FEDERICO FIUMANI – Intervista al cantante dei Diaframma
19 Marzo 2015
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Siamo nel camerino, un signore d’altri tempi, un uomo che è un pezzo di storia della musica italiana, il fondatore della band di riferimento per il punk e la new wave, i mitici Diaframma,
Federico Fiumani. Fiumani ha dato vita ai Diaframma nei primi anni ottanta, dapprima come cover band dei Joy Division e poi come band vera e propria nel 1982, quando esordiscono con il singolo Pioggia/Illusione ottica. Fiumani è inizialmente chitarrista e paroliere della band, che vede la presenza anche di Gianni Cicchi (batteria), Leandro Cicchi (basso) e Nicola Vannini (voce), che nel 1984 viene sostituito da Miro Sassolini. Dal 1989 Fiumani è anche cantante della band. Oltre ai numerosi album dei Diaframma, ha pubblicato gli album solisti Confidenziale nel 1994 e Donne mie nel 2006. Nel 1989 incise il singolo Corri ragazzo, autoprodotto dal coautore Paolo Boccia, ma non fu distribuito nei negozi. Oltre ad essere la voce e il chitarrista del gruppo è autore di tutte le musiche ed i testi. Ha inoltre finora pubblicato sei volumi di poesie e pensieri e un’antologia comprendente i testi di tutte le canzoni con relative note a margine. Fra le altre sue molteplici attività, dopo avere festeggiato lo scorso anno i 30 anni di Siberia, uno degli album storici della storia musicale italiana, a vent’anni dalla pubblicazione del suo primo album da solista che portava quel titolo, presenta un’antologia tratta dal suo repertorio e da quella del gruppo in versione intimista “unplugged”. Il luogo in cui ci troviamo è la splendida cornice del Teatro Galliera di Bologna. Prima dello splendido concerto di cui potete leggere il live report a parte, abbiamo avuto la fortuna e l’onore di passare del tempo ad intervistarlo nel camerino, un incontro con una persona da cui ogni parola che esce trasuda cultura ed arte, passione ed intelligenza.
Ciao Federico, grazie di averci concesso l’intervista, è un onore ed un vero piacere conoscere dal vivo un artista come Te. Proprio per questo inizierei dall’ultima domanda, pochi giorni fa ero assieme ad Omar Pedrini, e nell’intervista mi ha detto che ti ritiene il più grande autore di testi italiano, il che detto da uno che è stato premiato a Sanremo per il miglior testo non è poco. Fra l’altro ha aggiunto che decise di diventare un cantante e musicista, di cantare solo in italiano, dopo avere visto un concerto dei Diaframma dove rimase praticamente folgorato.
Mi fa molto piacere, si vede che abbiamo seminato bene, i Timoria sono stati un gruppo importante che in fama e notorietà ci hanno superato un bel pò, negli anni ’90 erano sicuramente molto noti. Il testo secondo me qualcosa di deve trasmettere un’emozione, di deve rimanere qualcosa dopo che hai ascoltato una canzone. Ci sono tanti modi per scrivere una canzone che ti emozioni, anche con delle semplici associazioni libere, una poesia astratta, noi all’inizio seguivamo questa formula.
E i Diaframma sono famosi proprio per i loro testi bellissimi ed ispirati.
Da ragazzo avevo la passione della poesia e quindi mi ispiravo, cose tipo “Maledetti francesi” oppure alcuni poeti italiani come Roberto Roversi, Montale o Penna. Unito poi il tutto alla passione per la grande canzone d’autore italiana, De Andrè, De Gregori, Paolo Conte, questo è stato il mio mondo musicale da cui sono partito. Poi mettere su una band era un poco la passione per il punk del ’77, poi il post-punk, la new wave, i Joy Division, queste cose. Il fatto che il saper suonare non era poi così importante, contava più l’approccio, più il look che la tecnica pura come viene intesa, per me questo fu un grosso motivo di interesse per iniziare a suonare, io non ho mai amato molto i tecnicismi esasperati tipici del prog tipo Pink Floyd e Genesis, invece l’immediatezza del punk era qualcosa che arrivava e ti colpiva. A me questo piacque subito e forse avevo anche l’età giusta per questo approccio, avevo 16-17 anni, poi a quel tempo Firenze era una città molto viva, molto propositiva. Non c’eravamo solo noi, Litfiba, Neon, tanti bei locali come il Tenax dove arrivavano tanti gruppi a suonare, gruppi stranieri che portavano cose nuove, tanti negozi di dischi.
Avete sempre e solo cantato in italiano fin dall’inizio.
Sì esatto, cercando di coniugare il testo in italiano con la musica che aveva poco di italiano proprio perché ci piaceva il punk, la new wave, che di italiano avevano poco. Il nostro primo album, Siberia, nacque proprio in questa maniera.
Siberia ha fatto i 30 anni proprio l’anno scorso, uno degli album storici della musica italiana, tanto per ricordare in questo periodo abbiamo festeggiato i 25 di Hai paura del buio? e i 20 di Catartica, il vostro è il più longevo tra i big diciamo, io e te poi siamo della stessa classe ’60.
Sì è un disco che è rimasto nell’immaginario collettivo di fare rock italiano. Noi siamo partiti prima in effetti.
Una cosa che vi accomuna ad Afterhours e Marlene Kuntz è anche questo essere classificati come band di culto.
Direi che ognuno deve seguire la sua strada, la sua indole, era evidentemente destino che dovessimo piacere a pochi, ma a quei pochi piacessimo tanto. Certo che se uno fa questo mestiere un poco di successo lo devi avere, perchè se nessuno viene a vederti è chiaro che non lo puoi fare.
Ieri sera ero al bellissimo concerto dei Verdena, e loro che erano classificato come band di culto diciamo, adesso stanno facendo sold out ovunque, pensi quindi che i nuovi sistemi di diffusione musicale possano contribuire a far conoscere band meno, diciamo, commerciali?
I Verdena hanno sicuramente la fortuna di avere sempre avuto una major come la Universal alle spalle, e sono in effetti una band che fa musica non facile e non commerciale. La Universal ha avuto il merito di valorizzarli e credere in loro per quello che fanno senza cercare mai di cambiarli, ed i fatti stanno dando ragione sia ai Verdena che alla major. I Verdena sono una realtà alquanto atipica in quanto hanno proposto in Italia una musica che prima, veramente, non si era mai sentita, con una libertà ed una credibilità grossa, io li invidio molto, non per il successo, ma insomma anche per quello certo, ma meno, soprattutto perché hanno una dedizione alla musica che non ha pari.
Quindi Spotify e simili possono essere di aiuto in questo?
Questi sistemi aiutano tutti, ma alla fine è come se non aiutassero nessuno. Questa democratizzazione estrema della musica ha i pro e i contro, è vero che puoi farti conoscere senza passare dalle major, ma è anche vero che adesso sono tutti sullo stesso piano, per cui è difficilissimo orientarsi. Ai miei tempi se ti piaceva un genere musicale, nel mio caso la new wave, lo possedevi completamente, uscivano così pochi dischi che potevi averli tutti. Se per dire oggi ti piace la new wave l’offerta è talmente vasta che praticamente ti vengono a cercare loro, e i video di Youtube, la musica da scaricare e ascoltare gratis, sei sommerso gratuitamente di musica. Ai miei tempi ti stimolava la passione, i desideri, se un disco lo avevi pagato, prima di metterlo via dicendo che non ti piaceva, lo ascoltavi 10 o 20 volte, perché su quel disco avevi investito dei soldi. Oggi se non ti piace subito la butti via tanto non è costata niente, si sta formando una generazione che paradossalmente è disamorata, la musica è desiderio, ma il desiderio è tale se è difficile da avere, ma se è tutto a portata di mano, tutto facile, è molto difficile orientarsi. Prima le riviste, i negozi, facevano da filtro, se un disco arrivava lì vuol dire che valeva comunque qualcosa. I dischi li comprano i vecchi oramai, escono ristampe, li compriamo fra di noi, magari lo ricompri perché quello che hai è rovinato, poi lo metti via e basta.
Progetti in corso? I Diaframma?
Continuiamo a suonare, i Diaframma seguitano ad essere la mia attività principale, abbiamo molti concerti, Pistoia, Genova, siamo molto contenti.
Molti lavori solisti tuoi, hai lavorato con Nicola Manzan (Bologna Violenta), Alessandro Grazian, hai fatto un bel disco di cover.
Un disco di cover dove reinterpreto canzoni di autori italiani anni ’60 e ’70, ho usato per questo disco la tecnica del crowfunding, la Musicraiser.
Non sei solo musicista, anche come Omar hai scritto libri, antologie, il neo-sensibilismo.
Il neo-sensibilismo è più una corrente estranea a me, i miei fans hanno creato questo sillogismo, questa corrente che racchiude i miei testi. Una cosa che non ho cercato e che è nata sull’onda dell’interesse per i miei testi, una specie del Kiss Army. Ho scritto una mia biografia, “Brindando con i demoni”, diversi libri di poesie che è una mia passione. Ma insomma più che altro io faccio concerti, io sono rock’n’roll, mi godo questo momento favorevole con il grande interesse verso il mio gruppo. Stasera faccio questa serata in acustico, una cosa che ogni tanto faccio e mi piace molto.
MAURIZIO DONINI
photoset by Stefano Nieri
(Teatro Galliera Bologna 11-3-2015)
https://www.facebook.com/federico.fiumani
http://www.diaframma.org
https://www.facebook.com/events/413080685526761
http://www.cinemateatrogalliera.it
http://www.tuttorock.net/concerti/federico-fiumani-confidenziale-teatro-galliera-bologna-11-3-2015
Federico Fiumani. Fiumani ha dato vita ai Diaframma nei primi anni ottanta, dapprima come cover band dei Joy Division e poi come band vera e propria nel 1982, quando esordiscono con il singolo Pioggia/Illusione ottica. Fiumani è inizialmente chitarrista e paroliere della band, che vede la presenza anche di Gianni Cicchi (batteria), Leandro Cicchi (basso) e Nicola Vannini (voce), che nel 1984 viene sostituito da Miro Sassolini. Dal 1989 Fiumani è anche cantante della band. Oltre ai numerosi album dei Diaframma, ha pubblicato gli album solisti Confidenziale nel 1994 e Donne mie nel 2006. Nel 1989 incise il singolo Corri ragazzo, autoprodotto dal coautore Paolo Boccia, ma non fu distribuito nei negozi. Oltre ad essere la voce e il chitarrista del gruppo è autore di tutte le musiche ed i testi. Ha inoltre finora pubblicato sei volumi di poesie e pensieri e un’antologia comprendente i testi di tutte le canzoni con relative note a margine. Fra le altre sue molteplici attività, dopo avere festeggiato lo scorso anno i 30 anni di Siberia, uno degli album storici della storia musicale italiana, a vent’anni dalla pubblicazione del suo primo album da solista che portava quel titolo, presenta un’antologia tratta dal suo repertorio e da quella del gruppo in versione intimista “unplugged”. Il luogo in cui ci troviamo è la splendida cornice del Teatro Galliera di Bologna. Prima dello splendido concerto di cui potete leggere il live report a parte, abbiamo avuto la fortuna e l’onore di passare del tempo ad intervistarlo nel camerino, un incontro con una persona da cui ogni parola che esce trasuda cultura ed arte, passione ed intelligenza.
Ciao Federico, grazie di averci concesso l’intervista, è un onore ed un vero piacere conoscere dal vivo un artista come Te. Proprio per questo inizierei dall’ultima domanda, pochi giorni fa ero assieme ad Omar Pedrini, e nell’intervista mi ha detto che ti ritiene il più grande autore di testi italiano, il che detto da uno che è stato premiato a Sanremo per il miglior testo non è poco. Fra l’altro ha aggiunto che decise di diventare un cantante e musicista, di cantare solo in italiano, dopo avere visto un concerto dei Diaframma dove rimase praticamente folgorato.
Mi fa molto piacere, si vede che abbiamo seminato bene, i Timoria sono stati un gruppo importante che in fama e notorietà ci hanno superato un bel pò, negli anni ’90 erano sicuramente molto noti. Il testo secondo me qualcosa di deve trasmettere un’emozione, di deve rimanere qualcosa dopo che hai ascoltato una canzone. Ci sono tanti modi per scrivere una canzone che ti emozioni, anche con delle semplici associazioni libere, una poesia astratta, noi all’inizio seguivamo questa formula.
E i Diaframma sono famosi proprio per i loro testi bellissimi ed ispirati.
Da ragazzo avevo la passione della poesia e quindi mi ispiravo, cose tipo “Maledetti francesi” oppure alcuni poeti italiani come Roberto Roversi, Montale o Penna. Unito poi il tutto alla passione per la grande canzone d’autore italiana, De Andrè, De Gregori, Paolo Conte, questo è stato il mio mondo musicale da cui sono partito. Poi mettere su una band era un poco la passione per il punk del ’77, poi il post-punk, la new wave, i Joy Division, queste cose. Il fatto che il saper suonare non era poi così importante, contava più l’approccio, più il look che la tecnica pura come viene intesa, per me questo fu un grosso motivo di interesse per iniziare a suonare, io non ho mai amato molto i tecnicismi esasperati tipici del prog tipo Pink Floyd e Genesis, invece l’immediatezza del punk era qualcosa che arrivava e ti colpiva. A me questo piacque subito e forse avevo anche l’età giusta per questo approccio, avevo 16-17 anni, poi a quel tempo Firenze era una città molto viva, molto propositiva. Non c’eravamo solo noi, Litfiba, Neon, tanti bei locali come il Tenax dove arrivavano tanti gruppi a suonare, gruppi stranieri che portavano cose nuove, tanti negozi di dischi.
Avete sempre e solo cantato in italiano fin dall’inizio.
Sì esatto, cercando di coniugare il testo in italiano con la musica che aveva poco di italiano proprio perché ci piaceva il punk, la new wave, che di italiano avevano poco. Il nostro primo album, Siberia, nacque proprio in questa maniera.
Siberia ha fatto i 30 anni proprio l’anno scorso, uno degli album storici della musica italiana, tanto per ricordare in questo periodo abbiamo festeggiato i 25 di Hai paura del buio? e i 20 di Catartica, il vostro è il più longevo tra i big diciamo, io e te poi siamo della stessa classe ’60.
Sì è un disco che è rimasto nell’immaginario collettivo di fare rock italiano. Noi siamo partiti prima in effetti.
Una cosa che vi accomuna ad Afterhours e Marlene Kuntz è anche questo essere classificati come band di culto.
Direi che ognuno deve seguire la sua strada, la sua indole, era evidentemente destino che dovessimo piacere a pochi, ma a quei pochi piacessimo tanto. Certo che se uno fa questo mestiere un poco di successo lo devi avere, perchè se nessuno viene a vederti è chiaro che non lo puoi fare.
Ieri sera ero al bellissimo concerto dei Verdena, e loro che erano classificato come band di culto diciamo, adesso stanno facendo sold out ovunque, pensi quindi che i nuovi sistemi di diffusione musicale possano contribuire a far conoscere band meno, diciamo, commerciali?
I Verdena hanno sicuramente la fortuna di avere sempre avuto una major come la Universal alle spalle, e sono in effetti una band che fa musica non facile e non commerciale. La Universal ha avuto il merito di valorizzarli e credere in loro per quello che fanno senza cercare mai di cambiarli, ed i fatti stanno dando ragione sia ai Verdena che alla major. I Verdena sono una realtà alquanto atipica in quanto hanno proposto in Italia una musica che prima, veramente, non si era mai sentita, con una libertà ed una credibilità grossa, io li invidio molto, non per il successo, ma insomma anche per quello certo, ma meno, soprattutto perché hanno una dedizione alla musica che non ha pari.
Quindi Spotify e simili possono essere di aiuto in questo?
Questi sistemi aiutano tutti, ma alla fine è come se non aiutassero nessuno. Questa democratizzazione estrema della musica ha i pro e i contro, è vero che puoi farti conoscere senza passare dalle major, ma è anche vero che adesso sono tutti sullo stesso piano, per cui è difficilissimo orientarsi. Ai miei tempi se ti piaceva un genere musicale, nel mio caso la new wave, lo possedevi completamente, uscivano così pochi dischi che potevi averli tutti. Se per dire oggi ti piace la new wave l’offerta è talmente vasta che praticamente ti vengono a cercare loro, e i video di Youtube, la musica da scaricare e ascoltare gratis, sei sommerso gratuitamente di musica. Ai miei tempi ti stimolava la passione, i desideri, se un disco lo avevi pagato, prima di metterlo via dicendo che non ti piaceva, lo ascoltavi 10 o 20 volte, perché su quel disco avevi investito dei soldi. Oggi se non ti piace subito la butti via tanto non è costata niente, si sta formando una generazione che paradossalmente è disamorata, la musica è desiderio, ma il desiderio è tale se è difficile da avere, ma se è tutto a portata di mano, tutto facile, è molto difficile orientarsi. Prima le riviste, i negozi, facevano da filtro, se un disco arrivava lì vuol dire che valeva comunque qualcosa. I dischi li comprano i vecchi oramai, escono ristampe, li compriamo fra di noi, magari lo ricompri perché quello che hai è rovinato, poi lo metti via e basta.
Progetti in corso? I Diaframma?
Continuiamo a suonare, i Diaframma seguitano ad essere la mia attività principale, abbiamo molti concerti, Pistoia, Genova, siamo molto contenti.
Molti lavori solisti tuoi, hai lavorato con Nicola Manzan (Bologna Violenta), Alessandro Grazian, hai fatto un bel disco di cover.
Un disco di cover dove reinterpreto canzoni di autori italiani anni ’60 e ’70, ho usato per questo disco la tecnica del crowfunding, la Musicraiser.
Non sei solo musicista, anche come Omar hai scritto libri, antologie, il neo-sensibilismo.
Il neo-sensibilismo è più una corrente estranea a me, i miei fans hanno creato questo sillogismo, questa corrente che racchiude i miei testi. Una cosa che non ho cercato e che è nata sull’onda dell’interesse per i miei testi, una specie del Kiss Army. Ho scritto una mia biografia, “Brindando con i demoni”, diversi libri di poesie che è una mia passione. Ma insomma più che altro io faccio concerti, io sono rock’n’roll, mi godo questo momento favorevole con il grande interesse verso il mio gruppo. Stasera faccio questa serata in acustico, una cosa che ogni tanto faccio e mi piace molto.
MAURIZIO DONINI
photoset by Stefano Nieri
(Teatro Galliera Bologna 11-3-2015)
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Maurizio Donini
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.