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GIANNI TOGNI – Intervista su “EDIZIONE STRAORDINARIA”

GIANNI TOGNI – Intervista su “EDIZIONE STRAORDINARIA”

“Edizione Straordinaria” è un lavoro che trae ispirazione dalla cronaca quotidiana e dalle storie realmente accadute che hanno dominato i media tra il 2021 e il 2023. Ogni brano è dedicato a personaggi di storie vere: lo spunto iniziale è nato dalla lettura sui quotidiani di vari argomenti che spaziano dallo sport agli animali e l’ambiente, dall’arte ai viaggi, dall’amore alla salute, dall’intervista con il personaggio di turno, alla vita di strada. Le composizioni musicali, insieme agli arrangiamenti e alle sonorità, nell’ascolto totale del disco risulteranno molto diverse tra loro, ma è una scelta artistica voluta per sottolineare l’unicità di ogni tema cantato.

Ciao Gianni, è un onore conoscere uno degli autori più famosi della musica italiana, con canzoni senza tempo, se pensiamo che Luna è del 1980. Oggi faccio fatica a pensare pezzi attuali che fra mezzo secolo ancora suoneranno nelle radio e media.
Sai, è giusto che ci siano cambiamenti nella storia della musica, allora si facevano tante cose diverse, cantautori come Tozzi, Drupi, gruppi come la PFM e il Banco di Mutuo Soccorso, un forma artistica che si sviluppava in tante direzioni diverse, dal pop al cantautorato fino al prog. Oggi le etichette discografiche incanalano tutto in una sola direzione, quella del reggaeton, del rap, della trap, non ci sono più aperture diverse, malgrado questi autori facciano cose belle e siano bravi. Fondamentalmente è la voglia delle majors di fare cassa subito senza pensare alla strada futura dell’artista, ma fermandosi all’oggi. E’ certamente giusto che i giovani abbiano visibilità e vadano in classifica, come facemmo anche noi negli anni ’70, scavalcando gli artisti icone che ci avevano preceduto. Questo rientra nella logica,è meno logico l’appiattimento musicale che percepiamo oggi e che è figlio di una pura deriva commerciale delle case discografiche. 

Oggi l’ascolto è cambiato, non esiste praticamente più il supporto fisico comprato con sacrifici, ma lo streaming che se non ti piace subito passi subito ad un altro pezzo.
Ci sono tanti artisti bravi, da Diodato a Iosonouncane a Vasco Brondi, ma il pubblico oggi si è un poco diviso, chi segue questi artisti con grande attenzione, altri che seguono il mainstream e generi diversi che vanno tanto bene sui media digitali. 

Abbiamo nominato prima il Banco, tanto per dire c’era una fiorente vena prog, che nel tempo si è un poco persa, come altri generi, nei gusti del pubblico, che ovviamente cambiano.
C’era il prog, il pop-rock, ricordiamoci i New Trolls con il loro Concerto Grosso; il pop-rock è un mondo che abbraccia tanti stili e modi diversi di fare musica. Ma anche il rap americano è completamente diverso da quello italiano, avendo all’interno contaminazioni jazz, blues, gli arrangiamenti vengono fatti con grande attenzione. Qui da noi si tende alla banalizzazione del rap a mio parere. 

Sono assolutamente d’accordo, ma d’altronde è il genere che piace oggi ai giovani, legittimamente.
Sono venuto a Bologna a vedere Bjork, concerto complesso e tutto esaurito, ripeto, è un mondo che si è diviso musicalmente in due. Chi va a vedere spettacoli di artisti come Bjork o Fontaines D.C., altri che si dedicano a rap, trap e dintorni. 

A proposito di innovatori, tu appartieni sicuramente a questa schiera, sei stato uno dei primi ad incidere su cd, con “Stile libero” nel 1984.
Vero, poi registro in analogico, ma è vero che il digitale mi dà la possibilità di fare tante cose che oggi, con la mia piccola etichetta, non potrei permettermi di fare. Una volta dovevi andare con tutti i musicisti in sala prove, il che è ovviamente costoso, oggi puoi preparare tutto prima e poi trovarti per registrare in analogico. 

Tu che sei un cantante, di questo autotune di cui tanto si parla, che ne pensi?
Sinceramente non so esattamente cosa sia, da quanto mi hanno raccontato, quindi per sentito dire, credo che sia un marchingegno in cui imposti la tonalità del brano, tu canti e lui ti porta sempre sul percorso giusto. Sul mio nuovo album ho usato, invece, quello che ha inventato Bon Iver, un mezzo per creare dei cori suonando delle note sulla tastiera. Per i cori normali ho chiamato i coristi come sempre, ma per ottenere effetti speciali, come si sente particolarmente in “Fuori onda”, uso questa tastiera inventata da Bon Iver che apre nuove frontiere con spunti molto interessanti. Sai, quando è arrivato il progressive, furono introdotte le tastiere, ci sono avvenimenti fondamentali che accadono, arrivarono il Korg, il Moog, il mellotron, tutti nuovi modi che non erano percorribili prima. Le novità, usate nel modo giusto che non prendano il posto del cantante, creano spazi e sonorità nuove per la musica. 

Tu non sei mai legato, incasellato, incastrato nei tuoi grandi successi, ma hai provato e innovato costantemente, anche rischiando.
Nel 1989 registrai “Bersaglio mobile”, che era un disco totalmente diverso, la mia casa discografica si lamentava, “Hai venduto solo 170.000 copie” mi dicevano. Non riesco a fare un disco uguale all’altro, mi annoierei, se poi la gente vuole solo canzoni d’amore da me, farei presente che ne ho registrate poche, ho scritto, pubblicai “Pornografia”, un’altra sui suicidi, e via dicendo. 

Veniamo al disco nuovo, in cui di canzoni d’amore ce ne sono davvero poche, per restare in tema.
Sono personaggi raccontati da giornali e tg, Di canzoni d’amore ce ne è una, parla di una signora francese, solitaria, proprietaria di una libreria, ha un infortunio e va in una RSA dove si innamora di un altro ospite completamente diverso da lei. Lui giocava a carte lei si dedicava alla poesia, dopo mesi passati ad abbracciarsi e tenersi per mano, fu trasferito in un’altra RSA, una storia d’amore diversa dalle solite. Poi una sull’amore tra Monica Vitti e suo marito, “Io senza te”, che hanno vissuto assieme 49 anni dormendo separati solo una notte. Troviamo la storia di un tricheco che a causa dello spezzarsi del ghiaccio si trova dall’Islanda portato via; la tennista vincitrice di tanti premi che si ritira perché vuole riappropriarsi dei suoi spazi. C’è una canzone con un’intervista a me stesso; un’altra con la storia di un clochard che cercando di diventare sempre più ricco, finisce in rovina, ma scoprendo poi valori che non conosceva. Hopper parla della visione del pittore sulla solitudine, cose che lui ha messo nei suoi quadri molto prima che arrivasse questo mondo moderno fatto di virtualità. Un’altra canzone parla di una ragazza viaggiatrice che gira il mondo, non ha una casa fissa, vive organizzando viaggi per gli altri. In un altro pezzo parlo di un ragazzo che si è chiuso in casa, una forma di sindrome che si chiama Hikikomori, perché cerca di raggiungere la perfezione leggendo continuamente, fino a quando un giorno vede dei ragazzi in piazza e scende fra di loro, ma resta questo senso di solitudine. 

Bellissimi i testi, ma ho sentito anche potenza nel sound e ricchi arrangiamenti.
Ogni canzone è diversa dalle altre, gli arrangiamenti li ho curati io con il massimo impegno, ho usato l’elettronica, passando poi tutto al 24 tracce. Le canzoni sono tutte diverse, ma resta a unirle la melodia, come facevano i Nirvana, e quando li criticavano misero tutti zitti con il MTV Unplugged. 

Progetti futuri? Un tour?
A me piace molto suonare nei teatri, quindi d’estate non suono molto, ho anche problemi di tempo. Facendo tante cose, dalla mia etichetta alla composizione per i musical, ho deciso che quando faccio dei live vado nei teatri. Sono luoghi che sento particolarmente miei, vedendo i volti, gli occhi, la comunicazione con la platea. Spero di fare un tour invernale nei teatri, per poi iniziare a lavorare a un nuovo disco.

MAURIZIO DONINI

Gianni Togni

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