FRANCESCO SACCO – Intervista al cantautore e polistrumentista milanese
In occasione dell’uscita dell’EP “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”, ho avuto il piacere di fare una nuova chiacchierata con Francesco Sacco, cantautore e polistrumentista con base a Milano. Da bambino studia musica classica, da adolescente si appassiona al blues e alla beat generation, poi approccia la musica elettronica, la performance e il sound design: da uno spettro di influenze musicali e artistiche molto vasto nasce un progetto cantautorale eclettico, fatto di incontri fra mondi musicali apparentemente lontani. Dopo anni di esperienze come autore e produttore per altri artisti e come compositore per brand di moda e spettacoli teatrali fonda il collettivo di arti performative “Cult of Magic” insieme a Giada Vailati e Samira Cogliandro, con il quale collabora con enti e musei nazionali, come Museonovecento di Firenze. Nel 2020 esordisce come cantautore con il disco “La Voce Umana”, uscito in digitale e in vinile per Artist First e presentato presso Triennale Milano. Dalla collaborazione con i producer xx.buio e paralisi e Luca Pasquino, produttore, polistrumentista e da sempre assiduo collaboratore di Francesco, nasce la produzione di “Vestiti”, brano che anticipa il nuovo lavoro, in uscita per Believe Distribution nel 2022. Mentre i testi si spostano da una dimensione intima a momenti di critica sociale, la produzione vira verso un sound più radicalmente elettronico, tagliente e diretto, nel quale c’è spazio per poche ma evidenti citazioni, come i rimandi al folk americano o a Bach.
Ciao Francesco, bentornato su Tuttorock, ci ritroviamo dopo circa un anno, come stai?
Ciao Marco, grazie, è sempre un piacere! È stato un periodo bello e intenso, è ripartito tutto in fretta, abbiamo fatto questo EP di corsa, ci sono stati un po’ di live poi ho avuto altri impegni con il collettivo teatrale però non mi lamento, ci voleva questa ripartenza.
Che riscontri stai avendo da “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”?
Sono molto contento dell’accoglienza dell’EP, avrai colto una variazione di suoni, sicuramente ho scelto di non coccolare il pubblico che mi ero fatto col disco precedente, un po’ per esigenza drammaturgica, parlando di tematiche diverse mi piaceva andare in un’altra direzione sonora per non ripetermi artisticamente, cerco sempre di trovare una formula per ogni mio lavoro. Non sapevo cosa aspettarmi a livello di riscontri di pubblico, sono molto contento che persone molto affezionate ai miei precedenti lavori abbiano apprezzato anche questi nuovi brani, poi penso di aver attirato anche un’altra fetta di pubblico che prima non avevo e per la quale quel tipo di linguaggio di cantautorato classico suonava lontano.
Per “Kabul” hai utilizzato un arrangiamento quasi dance, come mai questa scelta?
Sì, c’è questa cassa techno molto chiara e importante, molto è dovuto anche ai mezzi che ho avuto a disposizione e alle collaborazioni che ho attivato per questo disco. Rispetto al lavoro precedente, nel quale avevo suonato praticamente tutto io, ho lavorato con Luca Pasquino, un mio amico e collaboratore di vecchissima data con cui abbiamo avuto le primissime band insieme a 14 anni e con xx.buio e paralisi, due producer di Livorno con base a Milano che mi hanno dato una grossa mano.
La mia intenzione era, rispetto a “La voce umana”, di buttare dentro citazioni musicali importanti incastonate in un contesto contemporaneo. Poi un mio amico ci ha lasciato nel bagagliaio dell’auto un Moog Sub 37, il giocattolo perfetto, e anziché comporre al piano o alla chitarra ho iniziato con le linee di sintetizzatore.
So che uscirà anche la parte B, come mai hai diviso in due parti questo progetto?
Per una scelta di distribuzione ho dovuto usare il nome A e B senza riferirmi a supporti fisici. L’idea era quella di non aspettare tanto, essendo canzoni impulsive non volevo fare il percorso per cui tu scrivi, registri, produci e le cose escono poi un anno e mezzo dopo quando quei pezzi ti hanno stufato. La forma EP ci ha aiutati in questo senso ed abbiamo lavorato agilmente in studio. Mi piaceva il rimando al mondo dell’analogico dei due lati e, anche se la produzione va in una direzione più contemporanea, mi piaceva sottolineare il fatto che questo è un disco che ha un filo tematico, uno può ascoltare i pezzi nell’ordine che preferisce ma, come ne “La voce umana”, secondo me ha più valore se ascoltato come si fa con un vinile, pezzo dopo pezzo. La parte B è in buona parte già pronta e spero di farla uscire in autunno, mentre a livello di temi e concetto questa parte A è riferita a tutto ciò che è esteriore, infatti anche le canzoni più emotive partono da qualcosa che non rappresenta l’io narrante ma dal rapporto con la società o con altre persone, la seconda parte sarà dedicata al mondo interiore in un modo diverso e riguarderà l’individuo e una sua dimensione quasi spirituale.
Vedo oggi una crescita di una forma spirituale di raccoglimento interiore che si diffonde in un sacco di pratiche legate allo yoga o alla meditazione, come se ognuno di noi avesse bisogno di un appiglio appunto spirituale.
“Ogni uomo e ogni donna è una stella”, un brano di denuncia economica e sociale, come si può far sì che il dio denaro perda tutti i suoi credenti?
È una cosa molto difficile, al di là del rapporto delle persone con la merce e i soldi è una cosa molto sistemica legata a come è strutturata la nostra società. La produzione segue determinati ritmi che vengono tradotti in quello che è una creazione del bisogno, del desiderio, nella vendita e nel commercio, questa è una cosa alla quale spesso non si pensa. Che piaccia o no facciamo parte di questo sistema, noi, l’arte, la musica, tutto. A meno che uno non sia quasi un asceta che scelga di andare via dalla società e vivere isolato con poco bene o male ci siamo dentro tutti e dovremmo essere un po’ consapevoli di questa cosa.
Prima o poi succede qualcosa che porta dal sistema più vecchio a quello più nuovo. Se una cosa non piace a nessuno facciamo qualche passo per cambiarla, sono però pessimista riguardo al discorso capitalistico. Pensavo a quando, da ragazzini, per far parte di un gruppo nella società ti fanno desiderare cose che nemmeno vorresti, questa cosa è un disastro, oltre a mettere le persone in un frullatore, ha un impatto devastante soprattutto a livello ambientale. Ogni giorno leggiamo report drammatici sul mondo che sta esplodendo ma il sistema è responsabile al 90% di questa cosa, ogni volta vengono introdotte misure per l’ambiente ma che non danneggiano l’economia, questo non va bene, non porta a nulla di buono.
L’immagine di copertina è un’idea tua?
La copertina dell’EP e di tutti i singoli sono frutto di una neonata collaborazione con Lucrezia Testa Iannilli, una fotografa di Roma che abita in provincia di Viterbo in un borghetto meraviglioso immerso nella natura. Le è piaciuto quello che facevo e sono stato ospite da lei un paio di giorni, le ho fatto sentire le demo, mi sono innamorato della sua estetica e ho pensato che questo suo linguaggio che ha molto del confronto uomo/animale potesse essere un modo interessante per dare una veste visiva alle mie canzoni. Abbiamo iniziato a scattare un po’ a caso senza limiti e imposizioni, d’altronde lavorando con gli animali c’è una percentuale d’imprevisto molto alta, tu devi adattarti a quello che fa un cavallo, abbiamo fatto queste foto in questa dimensione strana, eravamo in un laghetto termale con l’acqua calda ma faceva freddo trovandoci ancora in inverno.
Mi è piaciuta questa dimensione atemporale della foto di copertina, dove fai fatica a dare un’epoca a quell’immagine.
Hai scelto anche stavolta di presentare il tuo nuovo lavoro alla Triennale di Milano, hai altre date in programma?
Stiamo fissando in questi giorni un piccolo tour estivo nel sud e nel centro dell’Italia, sto cercando di non essere bulimico ma di trovare date con posti adatti alla nostra proposta. Da settembre in poi risaliremo verso il nord.
Saremo in tre sul palco, io alla chitarra acustica e elettrica, Pit Coccato alla chitarra elettrica e a un set ridotto di batteria e Luca Pasquino alle tastiere, synth e basso, ci divertiremo molto.
Grazie mille per il tuo tempo, alla prossima!
Ciao Marco, grazie a te come sempre!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.