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GIORGIO “JT” TERENZIANI – Intervista al bass player degli Arthemis

GIORGIO “JT” TERENZIANI – Intervista al bass player degli Arthemis

Un pomeriggio di ottobre, una intervista con una “personalità del basso” e non solo, ecco qua nero su bianco i miei 70 minuti di chiacchierata con Giorgio JT Terenziani. Abbiamo parlato di comunicazione, social, musica e tanto altro, ora accomodatevi con in  sottofondo un giro di basso e leggete.

Ciao Giorgio e grazie per questa opportunità! Invece che parlare subito di musica nel senso stretto, vorrei parlare con te di comunicazione, so che sei ferrato sull’argomento, quindi a te la parola.
La comunicazione è qualcosa di innato in noi, non possiamo farne a meno, non parte solo dalla TV o dalla radio o dai social, parte da noi stessi. Parte in primis da te. Io cerco di essere un comunicatore al 100%, perché a me piace e credo che questo sia fondamentale. Tutto oggi viaggia ad una velocità incredibile, bisogna trovare i modi giusti e trovare quelli che funzionano, ma questo si può fare. Io, ad esempio, trovo difficoltà a gestire e “far comunicare” i miei progetti, ma riesco a “far comunicare” quelli degli altri che chiedono il mio supporto. Trovare la strada giusta, essere manager di sé stessi è difficile, ma come artista, insegnante e collaboratore per altri cerco di farlo al meglio.
 
Parlando di comunicazione non si può non parlare dei social network e di quello che comportano. Nel bene e nel male. Tu cosa ne pensi?
I social sono importanti, se ben utilizzati e non puoi prescindere da essi per il cambiamento. Anche nei social si possono scoprire nuovi talenti, non perchè sia più facile della radio o della Tv, ma è l’era di facebook, è sembra sia più immediato, in quanto c’è la condivisione di un determinato video che con un click diventa virale. Quindi è anche pubblicità per il social in questione, quindi si ha un incremento del prodotto, tra l’altro a costo zero perché non ci sono intermediari. I social comunque hanno delle regole in un certo senso e dobbiamo metterci in  testa che con essi siamo alla quinta rivoluzione, quella digitale… Ormai stiamo sorpassando anche il concetto di Web 2.0, va tutto sempre molto veloce. Io faccio anche tanta consulenza di marketing online e quindi social e parto sempre prima da una parte didattica relativa a come vengono “costruiti” i social, gli algoritmi etc. e mi rendo conto di quanto sia importante l’essere preparati su questa materia.
 
E le band? Come si muovono le nuove band in questa quinta rivoluzione secondo te?
Una band oggi è come una piccola azienda ed è fondamentale per lei la comunicazione, deve investire sul territorio, su una campagna social, si deve pensare come essa stessa ascoltatrice. Anche qui devo parlare di strategia: noi italiani non abbiamo ancora capito che gli intermediari sono fondamentali, che la pubblicità è fondamentale e che, purtroppo, per emergere devo spendere. Se è vero che oggi più che mai ognuno è manager di se stesso è altrettanto vero che sono i team che creano le possibilità per emergere.  Potremmo dire che siamo “indietro” su alcuni aspetti, ma questo significa anche che ci sono ancora territori parzialmente vergini e inesplorati che potrebbero riservare grandi soddisfazioni. Oggi si gioca su diversi campi e non puoi mai tirati indietro.

Ora parliamo della tua band, gli Arthemis, dei tuoi progetti con loro e con le altre band di cui fai parte. Cosa bolle in pentola?
Con gli Arthemis siamo in un momento di svolta abbiamo macinato Km, fatto esperienze bellissime come Wacken, Hellfest, al momento abbiamo terminato il nuovo album che dovrebbe uscire nel 2017 da quel momento partirà la vera promozione: siamo pronti! Questo è un periodo strano e intenso proprio a Novembre inizia un mini tour con i MR. PIG una cover band storica che mi ha formato e sapere di tornare sul palco con Michele Luppi (Whitesnake/Secret Sphere) e Michele “Dr.Viossy” Vioni mi mette proprio di buon umore.  Ora faccio parte di una super band gli Skreem – A tribute Rock con una line up di tutto rispetto: Rob Marconi e Fabio Dessì alla voce, Andrea Martongelli e Fabrizio Amilcare alle chitarre, io al basso e Fabio Perini alla batteria, è un grande progetto supervisionato da una grossa agenzia tedesca. Le prima date sono state ovviamente in Germania, ma ci piacerebbe suonare anche qui nelle nostre zone.
 
Noi siamo colleghi lo sai? Di differenti discipline, ma anche tu sei un professore. Come ti trovi in questa veste e come ti approcci alla disciplina dell’insegnamento del basso? Perché è diverso insegnare che suonare su un palco. Raccontaci.
Bella domanda! Essendo coordinatore nazionale per le lezioni del corso di diploma in basso su Verona, Modena e Parma, parlo anche qui di comunicazione perché con gli studenti è importante. Credo che per MMI ormai la didattica sia consolidata, i numeri e la qualità del corso sono molto alti e quindi cerco sempre di dare il massimo proprio per questo motivo. Stimolo e sprono i ragazzi a raggiungere livelli sempre più alti; distinguo tre parti fondamentali che sono sicuramente la parte didattica, ma anche la parte artistica e quella della necessità, in un futuro, di stare su un palco. Spero di trasmettere intensità, voler imparare, voler fare…Vorrei potenziare la parte didattica anche con i tutorial, anche partendo dalle cose minime, come ad esempio utilizzare un equalizzatore. Comunque io vivo in una isola felice forte del marchio MMI, fatto di persone che hanno un carattere forte e sono motivate a migliorarsi. Io personalmente cerco di essere super aggiornato e il mio obbiettivo primario è quello di creare negli studenti una loro identità e un loro percorso. Io ho fatto tutti gli errori del mondo suonando, quindi li anticipo, li rinforzo; gli allievi hanno una carica addosso che ti obbliga a trovare sempre una via che per loro sia quella migliore. Quindi io abbino cultura generale, teoria e tecnica, cerco di far capire che l’arte non è la professione, perché io l’arte non gliela posso insegnare. Vedo tanti ragazzi e anche adulti che vengono da me, attirati dal mio nome, da quello di una band, della scuola… non importa. Vedo voglia di fare, vedo talento e questo mi piace mi porta a fare sempre meglio, anche perché il livello è alto e tu devi stare al passo. Mi piace molto la didattica e cerco di trasmetterglielo; io ho cominciato per caso come insegnante e mi ripeto sempre che se mi stanco, se non mi piace più smetto. Una cosa su cui proprio punto è il fatto di non tradire le aspettative delle persone che sono lì per me, quindi è fondamentale il rispetto verso me e verso loro. Cercando di insegnare si possono fare danni enormi, non è tanto il problema di un singolo argomento, ma di attitudine. Se trasmetti un messaggio sbagliato a un ragazzo entusiasta che crede in te rischi di rovinare la sua percezione dei possibili percorsi che gli si parano davanti.
 
Hai perfettamente ragione è fondamentale. Approposito di tutorial state attenti perché Giorgio farà a breve una sorpresa a voi lettori di Tuttorock.
Io ti ringrazio tantissimo, anche perchè ho conosciuto una persona chiacchierona quasi quanto me. Grazie ancora e a presto!
 
MONICA ATZEI
 
 
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