HENNE’ – IL NUOVO SINGOLO DI LEONARDO ANGELUCCI
Intervista a Leonardo Angelucci, cantautore, musicista, autore, speaker radiofonico, scrittore. E ancora, organizzatore di eventi, tecnico del suono, insegnante di chitarra. Artista eclettico e versatile, talentuoso, profondo. Finalista del Premio Matteo Blasi, vincitore della Biennale di Martelive 2019, ha ottenuto il premio Nuovo Imaie del valore di 15.000 euro per l’organizzazione di un tour in Italia e all’estero. Ovviamente, in attesa che la situazione sanitaria nazionale migliori. Leonardo è stato tra i selezionati di Musicultura 2020, ha vinto il prestigioso premio del pubblico durante l’esibizione a Macerata. Nel maggio scorso ha pubblicato il suo primo romanzo “Luna, ovvero Nessuno” edito da Phasar Edizioni.
Ci presenta il brano Hennè, un brano indie rock, dal testo intenso, profondo e dalla melodia molto coinvolgente, singolo facente parte di un progetto prossimo che racchiude quattro brani nuovi, inediti. Angelucci è infatti attualmente in fase di ultimazione dei nuovi brani, già pronti e masterizzati, con la produzione artistica di Giorgio Maria Condemi (artisti del calibro di Motta, Marina Rei, Spiritual Front, Operaja Criminale). Nato a Roma, è fondatore dei “Black Butterfly” e della Folk Prog band “Lateral Blast“, con le quali ha prodotto tre dischi e suonato per ben dieci anni in numerosi palchi di Roma e d’Italia.
“Hennè” prende a prestito Il Libro dell’Inquietudine, di Fernando Pessoa, grande poeta, scrittore e aforista portoghese, considerato uno dei maggiori poeti di lingua portoghese ma non solo, del mondo.
Partiamo dal tuo ultimo lavoro, il singolo Hennè uscito il 30 ottobre scorso: rappresenta l’inizio di un nuovo percorso artistico?
Rappresenta una sfumatura diversa del mio percorso musicale e artistico, una colorazione “diversa”: magari proprio temporanea come l’Hennè!
Perché questo titolo “Hennè”? Te lo avranno già chiesto molte volte ma noi siamo curiosi:
Il titolo viene dal testo della canzone. Inizialmente, quando l’ho scritto, nel testo primordiale del brano c’era un verso che citava “che rassereni la notte, tinta di nero e di hennè”. Poi questo verso è venuto meno, è stato sostituito dal ritornello-slogan con la frase “vivere è non pensare” però – devo dire – c’eravamo affezionati a questo titolo provvisorio della sessione di registrazione e alla fine abbiamo deciso di lasciare il titolo “Hennè”, anche se poi questa parola non è più citata all’interno della canzone ma nascosta all’interno della sua storia.
Affronti il tema dell’inquietudine, prendi in prestito il “vivere è non pensare” di Fernando Pessoa, da Il Libro dell’Inquietudine: “Non subordinarsi a niente, essere liberi anche da sé stessi”, scriveva. Come mai questa particolare scelta?
Sono in un momento creativo di connessione con il Portogallo, Lisbona e la figura di Pessoa perché durante il primo lockdown (ormai scandagliamo il tempo tra una quarantena e un’altra) ho “viaggiato” mentalmente attraverso l’esperienza della scrittura del mio primo romanzo, uscito a maggio scorso per una piccola casa editrice indipendente di Firenze, Phasar Edizioni, dal titolo “Luna ovvero nessuno”; tema che tratta di una studentessa universitaria romana di nome Luna – che è un po’ il mio alter ego femminile – la quale un giorno prendendo il treno per andare all’università si trova catapultata indietro nel tempo di 100 anni, nella Lisbona di Pessoa e viene scambiata, per una serie di somiglianze, con la compagna proprio di Pessoa , Ofelia Queiroz. Da qui, tutta una serie di vicissitudini che la portano a dover trovare il modo di tornare a casa; tante le tematiche affrontate, avendo la possibilità di vivere un’esperienza vicina a uno dei più grandi poeti del ‘900. Personalmente, avendo fatto, per ragioni di libro, numerose letture e ricerche mi sono rimaste dentro molte cose del grande scrittore: su tutte, la teoria e la questione legata agli eteronimi, all’eteronimia (trattando temi che riguardavano la sua persona non si firmò mai, inventando eteronimi che usò nella sua vita, non pseudonimi ma personalità poetiche complete, autentiche, Ndr). Mi ritrovo – con la dovuta modestia – nel suo essere molteplice. Sono sempre stato un eclettico, molteplice nel mio modo di fare musica, ho interpretato sempre la musica e ogni progetto musicale come fossero diversi personaggi teatrali: vari “Leonardo” che ogni volta indossano abiti diversi e salgono sul palcoscenico a seconda se io sia l’autore, il chitarrista del progetto rock Lateral Blast, il turnista, il cantautore oppure lo scrittore. Sono un innamorato e appassionato dell’arte a 360 gradi.
Sei anche Pirandelliano “Uno, nessuno e centomila”?
Esattamente, infatti il titolo del libro è “Luna ovvero nessuno” proprio perché durante le varie riflessioni e fasi psicologiche del personaggio, lei ad un tratto non si riconosce più, non sa se sia la studentessa del 2020 oppure Ofelia compagna di Pessoa del 1920, nessuna delle due o tutte e due, per uno strano caso del destino.
L’inquietudine in fondo è un vuoto, qualcosa che si colloca tra il reale e l’irreale: uno smarrimento che si genera tra il modo in cui le cose sono e il modo in cui pensiamo che dovrebbero essere. Ti ritrovi in tutto questo?
Diciamo di sì. L’inquietudine è, secondo il mio parere, uno stato dell’anima che al giorno d’oggi, a seconda delle esperienze vissute, affligge molto i giovani, in particolare. Penso soprattutto alla generazione Covid, alla mia generazione e a quella di mio fratello, dei miei familiari, parenti e vedo che man mano si va avanti si cresce illusi e disillusi da questo mondo, si perdono punti di riferimento e ideali politici, sociali, etici; si vive troppo virtualmente e molto di apparenza. Tutto questo stato di dipendenza dalle apparenze, dalla velocità e dall’iper-società – come piace chiamarla a me – società di iperattivi, genera un senso di vuoto e scompenso interiore che ci spinge sempre alla ricerca del bello estetico, dell’apparenza e del consenso altrui. E’ un discorso ben più ampio e molto lungo. L’inquietudine di cui parlo è legata al vuoto e alla paura del futuro: non è più così semplice vedere dinnanzi a noi un futuro delineato ma è sempre più difficile e arduo, risucchiati da questa nostra società fluida e liquida che ci rende iperattivi e perennemente affamati di consenso altrui. Guardiamo il mondo musicale, per esempio: ormai siamo tutti sui social, si guarda spesso ai colleghi, a chi ha più “like”, si contano i “mi piace” al post di un collega, si cerca di emulare e imitare, si invidiano le visualizzazioni e i like degli altri. Insomma, sto cercando di prendere le distanze da questa concezione e nonostante questo, anche io vivo, i miei alti e bassi legati al mio carattere sensibile, ai momenti di irrequietezza e inquietudine.
Quando hai scritto Hennè e qual è la tua esigenza narrativa?
Ho scritto “Henné” prima del lockdown di marzo scorso, mentre frequentavo il CET – Centro Europeo Toscolano di Mogol, esperienza molto importante e formativa per me e per la mia vita artistica. L’ho scritta dopo una lunga chiacchierata serale e notturna con un mio carissimo amico e collega cantautore sulle preoccupazioni e angosce, sulle inquietudini che ci tormentano; mi raccontò infatti di come l’inquietudine lo avesse portato a percepire un senso di vuoto, di smarrimento, di come avesse avuto paura di “perdere il controllo”.
Durante questo racconto, siamo arrivati a un momento molto emozionante per lui ma anche per me, di forte empatia, in cui a mia volta mi sono emozionato ritrovandomi nelle sue parole, nel suo racconto, tanto che ho sentito l’esigenza in quel momento di ritirarmi nella mia stanza – era fantastico perché in ogni stanza c’era un pianoforte – mettendomi al piano e buttando giù le strofe di getto, gli accordi e poi le parole. Il personaggio principale di Hennè non è altro che questo “amico fragile”, così simile a me. Mettere il testo nero su bianco, mi è servito a esorcizzare la negatività: uso parole molto forti, in una delle due strofe dico “ho partorito il mostro della mia inquietudine, è qui con me, l’ho vomitato addosso a un amico fragile che è come me”, parlando appunto di questo amico “fragile”, citando e rimandando a De Andrè.
Una volta tornato a casa, c’è stata poi una rielaborazione: ho ripreso il testo e ho scritto il ritornello risolutivo perché volevo dare un “happy ending, un lieto fine, un finale positivo alla storia, alle strofe inquiete. Nel ritornello stesso, la figura femminile salva in qualche modo l’amico fragile dalla sua inquietudine, dalla sua “perdizione” e irrequietezza. Per rendere il ritornello compiuto, ho preso in prestito una frase appunto di Pessoa “Vivere è non pensare”. L’esigenza di creare questo contrasto è avvenuta anche successivamente in studio, con il mio produttore Giorgio Maria Condemi e Gianni Istrioni che hanno realizzato insieme a me il singolo, quando allo Stra Studio abbiamo deciso di provare questo “vestito” elettronico travolgente che potesse aiutare ad accompagnare un testo così introspettivo e profondo, insieme a una musica che fosse veemente, “travolgente” con l’intro di chitarre elettriche, bassi distorti e nello stesso tempo anche il sintetizzatore; una commistione di generi che rispecchia il mio essere eclettico.
Esorcizzi spesso, nelle tue canzoni, la negatività o le sensazioni in genere?
E’ sempre un modo per esorcizzare la negatività o comunque un sentimento forte come anche un sentimento positivo. Nelle canzoni d’amore che in passato ho composto, come per esempio ora “Geografia” che farà parte di questi quattro nuovi brani registrati allo Strastudio di Centocelle, a Roma, c’è sempre un’emozione trainante, nei miei testi. Non è mai puro romanzo, pura poesia o pura estetica: si trova sempre un contenuto forte veicolato dalle parole e dalla musica e questo contenuto a volte può essere una sensazione negativa esorcizzata oppure una sensazione positiva che ho avuto l’esigenza di fotografare e immortalare in un determinato momento.
Un tuo pensiero sulla crisi dello spettacolo, musica e arte, sul fermo della cultura in generale. Ti chiedo anche quali progetti attuali hai?
La crisi della cultura, della musica, mi fa arrabbiare. Mi fa arrabbiare il fatto che tanti festival, io stesso sono anche un organizzatore di festival da più di 10 anni, e tutto il tessuto indipendente dei festival, dei concerti e locali, sia stato paralizzato quando invece i grandi eventi in qualche modo siano stati fatti e in tutto questo faccio rientrare anche la questione “discoteche aperte”, è cronaca di questi giorni ancora. Discoteche lasciate aperte fino al 15 agosto scorso, probabilmente chissà sotto pressione di chi o cosa – non si spiegano altrimenti queste decisioni – e con le conseguenze che oggi vediamo. Non mi sembra che sale cinematografiche e teatri abbiano causato contagi e danni, quindi incomprensibili alcune decisioni. Questa paralisi della cultura fa soffrire tante persone: penso a chi, come me, vive di sola musica e di questo lavoro. Senza concerti e senza scuole di musica – sono anche un insegnante di chitarra (non diplomato al Conservatorio) con formazione di musica leggera, i luoghi in cui lavorare sono attualmente chiusi: non lavorando nelle scuole pubbliche ma nelle associazioni culturali, nei circoli ARCI, nelle scuole private ovviamente questi luoghi al momento sono chiusi e sospesi i corsi. Al momento faccio alcune lezioni online e non sto facendo ovviamente concerti, come gli altri colleghi; sto dedicando tutto il mio tempo a lavori creativi con il mio progetto musicale e con altri progetti. Al momento ci sono quattro brani nuovi in uscita, pronti e masterizzati, uno è appunto “Geografia”, gli altri due sono “Budapest” e “Unghie” che da questo momento fino alla prossima primavera 2021 spero di far uscire ogni due/tre mesi, per tenere vivo il progetto musicale e mostrare questo lavoro. Nella speranza, ovviamente, di poter tornare a suonare live sul palco che è la mia dimensione preferita.
Alessandra Paparelli speaker e conduttrice radiofonica, collabora e lavora con diverse riviste e giornali cartacei. Conduco il venerdì un programma di politica su RID RADIO INCONTRO DONNA 96.8 fm su Roma e nel Lazio. Scrivo e collaboro sul quotidiano in edicola La Notizia, pagina culturale, attualità, spettacolo (in edicola a Roma, Milano e Napoli).