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FELICIDADE – LA VERSIONE ITALIANA E L’INCONTRO TRA ERICA MOU E MARCELO JENECI

FELICIDADE – LA VERSIONE ITALIANA E L’INCONTRO TRA ERICA MOU E MARCELO JENECI

Erica Mou by Virginia Bettoja

Intervista a Erica Mou, cantautrice raffinata, uno dei nomi più talentuosi del panorama indipendente nazionale. Ironica, intensa, originale, si è esibita sui palchi più prestigiosi nazionali e internazionali: ricordiamo il Concerto del Primo Maggio a Roma, in Piazza San Giovanni, l’Arena di Verona per i Wind Music Awards con il premio speciale prestigioso assegnato dalle Associazioni del settore discografico di Confindustria Cultura Italia FIMI, PMI e AFI, l’Heineken Jammin Festival e gli MTV Days di Torino. Erica, pugliese di Trani, è una voce meravigliosa nello scenario indipendente, è premiata dal MEI-Meeting Etichette Indipendenti come miglior talento dell’anno 2011.
Insieme a Capareza e Subsonica è stata tra gli artisti in cartellone alla 3° edizione di HITWEEK, il più importante festival di musica italiana negli USA che si svolge solitamente tra New York, Miami e Los Angeles.
L’abbiamo raggiunta per parlarci del nuovo progetto, una canzone che avvicina il Brasile alla Puglia, terra natia di Erica; si tratta della versione italiana del brano “Felicidade” di Marcelo Jeneci, cantautore, compositore, polistrumentista brasiliano, pubblicato nella nuova edizione di “Feito pra Acabar”- 10 Anos, uscito il 30 ottobre in tutto il mondo, un album straordinario. Questo di cui vi parliamo, un progetto straordinario e un incrocio di emozioni.


Parliamo di Felicidade. L’incontro con Marcelo Jeneci come è arrivato? Qual è il tuo apporto artistico e come è nata questa empatia raffinatissima?

Ho incontrato la musica di Jeneci attraverso i suoi dischi e in particolare proprio con “Feito pra acabar”, che a mio parere è un album meraviglioso. Poi ho incontrato Marcelo e ho scoperto una persona fatta a immagine e somiglianza della sua arte. Ci siamo conosciuti la scorsa primavera, in pieno lockdown e ci siamo raccontati attraverso videochiamate e messaggi, pur parlando lingue diverse. Mi sono sentita completamente a mio agio, sono nate così un’amicizia e una sinergia artistica. In Felicidade ci ho messo la voce e il cuore. È raro per me non partecipare anche alla fase compositiva ma cantando mi sono liberata; è un brano che trasmette una grande voglia di vivere.

Da questo incontro è nata una nuova versione di “Felicidade”, uno dei brani più famosi del cantautore brasiliano. Come è nata l’idea?

È nato spontaneamente proprio in una videochiamata, come ti raccontavo, suonando la canzone da una parte all’altra del mondo, ridendo per la maledetta latenza audio!
Non vedo l’ora di poter suonare finalmente insieme dal vivo.

Due lingue e due mondi che si fondono, un mix davvero elegante e frizzante: cantautrice raffinata quale sei, entri nel romantico immaginario delle calde e vellutate ambientazioni Brasiliane. Raccontaci le tue emozioni e sensazioni.

Mi sono sentita accolta in un mondo che, seppur diverso, sento molto vicino. Adoro il modo in cui la musica brasiliana rispetta la canzone nella sua essenza, nella melodia e nelle parole. Punto. Senza sovraccaricare, senza per forza affannarsi a confezionare, senza soffocare la poesia. Questa grande leggerezza, che è l’opposto della superficialità, è l’elemento che più ricerco nella musica e nella vita.

Tutto questo nasce grazie alla passione per il Brasile di Max De Tomassi, conduttore storico di “Brasil” su Radio Rai 1; un tuo pensiero sulla collaborazione con lui.

Max è un costruttore di ponti, progetta architetture che uniscono le persone, le sensibilità, i cuori. È anche un grandissimo “spacciatore” di musica, coglie benissimo le affinità tra percorsi artistici diversi e, negli anni, mi ha dato fondamentali suggerimenti di ascolto. È stato lui, infatti, a introdurmi alla musica di Marcelo ed è, insieme a Ricardo Fishmann, l’adattatore del testo di Felicidade nella versione italiana.

Ultima domanda. Un tuo pensiero sul momento difficilissimo che la cultura, l’arte, la musica stanno vivendo.

Ci stiamo concentrando sui soldi, e per ora è giusto così. Tante persone lavorano in questo settore e devono (dobbiamo) essere trattati come lavoratori a tutti gli effetti. Sacrosanto. Anzi, è scandaloso doverlo specificare.
E questa è la crisi economica, che è dura, sarà dura e che sono certa si risolverà. La crisi culturale mi preoccupa di più. Mi preoccupa l’ossessione alla contingenza, al profitto, la corsa alla toppa in presenza di uno strappo, la data di scadenza appiccicata su cose che dovrebbero trascendere il tempo, il veleno nella bocca di chi ignora la collettività, il ruolo marginale dell’arte nell’educazione nelle nostre famiglie, l’omologazione, le librerie che non riescono a far quadrare i conti senza aprirsi l’angolo bar, i cinema vuoti anche prima, i teatri come primo luogo di cui si può fare a meno, il popolo che grida chiudete le scuole.
L’anima si nutre per altre vie e le cose più preziose sono quelle che non si toccano. L’emergenza sanitaria è una terribile lente di ingrandimento.

Alessandra Paparelli