DROPKICK MURPHYS – Ken Casey presenta il nuovo album
In occasione dell’uscita del loro decimo album in studio, “Turn Up That Dial”, in uscita il 30 aprile per l’etichetta Born & Bred Records, ho avuto il piacere di fare una video chat con Ken Casey, fondatore e cantante dei Dropkick Murphys, la famosissima celtic punk rock band di Boston.
Ciao Ken, benvenuto nella mia stanza e su Tuttorock, come stai in generale?
Grazie Marco! Sto alla grande, è tutto bellissimo. Sono entusiasta di avere qualcosa su cui concentrarmi, ovvero il nuovo album, qualcosa con cui guardare avanti aspettando giorni migliori che spero possano arrivare presto.
Parliamo un po’ di questo nuovo album, “Turn Up That Dial”, che uscirà il prossimo 30 aprile sulla vostra etichetta Born & Bred Records, quando avete scritto le canzoni?
Abbiamo iniziato a scriverle alla fine dell’autunno del 2019, poi le abbiamo terminate durante la pandemia. Metà delle canzoni sono state scritte a dicembre 2019/gennaio 2020 e poi sono state riprese di nuovo. Poi siamo andati in tour nel periodo febbraio/marzo in Europa e, proprio quando siamo tornati a casa, la pandemia ci ha fermati per almeno tre mesi. In estate abbiamo ricominciato a lavorare sull’album.
Ogni canzone nasce da un’idea differente di uno di voi?
Sì. Tutte le nostre canzoni vengono sempre scritte partendo da ciò che è nelle nostre teste e nei nostri cuori, di solito cose che abbiamo vissuto, non tanto da ciò che abbiamo letto in un libro o visto in un film.
Come siete riusciti a registrare l’album con tutte le restrizioni dovute alla pandemia?
È stato molto diverso. Abbiamo dovuto suddividere il processo di registrazione in studio su turni, con l’ingegnere dello studio e un membro della band alla volta. Della serie, “prima disegni, poi indossi”. È stato difficile, ma ci sembrava comunque importante provare a farlo. Volevamo ottenere questo risultato e non solo dire: “Aspetteremo finché la pandemia non sarà finita”, è stata una cosa bella per noi, ci ha dato un motivo per alzarci e avere qualcosa da fare ogni giorno. Penso che, durante la pandemia, le persone che sono rimaste più occupate siano poi state meglio mentalmente di quelle che hanno solamente guardato i notiziari e i brutti bollettini tutto il giorno.
Per la prima volta in assoluto, chiudete un album con una traccia lenta, la commovente “I Wish You Were Here”, scritta per il defunto padre di Al, Woody Barr. Devo dirti che ho pianto quando l’ho sentita, penso che possa diventare un vero inno per ognuno di noi per ricordare una persona cara che abbiamo perso. Sei d’accordo con me?
Penso che, guardando la reazione dei fan all’ascolto di quella canzone, ci sia la dimostrazione che tutti abbiano provato questi sentimenti nelle loro vite. La canzone diventa personale per ognuno di loro e penso che faccia anche riflettere le persone, non solo sui propri cari che sono morti, ma anche sui propri cari che non vedono da più di un anno, che sono ancora vivi, ma che non possono andare a trovare. Ad esempio una nonna che non ha abbracciato i suoi nipoti e altre cose del genere. Serve quindi che le persone pensino anche a quelle perdite.
Ci sono altre canzoni nell’album che possono diventare degli inni, una in particolare mi ha colpito, H.B.D.M.F., puoi dirmi di più su questo brano?
È stata scritta per prendere in giro alcune persone che festeggiano il loro compleanno. “È la settimana del mio compleanno. È il weekend del mio compleanno ed è il mese del mio compleanno!”. Possiamo avere o no un membro nella nostra band a cui piace festeggiare il proprio compleanno per molti, moltissimi giorni. Tutti hanno una di quelle persone nella loro vita. Quindi è stato un po’ come ridere delle persone che fanno questo e dire: “No, no, no. Sei cresciuto adesso. Non puoi farlo!”. Abbiamo realizzato video per nove delle undici canzoni dell’album, perché senza tour abbiamo pensato fosse un buon modo per far andare avanti l’album. Noi, comunque, aspetteremo, intanto ci siamo divertiti molto a scrivere quel brano e a girare il video.
Quanto ti sei divertito a distruggere una casa nel video “Smash Shit Up”?
Vorrei farlo ogni giorno (ride – ndr). Tutti hanno delle frustrazioni, quindi essere in grado di fare questo… è stata una cosa molto potente. L’uomo che possiede quella ruspa è stato molto fiducioso nel lasciarmela guidare perché non sapevo cosa stessi facendo. È stato molto divertente.
Com’è stata l’esperienza del concerto in live streaming il giorno di San Patrizio per te che sei abituato ad avere contatti con il pubblico?
Ovviamente non sarà mai come avere un pubblico, ma grazie a Dio la tecnologia esiste e abbiamo ancora un modo per connetterci. È quasi come se avessimo fornito un servizio in cui abbiamo dato alle persone qualcosa che loro aspettavano con ansia in un momento in cui non c’è molto altro da fare. Riteniamo molto importante per noi essere in grado di entrare in contatto con il pubblico. In realtà faremo un altro live streaming il 1° maggio, il giorno dopo l’uscita del nostro album. Sarà una sorta di festa per l’uscita del nostro disco.
Se dovessi definire con una parola cos’è per te la musica, quale mi diresti?
È un’amica. Qualcosa su cui puoi contare.
Per un paio d’anni per te non è stato possibile suonare il basso a causa di un intervento chirurgico a seguito di un incidente in moto. Quanto è stato difficile quel periodo per te?
Non è stato così male. È stato difficile per il dolore, ma ora non suono ancora il basso perché mi diverto tanto a correre sul palco. Ora, nei concerti dal vivo, il basso lo suona Kevin, nostro amico da anni, che ha lavorato per la band per molti anni. Adesso è il bassista a tempo pieno e io corro in giro con Al e ci divertiamo un sacco. È diventato molto più divertente per me perché non sono più necessariamente il musicista meglio addestrato, quindi devo davvero pensare a quello che sto suonando. A volte ci vuole il divertimento.
Quando hai fondato i Dropkick Murphys nel 1996, avresti mai pensato a tutto questo successo?
No, mai. L’avevamo fatto solo per scherzo. È stata una sfida lanciata da qualcuno con cui ho lavorato. Lui disse: “Ti sfido a creare una band e a darle il via con tre settimane di preavviso”, e lo abbiamo fatto. Non credo che avrei potuto fondare una band in nessun altro modo, avevo bisogno di quella sfida. Non avevamo aspettative, quindi, essendo qua circa 25 anni dopo, non riesco nemmeno a capire come sia successo.
Vedo che avete più di un milione di follower sulla vostra pagina Facebook.
Siamo molto grati di questo.
Una mia collega ha la vostra canzone, “I’m shipping up to Boston” come suoneria sul suo smartphone. Puoi spiegarmi, secondo te, perché proprio quella è la vostra canzone più famosa?
Contiene pochissime parole, quindi tutti possono ricordarsela. C’è quella musica molto teatrale che attira l’attenzione della gente, sia che si tratti di sport o film. È stata la prima volta in cui non siamo stati troppo tecnici. Ti faccio un esempio: gli AC(DC, perché suonano così potenti? Perché si estendono in un grande spazio, non ti opprimono con qualcosa che puoi ascoltare sempre. “I’m shipping up to Boston” è stata per noi la prima volta in cui ci siamo estesi, e quando ampli gli orizzonti, tutto diventa più potente. Prima, nella nostra carriera, ci eravamo detti: “Dobbiamo solo essere rumorosi e rimanere rumorosi!” Interessante! Abbiamo avuto un approccio consapevole durante la registrazione di quella canzone, per darle un po’ più di respiro, ma poi, quando quegli accordi colpiscono, suona alla grande.
Avete scritto altre canzoni in questo periodo?
Sì. Abbiamo circa altre otto canzoni che ci piacciono, ma erano un po’ più oscure delle altre. Non che siano deprimenti, ma erano più pesanti e più arrabbiate, le inseriremo nel prossimo disco.
State pianificando un tour o state aspettando tempi migliori?
Stiamo cercando di pianificare, ma non andremo in tour fino a quando la situazione non migliorerà. Quindi, forse, si parla del 2022, speriamo di tornare alla normalità in quell’anno.
È un periodo strano perché io, da italiano, posso andare in Spagna oppure a Londra o in un altro paese come gli USA, ma non posso andare a Roma. Posso uscire dall’Italia, ma non posso andare a Milano. Non posso andare a Firenze…
Noi speriamo davvero tanto di poter tornare in Italia entro gennaio o febbraio del prossimo anno.
Bene! Ho finito le domande e ti ringrazio molto per il tuo tempo. Ti auguro tutto il meglio per questo nuovo album, vuoi aggiungere qualcosa e salutare i tuoi fan italiani?
Sì. Ci piace suonare in Italia, amiamo i fan italiani. Sono intelligenti quando si parla di musica, sanno di cosa stanno parlando. Sono cordiali, accoglienti e amichevoli con noi, sono molto rumorosi e cantano ad alta voce. Adoriamo l’Italia, e voi ragazzi avete trattato i Dropkick Murphy così bene in 25 anni che non vediamo l’ora di tornare, suonare di nuovo e vedervi tutti. Vi mandiamo tanto amore.
Ok, ti ringrazio ancora e ti auguro una buona giornata. Che ore sono adesso, là?
Sono le 11 e 15 di mattina.
Qui sono le 17 e 15.
Quasi tempo per la pasta! Ciao amico mio, Dio ti benedica!
MARCO PRITONI
Band:
Voce: Al Barr
Chitarre, flauto a fischietto, fisarmonica, piano, cori: Tim Brennan
Voce: Ken Casey
Chitarre, banjo, mandolino, cori: Jeff DaRosa
Batterie, percussioni, cori: Matt Kelly
Chitarre, cori: James Lynch
Basso live: Kevin Rheault
Cornamusa live: Lee Forshner
www.facebook.com/DropkickMurphys
www.instagram.com/dropkickmurphys
** ENGLISH VERSION **
On the occasion of the release of their tenth studio album, “Turn Up That Dial”, out on April 30th on their Born & Bred Records label, I had the pleasure of having a video chat with Ken Casey, founder and singer of Dropkick Murphys , the very famous celtic punk rock band from Boston.
Hi Ken, welcome to my room and to Tuttorock, how are you doing in general?
Thank you Marco! Great. Everything is great. Excited to get something to focus on with the new album and something to look forward to and hopefully to better days ahead.
Let’s talk a bit about this new album, “Turn Up That Dial”, which will be released next April 30th on your Born & Bred Records label, when did you write the songs?
We started in the late fall of 2019, and then we finished during the pandemic. Maybe half were written in December of 2019 / January of 2020, and then pick up again. Then we went on tour for February and March in Europe, and then right when we came home, the pandemic shut us down for, maybe three months. And then in the summertime, we started to work on the album again.
Was each song born from a different idea of one of you?
Yes. All the songs are always written from what’s in our heads and in our hearts, usually stuff we’ve experienced, not so much what we read in a book or saw in a movie.
How did you manage to record the album with all the restrictions due to the pandemic?
It has been different. We had to break it into shifts. The studio engineer and then one band member at a time. Draw first and then just keep wearing everything. It was difficult, but it felt like it was important to try to do. We wanted to accomplish this and not just say, “We’ll, wait till the pandemic is over.” It was good for us. It gave us a reason to get up and to have something to do every day. I think during the pandemic, the people that stayed more occupied did better mentally than the ones who maybe just watched the news all day and all the bad reports.
For the first time ever, close an album with a slow track, the heartwarming “I Wish You Were Here” written for Al’s late father, Woody Barr. I have to say you that I cried when I heard it, I think it can become a real hymn for each of us to remember some loved one we have lost. Do you agree with me?
I think that watching to the reaction of the fans to that song, shows that everybody’s experienced these feelings at one time in their life. The song becomes personal to them. And I think it also makes people think, not just about loved ones that have passed away, but maybe loved ones that they haven’t seen in over a year. They’re still alive, but they can’t go to visit. For example a grandmother has not hugged her grandchildren and things like that. So it serves for people to think about those losses too.
There are other songs on the album that can become hymns, one in particular struck me, H.B.D.M.F., can you tell me more about this song?
It’s just to make fun of some people who over celebrate their birthday. “It’s my birthday week. It’s my birthday weekend and it’s my birthday month!” We may or may not have a certain member of our band that likes to over celebrate their birthday for many, many days. Everybody has one of those people in their life. So it was just somewhat you have a laugh at people who do that and say, “No, no, no. You’re grown up now. You can’t do that!”. We made videos for nine of the 11 songs on the album, because without touring, it’ll be a good way to keep the album going. We’ll wait. We had a good time with writing that song and making the video.
How much fun did you have destroying a house in the “Smash Shit Up” video?
I want to do that every day (he laughs – Editor’s note). Everyone has those frustrations, so to be able to do that… It was a lot of power. But the man who owned that machine, he was very trustworthy to let me drive it because I don’t know what I’m doing. So, it was very funny.
How was the experience of the live streaming concert on St. Patrick’s Day for you who are used to having contact with the crowd?
Obviously, it’ll never be like having an audience there, but thank God that the technology exists, that we still have a way to connect. It’s almost like we’re providing a service, where were giving people something to look forward to on a time when there’s otherwise not much going on. We feel it’s important for us to be able to connect with the audience. We’re actually going to do another live stream on May 1st, the day after our album comes out. It will be like a record release party for our album.
If you had to define with a word what music is for you, which word would you say to me?
It’s a friend. Something you can count on.
For a couple of years you could not play the bass due to a surgical operation after a motorcycle crash. How difficult was that period for you?
It wasn’t bad. It was tough to be in pain, but now I’m still not playing the bass because I had so much fun to run around the stage. Now, on the live shows, we just have our Kevin friend, who’s been a friend for years and worked for the band for many years. He’s now the full time bass player and I just run around with Al and we have a lot of fun out there. It’s become a lot more fun for me because I wasn’t necessarily the best trained musician, so I had to really think about what I was playing. It takes the fun sometimes, out of it.
When you founded Dropkick Murphys in 1996, did you ever think you would have all this success?
No, never. We just did this as a joke. It was a challenge from someone that I worked with. He said, “I dare you to start a band and open for us in three week’s notice”, and we did. I don’t think I would have started a band any other way. I needed that challenge. We had no expectations, so to be around 25 years later, I can’t even understand how this happened.
I see you have more of one million of followers on your Facebook Page.
We’re very grateful.
A colleague of mine have your song, ‘I’m shipping up to Boston’ as a ringtone on her smartphone. Can you explain to me, in your opinion, why that song is your most famous song in particular?
There’s very few words, so everyone can remember. There is that very dramatic music that grabs people’s attention, whether it’s sports or movies. It’s the first time not to get too technical. I’ll give you an example: AC/DC, why do they sound so powerful? Because they’re spaced. They’re not overbearing you with something always happening. ‘I’m shipping up to Boston’ was the first time we ever left space. And when you leave space, it makes it sound more powerful when you do come in. And prior to that, in our career, we said, “We need to just be loud and stay loud!” It was interesting. That was a conscious approach when recording that song, to just leave it a little more open. But then when those chords do hit, it sounds that much bigger.
Have you written any other songs in this period?
Yes. We have about eight other songs that we love, but they were just a little darker. Not that they’re depressing, but they were heavier and angrier. We’ll do that for the next record.
Are you planning for a tour or are you waiting for better times?
We’re trying to maybe plan, but not really tour until it’s better. So maybe 2022, we think hopefully we’ll be back to normal.
It is a strange period because I, as Italian, I can go to Spain or to London or to another country like the USA, but I can’t go to Rome. I can go out of Italy, but I can’t go to Milan. I can’t go to Florence…
We hope to maybe be back in Italy by January or February of next year.
That sounds good. I finished the questions and I thank you very much for your time. I wish you all the best for this new album. Do you want to add something and say hello to your Italian fans?
Yes. We love to play in Italy. We love the Italian fans. They’re smart about music. They know what they’re talking about. They’re warm and welcoming and friendly to us. They’re so loud and sing along loud. We just love Italy, and you guys have treated Dropkick Murphy’s so well over 25 years and we can’t wait to come back and play again and see you all. And lots of love from us to you.
OK, so I thank you again and have a have a good day. What time is it now, there?
It’s 11:15 am.
Here is 5:15pm in the evening.
Almost time for pasta! Bye my friend, God bless you!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.