I-VEE – Intervista a Veronica Vitale
Veronica Vitale I-VEE è una pianista, imprenditrice per l’industria discografica statunitense, attivista per i diritti dell’infanzia, per l’emancipazione femminile e per lo sviluppo sostenibile, socialmente impegnata nella lotta contro il bullismo e l’abuso di potere. Si afferma prima in Germania nel 2010 con l’album di debutto “Nel mio bosco Reale“, per il quale riceve il riconoscimento di artista internazionale al Der Musikmesse International Press Award MIPA. È in radio e disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “TRANSPARENT”.
Ciao Veronica, piacere di averti sulle pagine di Tuttorock. Video bellissimo, canzone splendida, biografia ricchissima, ho scoperto tante cose interessanti, mi spiace solo averti scoperto solo adesso.
Non ti preoccupare, è bello conoscersi e scoprirsi adesso, la meraviglia è una delle cose più belle della vita.
Bene, raccontami quali sono stati i tuoi primi ascolti.
Ho iniziato ad avvicinarmi alla musica ascoltando musica metal, dai Linkin Park ai Metallica, arrivando poi ai Beatles, e al mitico Freddie Mercury.
Leggo dalla tua biografia che sei emigrata dall’Italia per un rifiuto del sistema dei talent.
In Italia c’è stato un periodo, soprattutto verso il 2009, il mio primo contratto discografico l’ho firmato in Germania nel 2010, c’era una realtà tutta centrata sul sistema dei talent. Questo ha portato il mondo musicale ad un approdo sistemico in cui un artista fuori dalle righe, con idee innovative, rimaneva imprigionato in ambiente fatto solo di numeri, likes e streaming. Questo può essere un indice, ma non può essere un metro di giudizio universale. Negli Stati Uniti impari subito che, ad esempio, un rapper, può avere un milione di ascolti e DEVE avere un milione di followers. Se fai musica sperimentale, e riesci a contare 50.000 followers, hai adempiuto al tuo compito. Questo perché ogni settore ha la propria identità e i relativi numeri, in Italia la discografia guarda solo i numeri, e questo fa perdere tante buone occasioni.
Sono perfettamente concorde con il tuo pensiero. Con i talent un anno sei in cima al mondo, l’anno successivo nessuno si ricorda più di te.
Certo, come dicevo, non solo i numeri possono essere solo un indice, ma teniamo sempre presente che il 70% degli streaming può essere comprato. Quindi i numeri su cui ci si basa possono essere falsi, io mi baso sempre sull’artista indipendente, perché ha dovuto superare mille ostacoli, contando solo sulle sue forze.
Sfondiamo una porta aperta, ci sono siti, senza fare nomi, che hanno balzi di 50.000 likes da un giorno all’altro… Ma tornando a noi, in Germania hai avuto un grandissimo successo.
Assolutamente sì! In Germania ho avuto la possibilità di effettuare la mia transizione dalla musica acustica a quella digitale-elettronica. Quando ho firmato il contratto era il momento in cui esplodevano Lady Gaga e Katy Perry, quindi era proprio il momento del computer e dell’elettronica. Io ho avuto la fortuna di capitare esattamente in mezzo a questa evoluzione, ricordo che nella storia della musica c’è un maestro che si chiama Vitale, per cui spesso mi chiedevano se fossimo parenti. La risposta è negativa, ma nei Conservatori, quando si studia la musica, si adotta il metodo Vitale. Io amo indagare le frequenze sonore, sperimentare gli hertz, in Transparent, che tratta di cyber-bullismo, di abuso di potere, ho inserito una particolare frequenza a 417hz. Questo permette un solfeggio che aiuta a guarire dai traumi del passato. Avendo avuto a che fare con i bambini del reparto terminale negli Stati Uniti, mi sono accorta che durante la loro terapia venivano usate delle campane tibetane. Le vibrazioni vanno a modificare le cellule del corpo umano, questo porta a pensare che i suoni possano aiutare anche in questi casi.
Poi dalla Germania ti sei trasferita negli Stati Uniti, continuando in una carriera sfolgorante.
In Germania stavo scalando le classifiche, tre mesi dopo il lancio del mio album, sono stata convocata dalla Musik Messe, la più importante manifestazione fieristica in ambito musicale della Germania. Nello stesso tempo sono partiti altri progetti, come quello per aiutare il Giappone investito dallo tsunami. Proprio in Germania ho incontrato Bootsy Collins, che avevo già conosciuto a 10 anni, lì ci siamo accordati per rivederci negli Stati Uniti. Ora vivo tra Atlanta e Los Angeles e porto avanti la mia azienda discografica, coltivo il mio sogno di diventare un giorno come Caterina Caselli.
La Sugar è una delle case più importanti in Italia. Ma dimmi, il tuo primo album era in italiano, poi sei passata all’inglese, è una scelta definitiva?
Ho visto quanto l’italiano sia apprezzato anche all’estero, ma la mia musica è molto versatile, ora parlo l’inglese come seconda lingua, pari all’italiano. Nelle canzoni posso usare sia l’italiano che l’inglese, a seconda di quello che è più consono al progetto.
La tecnologia e l’elettronica sono qualcosa che senti molto e usi tanto, Transparent è in 6k e pieno di effetti.
Io sono assetata di conoscenza, in Italia ti fanno sempre credere che c’è qualcuno che si occupa di te. Ma già in Germania, e successivamente a maggior ragione negli Stati Uniti, ho dovuto imparare a preparare il progetto e presentarlo in studio di registrazione già pronto. Il produttore interviene solo in quel momento. Quindi mi sono abituata a fare tutto da sola, penso sia la gavetta di cui ogni artista necessita. In Italia c’è ancora una visione “old school”, non si crede che un artista possa ricoprire tutti i ruoli, l’idea è che si debba avere tutto uno staff alle proprie spalle. Io mi trovo in una situazione dove ho il talento preso dall’Italia, e i mezzi messi a disposizione dall’America, quindi posso costruire una storia fatta di talento e tecnica.
L’aka I-Vee da cosa è arrivato?
Me lo ha dato il padre del funky americano, Bootsy Collins. La storia è decisamente simpatica, in America mi chiamano usando le iniziali di Veronica Vitale, Bootsy disse: “In America abbiamo l’i-Phone, l’i-Pad, e ora anche I-Vee”. (risate)
Bootsy Collins, Leon Hendrix, e tanti altri grandi artisti con cui hai collaborato. Ce ne è uno a cui sei legata da qualche ricordo, o aneddoto, particolare?
Sì, uno di cui si parla poco, Boyd Grafmyre, che ora non è più tra di noi, ma era un tour manager straordinario. Lui era uno di quelli che stanno dietro al palco, ma fanno accadere le cose e funzionare tutto il meccanismo; fu quello che mise Elton John per la prima volta sul palco. Io lo incontrai per la prima volta nel 2014, prendemmo assieme il traghetto che va da Seattle alle isole Camano. Viaggiammo con le balene attorno al traghetto, una cosa fantastica. Andammo a pranzo assieme e lui fece raccogliere tutto quello che rimase sul tavolo, dicendo: “Dobbiamo portare tutto quello che è rimasto, che altrimenti andrebbe buttato via, alle persone meno fortunate di noi”. Non lo dimenticherò mai, prendemmo anche le marmellatine, vedere un uomo così importante fare questo è stata veramente una scuola di vita.
Questo mi ricorda il tuo impegno, la tua sensibilità particolare, per aiutare il mondo, tutti i progetti rivolti all’ambiente e a chi ha bisogno di aiuto.
Certamente, vorrei usare la mia musica in questo senso, ma non solo la mia. Se incontro degli artisti bravi, voglio creare loro dello spazio e le connessioni che gli servono. Proprio stamattina ho avuto la notizia di un progetto acapella in Nigeria che stiamo aiutando a nascere come Artists United, e il 28 iniziano il loro tour. Noi non possiamo essere fisicamente madri e padri di 100 bambini, ma possiamo fare sì di adottare tanti fratelli e sorelle facendo del bene nel mondo. Io mi sento anche frustrata per il fatto di avere fatto tante opere, ma ho la sensazione che avrei potuto fare ancora di più.
Transparent è una canzone bellissima, un video fantastico, e un significato particolare, da cosa è nata l’esigenza di questo brano?
Anche io sono stata vittima di bullismo, non solo da bambina, con i social network poi questa forma di abuso è aumentata esponenzialmente. La trasparenza nel video va interpretata come togliersi l’ultimo strato di pelle, essere trasparenti è diverso dall’essere invisibili, la trasparenza è bellezza, permette alla luce di attraversarti in tutto il tuo spessore. Quando permetti alla luce di passarti in mezzo, possono accadere solo cose meravigliose nella tua vita. Io ho voluto dedicare questa canzone a tutti quelli che hanno attraversato un tunnel di dolore, è un messaggio di speranza.
Da Transparent possiamo aspettarci un album intero? Tour all’orizzonte? Magari la fortuna di vederti in Italia?
Transparent è l’ultimo capitolo di un’antologia musicale. Stiamo aspettando di capire se, e come, si possa ripartire con l’attività live.
L’esperienza live, il tuo rapporto con il palco, cosa rappresenta per te?
Io vedo l’artista come un’azienda unica, una sorta di alchimista. Quando sei davanti al pubblico c’è uno scambio di energia, una trasmissione in entrambi i versi che trovo esaltante. Io sono un vero e proprio animale da palcoscenico.
MAURIZIO DONINI
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.