle band chiedendo dei progetti futuri. Ho visto che avete un calendario live molto fitto, e deduco che tra i vostri progetti ci sia quello di portare il vostro tributo su tanti palchi.
DAVE: Sappiamo di avere ancora un ampio margine di miglioramento, per cui come obiettivo per il futuro mi pongo proprio questo. Non solo musicalmente ma anche a livello di show e allestimento degli spettacoli. Non mi dispiacerebbe riuscire ad organizzare un tour europeo.

Vi chiedo un’ultima cosa: quali sono i vostri sogni?
NICK: Ovviamente il mio sogno è quello di incontrare di persona i Cure e diventarne tributo ufficiale!

OMAR: I miei sogni? Ne ho alcuni a breve termine, come quello di incidere un EP con il nostro tributo Carnage Visors! Un po’ più avanti, mi piacerebbe fare quattro chiacchiere con lo Zio Bob e dirgli che è un grande, perché la sua musica è davvero una “Cura” che mi ha salvato l’anima… ma questo probabilmente già lo sa!

Grazie ragazzi!
Grazie a te, e a Tuttorock!

LA BAND
Omar Siviero: Voce
Nicola Bertoncelli: Chitarre
Davide Conti: Basso
Sandro Ricci: Tastiere
Nicola Chapuis: Batteria

Per seguire la band:

Facebook: https://www.facebook.com/carnagevisorsband

Sito: www.carnagevisors.band

Instagram: https://www.instagram.com/carnage_visors_band/