Gionata e il suo nuovo album “Congratulazioni”
In occasione dell’uscita del suo secondo album “Congratulazioni” abbiamo incontrato Gionata
Dopo il primo album “L’America” uscito nel 2019, Gionata è ora pronto per l’uscita di un nuovo lavoro, introspettivo e dolce, dal titolo “Congratulazioni”.
L’artista toscano, cui vero nome è Gionata Rossi, ci racconta il nuovo album tra introspezione e composizione, mettendo in luce l’importanza dei rapporti umani e dell’essere sé stessi.
Ciao Gionata e benvenuto sulle nostre pagine. Allora, il tuo secondo album… Come ti senti a proposito?
Ciao, grazie dell’ospitata. Rispetto al primo album mi sento più rilassato, avendo meno aspettative riesco a vivermi serenamente la pubblicazione e mi fa piacere che stia piacendo, non me l’aspettavo perché è un disco un po’ più difficile rispetto al primo.
Ripensando al tuo primo album “L’America” del 2019, che differenze vedi con questo lavoro? Qual è stata la tua evoluzione?
Mi sento più riflessivo, scendo meno a compromessi e anche il fatto di averlo registrato in casa mi fa sentire più coraggioso. Non mi importa un granché di essere capito o di ironizzare troppo. L’ironia ovviamente c’è, ma è più sottile, i temi sono simili ma in questo secondo lavoro ho cercato di essere ancora più nudo e crudo e di parlare a stretto contatto con i sentimenti piuttosto che descrivere avvenimenti.
In “l’importante è arrendersi” racconti come sia quasi fisiologico abbracciare gli eventi della vita, come un momento quasi catartico quello dell’accettazione, anche dei momenti più bui. Quali sono stati i momenti più bui per te, quelli che in qualche modo poi, ci fanno crescere?
Il periodo più buio della mia vita è iniziato più di un anno fa. Mi ero appena laureato, non mi sentivo più a mio agio nella città in cui stavo vivendo, le priorità erano cambiate e stavo perdendo persino la voglia di fare musica. Ne sto uscendo da un mese a questa parte, gradualmente, e sento che tutto il dolore che ho provato mi abbia fortificato in qualche modo, sono più sicuro di me e non intendo fingere per accontentare le aspettative delle persone. Sono più selettivo e ho messo dei limiti a ciò che posso e voglio sopportare, per curarmi e stare lontano dalle persone e dai contesti che mi provocano malessere.
“Vivere” è una canzone ad ampio respiro, ricorda quasi il cantautorato classico d’un tempo, con quell’aura di romanticismo e malinconia. Ci puoi raccontare la fase di scrittura?
È difficile descrivere la fase di scrittura, quasi sempre c’è un input, un giro di accordi o una parte di testo nel quale sento qualcosa di “magico” e, senza pensarci troppo, inizio a lavorarci su, lasciandomi trasportare da quello che sento. È un processo molto istintivo che crea un equilibrio nella mia mente che, nel quotidiano, cerca invece la razionalità e la logica. Su “Vivere” posso dire che mi piaceva il giro di accordi, volevo scrivere un brano in tra quarti, con uno stile più cantautoriale e meno catchy.
“Per qualche giorno” e “Viscosa” sono due singoli che hanno preceduto l’album ed entrambe hanno al centro il tema dei rapporti umani, della comprensione e dell’accettazione delle diversità. Qual’ è la cosa che per te è la più difficile da accettare o quantomeno da fronteggiare nei rapporti con l’altro?
Il silenzio comunicativo. Se c’è un’incomprensione, non sopporto quando rimane il discorso a metà, perché crea ambiguità e incomprensioni. Infatti accetto questo tipo di comportamento ma allontano le persone che si comportano così, perché io voglio un confronto maturo. Piuttosto ci mandiamo affanculo, ma parliamo e cerchiamo di risolvere, se è risolvibile (e, per come sono fatto io, è quasi sempre risolvibile, sono molto tollerante e cerco sempre di mettermi nei panni dell’altro e capire quali possono essere anche i miei errori; non ho paura a chiedere scusa).
Ci stiamo addentrando sempre di più, fortunatamente, in un periodo in cui le persone iniziano ad accettare i propri momenti di sconforto e soprattutto, riescono a parlarne e a esternarli. In “Mobike” sembri fare proprio questo, raccontare quei momenti che poi portano a toccare il fondo. Quand’è quindi il momento in cui capisci di aver toccato il fondo e ti rendi conto di riuscire quindi a iniziare una risalita?
Ho toccato il fondo quando ho ammesso i miei errori. Accettandoli è come se avessi fatto pace con il mio passato e mi avessi dato l’opportunità di andare avanti, cambiare in meglio e trovare me stesso nelle piccole cose. La risalita accade proprio quando non giudichi negativamente te stesso ma ti comprendi, sai dove migliorare e hai la volontà di farlo.
Se dovessi scegliere una delle canzoni dell’album, quale di queste rappresenta di più il periodo che stai vivendo e perché?
“Canzone di vetro”. È delicata, fragile, non giudicante, premurosa. Anche “Oggi sembra domenica” è una canzone importante in questo momento della mia vita, perché è una promessa che ho fatto e che voglio mantenere.
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