GIUNGLA – Intervista su “LIMITED EDITION”
In occasione dell’uscita del suo nuovo disco “LIMITED EDITION”, ho intervistato la cantante GIUNGLA.
Buongiorno Emanuela, ti avevo intervistato in occasione dell’Europavox 2019 al Teatro Comunale di Bologna, in mezzo la pandemia, poi per Turbulence, come hai passato questi anni?
Piacere di ritrovarti! Riassumendo un po’: prima di tutto mi sono trasferita da Bologna a Milano. Poi ho iniziato a lavorare come sound designer a tempo pieno e da diversi anni curo un programma mensile su Radio Raheem in cui seleziono musica nuova che mi piace e che penso valga la pena condividere. Sul fronte live, tra le cose che porto sempre con me nel cuore c’è un tour come chitarrista di Myss Keta e qualche data negli Stati Uniti (questa volta non da sola sul palco, ma con il mio batterista); per il resto ho fatto qualche sonorizzazione e negli ultimi due anni ho lavorato al disco.
Limited Edition mi pare musicalmente meno selvaggia e più riflessiva rispetto il sound precedente, sei d’accordo con questa mia sensazione?
Sicuramente non è “selvaggio”, ma a dire il vero personalmente non lo definirei un brano riflessivo, anzi. Il beat è articolato su diversi elementi sia acustici che elettronici e unito alla chitarra crea questo andamento quasi ironico che riprende il messaggio del testo. Credo che nelle nuove cose ci siano più elementi stratificati, più sperimentazione e qualche tocco “weird”.
Il concept relativo al testo mi pare rifletta un poco il periodo pandemico passato, l’essere sospesi e tutto può cambiare, la possibile perdita improvvisa, cosa ne pensi? Cosa ti ha ispirato nella scrittura di questo singolo?
Il testo è uscito di getto e il messaggio dietro è più o meno questo: siamo tutti qui per un tempo limitato quindi cerca di indirizzare la tua energia per ciò che conta davvero senza perdere tempo per piacere a chi in fondo non sa apprezzarti. È un brano che parla di accettare le proprie imperfezioni (e anche tutti gli altri tipi di “imperfezioni” nella vita, nelle relazioni, in ciò che fai, self-doubt ecc.), ma sempre senza prendersi troppo sul serio.
Musicalmente come si è evoluta la tua composizione, la tua musica, la tua scrittura, nel corso del tempo?
Sicuramente lavorare come sound designer mi ha aperto tutta una serie di infiniti vasi di pandora in cui buttarmi a curiosare più di quanto non facessi già prima, ho preso più coscienza sia da un punto di vista tecnico che di sensibilità. Credo che la differenza principale sia quella di aver preso un po’ di coraggio su alcuni aspetti legati a scelte sonore, ma contemporaneamente sempre volendo mantenere un po’ di inconsapevolezza e istintività. Tutte le cose a cui ho lavorato in passato sono frutto della mia scrittura e home recording come punto di partenza, ma lo step finale era sempre affidato a qualche produttore; questo è stato fondamentale per crescere e imparare un sacco di cose e assolutamente spero mi ricapiterà di affidarmi di nuovo a qualcuno, ma in questo momento sentivo il bisogno di dare continuità a tutto il lavoro e di occuparmi in prima persona della direziona artistica. Per me da sempre il percorso è forse la parte più importante e avendo molto a cuore il songwriting mi sto interessando sempre di più di tutte le parti del processo; quindi, vorrei cimentarmi sempre più nella produzione, anche di altri. E a proposito di processo, c’è da aggiungere che questo disco l’ho realizzato con l’aiuto fondamentale di alcune persone senza cui probabilmente non avrei avuto il coraggio né di finirlo né di pensare che potesse uscire. Mattia Tavani ha seguito la maggior parte delle registrazioni (soprattutto voci e chitarre), le batterie live sono di Pietro Vicentini (che mi accompagna anche dal vivo), un pezzo che si chiama ‘Air Drum’ è stato registrato invece a Londra con Chiara Ferracuti, bravissima engineer e producer. Infine, Pietro Cavassa (Anything Pointless) ha curato i mix e dato il tocco finale che serviva.
C’è un disco annunciato per l’autunno, ci puoi dare qualche anticipazione di cosa ci troveremo dentro?
Il disco si chiama Distractions. Sono dodici pezzi e ognuno ha un titolo che può richiamare una sorta di “distrazione” o è legato a quel concetto. È stato realizzato in quei momenti che definirei “interstiziali”, nelle sere, nei weekend, in mezzo alla vita e alle “distrazioni”, appunto, di tutti i giorni. È un disco dedicato a tutti quei momenti in cui il mondo è là fuori e fai qualcosa che ti fa stare bene, che ti piace. Credo che le distrazioni prendano molto tempo nella vita di oggi e questo disco è dedicato a quei momenti non scontati in cui riesci a ritrovarti un po’, possibilmente non guardando uno schermo. È un album che ho prodotto interamente e ammetto che mi ci è voluto un po’ per sentirmi “abbastanza” su questo aspetto; anzi, mi piace dire che sia “un-produced” da me. Tutto il disco è molto connesso all’idea di ripartire da ciò che è imperfetto e temporaneo ma che dà gioia nel processo, e quindi è volutamente non iper-prodotto. È un lavoro che credo possa essere apprezzato al meglio se ascoltato nella sua interezza.
Altri progetti in corso? Dal vivo sei una bomba, hai programmato delle date live?
Assolutamente ci sono delle date in lavorazione per l’autunno e non vedo l’ora, suonare in giro è la mia parte preferita.
MAURIZIO DONINI
Band:
Emanuela Drei aka Giungla – voce, chitarra
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.