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EMANUELE COLANDREA – Intervista al cantautore e polistrumentista pontino

EMANUELE COLANDREA – Intervista al cantautore e polistrumentista pontino

In occasione dell’uscita del suo nuovo album “Belli dritti sulla schiena”, pubblicato lo scorso 11 marzo su etichetta FioriRari, ho avuto il piacere di fare una bella chiacchierata con il cantante, autore e polistrumentista Emanuele Colandrea, originario della provincia di Latina, tra gli artisti più ispirati della nuova scena cantautorale romana, con una scrittura evocativa che si muove agilmente tra poesia e canzone d’autore.

Emanuele esordisce come solista a marzo 2015 con l’album “Ritrattati”, una raccolta di canzoni ritrattate (più 3 inediti) di Cappello a Cilindro ed Eva Mon Amour, band delle quali in precedenza è stato autore, chitarrista e cantante. La produzione inedita prosegue, nel dicembre dello stesso anno, con la pubblicazione di “Canzoni dalla fine dell’anno”, Ep che anticipa l’uscita, a marzo 2016, del disco / racconto “Un giorno di vento”.

Nel 2016 è fra gli 8 vincitori di Musicultura.

A dicembre 2017 esce poi “Ritrattati Deluxe”, ristampa della prima pubblicazione arricchita da altri tre brani rielaborati e da un inedito. 

A Marzo 2020 esce un nuovo Ep, dal titolo “I miei amici immaginari”.

Dal 2010 collabora in vesti di amico, produttore artistico e musicista col cantautore Galoni, che segue anche nei concerti.

Ciao Emanuele, benvenuto su Tuttorock, come sta andando il tuo nuovo album “Belli dritti sulla schiena”?

Ciao Marco, grazie! L’album sta andando bene, sono iniziati i live, il primo è andato benissimo e il locale era pieno. I feedback che arrivano sono positivi sia a livello di recensioni che di pubblico.

Un tuo brano nasce con la chitarra in mano o le idee ti vengono in un qualsiasi momento e luogo?

Spesso nascono con la chitarra in mano, altrettanto spesso scrivo un testo che penso possa funzionare a livello metrico poi, se non mi soddisfa la linea armonica, cosa che spesso succede, vi rimetto mano.

Ci sono alcune dediche tra i brani, in “Ok Emanuele” ci sono frasi come “Ok Emanuele piantala co ste chitarre”, “E piantala con queste strade di campagna che non ti portano mai a Roma”, sono i rimproveri/consigli di tuo padre?

In realtà la citazione di papà è un’estemporanea all’interno del pezzo, quella è più una canzone venuta dai consigli di uscire dalla mia zona di comfort, in campagna con la chitarra. Spesso, per appartenere ad un mercato più moderno, ti vengono a consigliare di togliere queste cose ed il mio era un sarcasmo su quel tipo di commenti.

Hai dedicato anche un brano a Erika, chi è lei per te?

Erika è la mia compagna da quasi dieci anni, quella è una delle canzoni che è stata buttata giù con un altro tipo di musica poi è diventata la ballata che puoi ascoltare nel disco. Se si va ad analizzare il testo non è solamente una canzone d’amore ma una presa di posizione su quella velocità eccessiva che il capitalismo genera.

Tra l’altro lei appare nel video di “Ok Emanuele”.

Sì, lei apparirà dappertutto (ride – ndr).

Puoi dirmi chi è il Gabriele di cui parli nella canzone “Il pane e la farina”?

Gabriele era un amico che ho perso a causa di un incidente stradale molto tempo fa, era una sorta di fratello, colui col quale iniziai a suonare, la prima band l’ho fatta con lui. Lui faceva il fornaio e, mentre andava al lavoro una sera, è morto in un incidente stradale. È una canzone che gli avevo scritto all’epoca e l’ho voluta inserire in questo disco, mi sembrava il momento giusto per farlo.

C’è anche spazio per il tuo personale “Credo”, tu che rapporto hai con la spiritualità?

Con la mia spiritualità personale ho un buon rapporto, parlo per quanto riguarda il classico percorso che si fa su sé stessi. È diventata una cosa introspettiva, ho iniziato a spostare l’attenzione su me stesso e a comprendere che lavorando sulla propria persona giocoforza si lavora anche sull’esterno. Se ti comporti in un certo modo gli effetti collaterali diventano di conseguenza più positivi.

Quando e com’è avvenuto l’incontro con colui che ha prodotto il disco, ovvero Pier Cortese, e con Roberto Angelini che ha suonato le chitarre nell’album?

Con Pier ci conosciamo da una ventina d’anni, frequentavamo gli stessi club romani quando eravamo più giovani, poi ci siamo sempre intersecati qua e là e qualche anno fa abbiamo iniziato a rifrequentarci. Avevo sentito le sue ultime produzioni che aveva fatto con Niccolò Fabi, poi mi aveva mandato il suo disco solista in anteprima, a me interessava un po’ l’idea di uscire da quello che facevo di solito, conoscevo la sensibilità artistica e il background musicale di Pier e sapevo che non avrebbe snaturato le mie intenzioni ma che avrebbe apportato suoni a me sconosciuti che mi sono poi piaciuti.

Con Roberto ci incontriamo spesso, sono uscito con la sua etichetta FioriRari e, d’accordo con Pier, volevamo mettere 4 o 5 chitarre sue, siamo andati a registrare con lui, il suo è stato un supporto amichevole.

Quando e come è avvenuto il tuo avvicinamento alla musica?

Non avendo avuto influenze musicali in casa non ho iniziato prestissimo. Per la verità hanno fatto studiare musica ai miei fratelli che hanno poi lasciato perdere, mi sono ritrovato poi io a suonare. Se non ricordo male, per le situazioni tipiche di campeggio, a 13 o 14 anni, c’erano dei gruppetti che suonavano le chitarre e gli amici hanno iniziato ad insegnarmi qualcosa, da lì sono partito. È stata la classica situazione da falò e amicizia di provincia dove ti incontravi sulle panchine della piazzetta del paese dove vivevi e iniziavi a strimpellare i pezzi famosi di 30 anni fa. Io sono cresciuto in paese e, come succede in tutte le province, il rock, il country, il blues arrivano per assurdo molto di più lì che in città. Il bello della provincia è che uno tende alla città ma, viceversa, colui che vive in città non tende alla provincia. Se dovessi pensare ad una band che suonavamo da ragazzi ti faccio un nome, i Creedence Clearwater Revival.

Oltre ad accompagnare Pier nelle sue date, ho letto che ne hai qualcuna già fissata per la presentazione del tuo disco, tra cui quella di giovedì 19 maggio 2022 al Teatro Biagi D’Antona di Castelmaggiore (BO), con quale formazione ti presenterai sul palco?

Di base vado in duo con Erika, abbiamo una formazione che sostanzialmente prevede chitarra e batteria, io suono chitarra, cassa e Charleston e lei suona rullante, timpano e piatto, suoniamo mischiandoci, in più lei suona tastierine, tipo la diamonica, e sample pad, abbiamo voluto fare un upgrade visti i suoni di questo disco.

Qual è il tuo sogno musicale più grande?

A livello pratico mi interessa riuscire a campare di musica, non ho sogni di festival giganti, viverli come traguardi piuttosto che come effetti collaterali è una cosa che non ti porta lontano, vorrei solo continuare a poter fare quello che faccio.

Grazie mille Emanuele!

Grazie a te Marco, ciao!

MARCO PRITONI