Guappecarto: 20 anni di musica in un’intervista
Guappecarto: un nome da sognatori che è sapido di spontaneità e leggerezza di vivere.
Intervista ai musicisti che da vent’anni sono “migranti per scelta”.
Buongiorno Guappecarto e benvenuti tra le pagine virtuali di Tuttorock!
Guappi di cartone o buoni a nulla: come mai vi siete riuniti proprio sotto a questo peculiare termine dialettale?
Prima di tutto grazie a Tuttorock, sono Mala e vi racconterò da dove origina Guappecarto.
La storia inizia molto tempo fa, quando non pensavamo minimamente di poter diventare un gruppo musicale. Suonare era solo un ingenuo e timido gioco tra studenti della scuola di liuteria di Gubbio.
Fu Madeleine Fischer – quando ci fece un’audizione nel 2003 – ad intravedere qualcosa in noi che non eravamo ancora in grado di scorgere. Suonammo un paio di brani (per la verità male e con superba strafottenza) e fummo scelti sin da subito per musicare la sua commedia musicale “Uroboro”.
Madeleine ci ospitò nella sua meravigliosa casa per un anno, trattandoci sin da subito come delle vere rockstar. Nutriva il nostro spirito e il nostro corpo ed assecondava ogni nostra richiesta: provavamo, suonavamo ci divertivamo come pazzi a qualsiasi ora del giorno e della notte…
All’epoca eravamo io [Mala] al violino e Frank Cosentini alla chitarra, poi si aggiunsero Don Carmelo che suonava il contrabbasso, il quale un giorno si presentò con Dr Zingarone che suonava il tamburello.
Avevamo un’attitudine decisamente punk e vivevamo tra artisti, pittori, attori, cantanti, ballerine… come in un incanto d’arte e tutto grazie a lei [Madeleine]!
Quando servì un nome da scrivere sul libretto di “Uroboro”, siccome era tutto così folle, optammo per questa espressione molto autoironica, che in realtà però rifletteva molto bene la nostra natura di strambi musicisti, perché dietro la scorza ruvida di grandi spacconi si celava un animo fragile e sensibile.
Il lavoro con Madeleine fu una vera e propria iniziazione che culminò con le registrazioni di “Uroboro”.
Anche se fu solo dopo aver ascoltato in una stazione di servizio il nostro primo mix su cd, che finalmente realizzammo di poter scommettere sulla nostra musica.
Dalla musica gitana allo swing, fino a giungere alla classica. La vostra produzione artistica affonda le radici nei generi più disparati. Cosa infiamma il vostro cuore di musicisti?
Mala: il nostro cuore di musicisti si infiamma quando riesce a dare sinceramente voce al proprio strumento, quando, attraverso le note, riesce ad esprimere sentimenti talmente profondi che nemmeno a parole si possono di esprimere. La nostra visione è quella di credere nella super potenza della Musica, non dei generi musicali. La Musica vera è libertà.
La vostra è una storia romantica alla Lilli e il Vagabondo: avete elevato la vostra musica dalla strada agli ambienti culturali dei café e del teatro. Da Perugia a Parigi, due città antitetiche che condividono un’assonanza. Mi volete raccontare il vostro viaggio?
Mala: la prima parte l’abbiamo già raccontata. “Mamma Madeleine” ci ha svezzato per un anno. Dopodiché siamo stati finalmente pronti ad intraprendere il grande viaggio: da veri avventurieri, senza un soldo nel bagaglio tanta incoscienza e pochi strumenti musicali.
Suonavamo per strada per pagarci la benzina, dormivamo dove capitava, poi si ripartiva senza una meta precisa…tanta musica, tante feste, tante ragazze e pochi soldi.
Non ce la passavamo granché bene a un certo punto perché l’inverno era freddo e suonare per strada diventava complicato.
A Parigi vivevamo in quello che allora era uno squat occupato da artisti, che oggi è uno dei luoghi più visitati di Parigi il “59 Rivoli”.
Lì conoscemmo Florent Vintrigner, il cantante del famoso gruppo francese “La Rue Ketanou”. Facemmo subito amicizia e ci fece fare l’apertura di diversi concerti nelle sale più belle di Parigi.
Dalla strada ai teatri senza neanche sapere come… fantastico!
Da allora le cose cominciarono a cambiare. Dovevamo darci un tono, essere seri per suonare dove la gente pagava il biglietto e così cominciarono a cambiare vari elementi…
Il primo ad andarsene fu Don Carmelo, poi si sono susseguiti ‘O professore (percussioni) e ‘O Brigante (batteria). Ultimamente anche Frank e Dr Zingarone hanno cambiato strada.
In realtà sono l’unico rimasto a raccontare quel periodo, perché la formazione è cambiata negli anni . Dopo qualche anno, nel 2008, si è unito al gruppo il mio amico di sempre “Mr Braga” che da allora è ancora qui al mio fianco.
Lui può raccontare il resto della storia fino ad oggi anche meglio di me.
Braga: nel 2008 decisi di dedicarmi a tempo pieno alla musica, e di raggiungere a Parigi il mio amico di una vita, Mala: fondamentale è stato l’ascolto di quello che i Guappecarto avevano fino a quel momento prodotto, che mi ha infiammato l’anima e spinto a lasciare tutto per inseguire il sogno di una vita… all’epoca non avevo neanche un contrabbasso mio! Sono stato accolto nel gruppo e subito ci siamo messi a scrivere quello che sarebbe diventato l’omonimo “Guappecarto”, registrato da Laurent Dupuy, che avrebbe in seguito mixato “Sambol Amore Migrante”.
A quel punto è cominciata una vita intensa, sempre sul filo dell’imprevisto, che ha portato poi alla scrittura e pubblicazione di “Rockamboles”, il cui titolo fotografa bene il nostro modo di vivere di quel periodo.
Con Rockamboles comincia la nostra collaborazione col produttore Stefano Piro, che tutt’ora continua, e che tanto ha contribuito alla crescita artistica e non solo del gruppo: sua è anche la produzione di Sambol Amore Migrante.
La musica ci ha portato a esibirici nei contesti più disparati e a volte insoliti: dalle performance artistiche Emmanuel Flipo sulla Rue de Rivoli di Parigi e alla Place du Capitole a Toulouse, dalla danza verticale di Mattatoio Sospeso agli spettacoli di acrobatica e giocoleria dei Five Quartet Trio, o alla pièce teatrale “Allegro ma non troppo…” scritta per noi da Fabio Marra (la cui piece “Ensemble” ha la nostra colonna sonora), fino ad arrivare alle tournée nei penitenziari dell’Ile-de France, grazie a Irene Muscari, coordinatrice di progetti culturali nei centri di detenzione.
Tante le avventure vissute on the road, come il furto del nostro furgone con tutti gli strumenti a Roma, il tentativo di recuperarli in mercati abusivi di borgata, il live organizzato a Napoli per aiutarci, il tour in Canada, i festival buskers di mezz’Europa… le storie da raccontare non ci mancano!
Come si può evincere dal vostro racconto, le migrazioni sono una componente fondamentale della vostra produzione, si potrebbe addirittura dire che siate nati con la valigia in mano.
Avete reso omaggio a Vladimir Sambol in “Sambol – Amore Migrante” (2020). In questo album raccontate l’esodo del fisarmonicista, costretto a scappare dalla città natìa, Fiume, a causa del conflitto Mondiale. Con sè porta quanto di più prezioso: ovvero un bagaglio con la sua musica dentro. Ne rendete tangibile il dolore, la paura e il senso di disperazione, ma anche la speranza e il desiderio di costruire un futuro migliore.
Una tematica, quella del diritto all’asilo, che a settant’anni di distanza è ancora molto attuale, in Paesi anche vicini al nostro…
Braga: noi siamo stati e siamo dei viaggiatori fortunati, spinti dal desiderio di arricchimento interiore e non costretti dagli orrori della guerra, con un bel documento d’identità in tasca che ci permette di muoverci liberamente e nessuna assurda burocrazia a ostacolarci…
Come ben sappiamo, purtroppo, a non tutti è consentito di poterlo fare e fino a non molto tempo fa, non lo era neanche a chi partiva dal nostro “dorato” angolo di mondo, come appunto Vladimir Sambol.
Vlado voleva solo raggiungere gli Stati Uniti, culla del jazz, per far vivere al meglio la sua musica, ma per kafkiane sventure burocratiche e geopolitiche, dopo la fuga da Fiume, non gli è stato mai permesso, e si è dovuto fermare in Svezia, dove non è riuscito mai del tutto a diffondere la sua validissima musica. Così il mondo si è perso un artista di grande spessore e la sua bellissima musica.
Quando siamo venuti a conoscenza di questa storia, tramite sua figlia Mirjam, abbiamo subito convenuto che avremmo dovuto in qualche modo dare giustizia a Vlado, facendo rivivere attraverso i Guappecarto le sue composizioni, che sono state a volte praticamente riscritte, ma sempre nel rispetto dell’intensità artistica di cui erano portatrici…
C’è un filo conduttore che lega la vostra musica alla settima arte, partendo dalla bella Madeleine Fischer di cui mi parlavate prima, fino ai più recenti “L’arte della felicità”, “Gatta Cenerentola”, “Soyalism” e “Rigoletto 2020”…
Braga: la nostra è una musica che definirei “narrativa”. Attraverso le note raccontiamo sempre delle storie e gli stati d’animo profondi che le accompagnano.
Mettere questa nostra peculiarità al servizio di chi racconta delle storie attraverso immagini è un’attività per noi tanto naturale quanto stimolante e gratificante: lavorare con artisti come Alessandro Rak/Dario Sansone/Marino Guarnieri/Ivan Cappiello per “L’arte della felicità” e “Gatta Cenerentola”, Enrico Parenti per “Soyalism” e “Rigoletto 2020”, è stata un’esperienza veramente unica e le collaborazioni con loro continuano.
Inoltre a proposito di narrativa, vorrei ricordare anche i bellissimi audiolibri di Daniele Fior (“Alice nel paese delle meraviglie”, “Canto di Natale”, “Il drago e altre fiabe polacche”), che abbiamo musicato con grande piacere.
Il 17 marzo festeggerete i 20 anni dalla nascita del gruppo con un evento intitolato “20” presso l’Arci Biko di Milano. Per l’occasione avete in programma di riproporre un arrangiamento di alcuni dei vostri brani, qual è il menù della serata?
Sì, stiamo lavorando in questo periodo alla scaletta per questo evento milanese.
L’idea è quella di festeggiare quindi stiamo preparando degli arrangiamenti nuovi! Cercheremo di raccontare in note questo lungo avventuroso viaggio fatto di passione, gioia, dolore, amore, odio, incontri e scontri.
È successo di tutto in questi vent’anni e la sintesi la possiamo tradurre solo attraverso il nostro linguaggio.
Per l’occasione inseme a noi ci saranno Andrea Marchesino alle chitarre, Matteo Nocera alla batteria e percussioni, Luciano Macchia al trombone e Raffaele Kolher alla tromba
Tirando le somme, quali sono stati gli incontri più memorabili della vostra carriera?
Ogni persona sul nostro percorso è stato in qualche modo determinante, più di tutti Stefano Piro che ha il grande merito di aver sposato con coraggio la nostra causa e da più di dieci anni ci sopporta e ci supporta producendo le nostre follie. Indimenticabili sono state le collaborazioni con Mauro Pagani, Guido Andreani, Laurent Dupuy, Vincent Segal, Daniele Sepe, Francesco Arcuri, Gnut, Dario Sansone, Gino Fastidio, Marzouk e tanti altri…
Ma il primo incontro è senza dubbio quello che ci ha veramente segnato… Anche se Madeleine non c’è più lei continua a guidarci.
Il momento più intenso della nostra carriera, che amiamo ricordare, è quando ci siamo visti l’ultima volta, pochi mesi prima che morisse.
Un concerto privato, suonammo per lei nella sua casa, dove tutto ebbe inizio e fu emozionatissimo! Aveva un nuovo progetto da proporci ma non abbiamo fatto in tempo a realizzarlo insieme.
Quali sono i vostri prossimi progetti? Rimarrete in Italia ancora per un po’?
Sicuramente resteremo ancora un po’ in Italia per lavorare sia in live che al prossimo disco, ma per adesso non possiamo dire di più.
Grazie per la vostra disponibilità e divertitevi alla festa!
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal