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DISH IS NEIN – Intervista a Cristiano Santini

DISH IS NEIN – Intervista a Cristiano Santini

In occasione dell’uscita dell’EP “The Metal Machine”, ho avuto il piacere di intervistare Cristiano Santini, dal 1988 al 1997 voce dei Disciplinatha, una delle più controverse, discusse ed innovative band del panorama musicale indipendente italiano degli anni 90 e, in seguito, della nuova creatura Dish Is Nein.

L’EP contiene la versione rivisitata e riarmata del brano “Man Machine” dei Kraftwerk uscito su digital streaming il primo dicembre 2022, un universo distopico, nichilista e fallimentare dell’idea di “società e culture condivise” che tanto hanno animato i fautori di quel “canone europeo” miseramente e rovinosamente fallito, come ampiamente dimostrato in questo primo ventennio del terzo millennio. Del resto, e dopo tutto, siamo ancora schiavi dei liberatori, siamo culla di una cultura secolare che drammaticamente non riesce ad emanciparsi dal dozzinale mainstream prêt-à-porter d’oltreoceano.

La versione 2.0 di questo brano dei Kraftwerk, mantiene lo stesso taglio transumanista della precedente, ma qui è il metallo a prevalere sul sangue, il crepuscolo a schiacciare qualsiasi speranza di risveglio, siamo in guerra e non ne usciremo migliori.

Vuole inoltre rappresentare la fine di un ciclo, Dish is Nein non sarà mai più lo stesso, se mai tornerà ad essere qualcosa. Qui le figure cardine di questa esperienza vengono destrutturate, distorte, in parte annullate. L’intenzione era quella di rendere il disagio che schiaccia i cuori ed opprime le menti. Cercavate forse conforto? Provate al civico successivo.

Ciao Cristiano e benvenuto su TuttoRock, come mai per l’uscita di “The Metal Machine” hai scelto proprio il 22 aprile, data che coincide con il Record Store Day 2023?

Ciao Marco, in realtà si tratta quasi di una casualità. L’idea di far uscire un vinile 12” che contenesse la cover dei Kraftwerk e un remix, in questo caso fatto da Andy Selway dei KMFDM, è una storia antica che risale al 2019. Si pensava, insieme all’etichetta Contempo Records, in attesa di avere un album, di far uscire un prodotto che avesse, per il tipo di configurazione, la possibilità di poter potenzialmente interessare un pubblico straniero perché, comunque, Dish Is Nein in Italia può essere considerato un prodotto di nicchia. Il prodotto doveva uscire per il Record Store Day 2020 poi, il Covid prima, una serie di problemi lavorativi poi, la malattia di Dario in ultimo, sono cose che hanno fermato tutto. Dopo la scomparsa di Dario e, visto che “The Man Machine”, la versione uscita nel dicembre del 2022, che già suonavo dal vivo nei concerti, conteneva tanto lavoro dello stesso Dario, ho voluto finalizzarla e l’ho voluta far uscire il primo dicembre perché sarebbe stato il suo compleanno. Poi c’è stata una serie di cose per cui il giorno dopo l’uscita del brano su Spotify mi contattò Alessandro Nannucci di Contempo Records parlandomi dell’eventualità di fare qualcosa su vinile da far uscire per il Record Store Day. Questa cosa va ad aggiungersi a un sentimento che avevo io dopo l’uscita del brano su piattaforma digitale perché sentivo la necessità di avere una versione diversa di quel brano che dovesse dire cose che non erano state dette, era un viaggio mentale mio, le due cose si sono sposate e da qui l’uscita per il Record Store Day. In ultimo, non in quanto ad importanza, il voler fare una versione diversa per dare una valenza diversa all’oggetto.

Un brano che, dalla visione futuristica di una band altrettanto futuristica, viene trasformato fino a diventare un manifesto di un fallimento globale, una sorta di rassegnazione.

È un brano che, da un lato, intimamente ma nemmeno troppo vuole rappresentare la fine di un ciclo perché, ammesso e non concesso che in futuro Dish Is Nein faccia qualcosa di nuovo, dovrà inevitabilmente essere qualcosa di molto diverso perché quel signore là (indica la foto di Dario Parisini posta sul mixer – ndr) non lo sostituisci né come chitarrista né come entità artistica. Di conseguenza, ho pensato che, e qui mi riallaccio alla domanda che mi hai fatto prima, sentivo la necessità di fare una seconda versione di quel brano, l’ultimo al quale abbiamo lavorato insieme, che dicesse delle cose, in primis che Dish Is Nein com’era non esiste più. Ho quindi pensato di smontare il brano, ho tirato via gli elementi cardine dell’esperienza Dish Is Nein, ho tirato via la mia voce e ho lasciato solo quella fatta col vocoder, ho tirato via il basso di Roberta e ho inserito una linea di basso elettronica, le chitarre di Dario le ho lavorate e ho tolto loro centralità. In più è un brano scurissimo, distopico, mi piace dire che è un brano dove l’acciaio sostituisce la carne, il sangue, dove il freddo è una visione cupa, figlia di due anni di pandemia, di una guerra dentro la quale ci troviamo senza nemmeno saper il perché, soprattutto figlio del fatto che, dal mio punto di vista, quello che è successo negli ultimi tre anni, ci ha dato un ulteriore termometro di ciò che è l’essere umano oggi, ovvero poca roba. Si diceva “ne usciremo migliori”, no, ne siamo usciti peggiori, la società occidentale per come la conosciamo non esiste più, si è disgregata. Il concetto di Europa che i padri fondatori pensavano non esiste più, è un fallimento assoluto e questa guerra ne è l’esempio più lampante, continuiamo ad essere la escort degli Stati Uniti d’America perché la verità è questa, che ci piaccia o no, e quello che è successo è la dimostrazione, e non ce n’era bisogno, che l’Europa continua ad essere la ruota di scorta degli Stati Uniti che qui fanno quello che vogliono. In Italia continuiamo ad avere testate nucleari non italiane ma americane, sembra una cosa normale, io non la trovo assolutamente così, anzi, è una cosa terrificante anche perché ci identifica come un potenziale bersaglio nucleare per delle testate non nostre. Stiamo facendo delle robe in questa guerra che sono borderline con la Costituzione, anzi, sono abbondantemente oltre. Nel Lazio stiamo istruendo militari ucraini, sono cose che vanno al di là di ogni dettame istituzionale e nessuno dice nulla. Mi ricordo che, poco più di un anno fa, allo scoppio della guerra in Ucraina ci fu una manifestazione pacifista in piazza a Firenze, con bandiere della pace, arcobaleni, eccetera, e in collegamento Zelensky a chiedere la no fly zone, ad invocare la terza guerra mondiale, e tutti ad inneggiarlo. I pacifisti che inneggiano alla terza guerra mondiale, il corto circuito globale è servito su un piatto d’argento. The Metal Machine vuole raccontare questo, il disastro che stiamo vivendo o che, per meglio dire, tanti di noi stiamo subendo in questi ultimi anni, schiacciati da un pensiero unico per cui, nel momento in cui ti ponevi domande due anni fa sull’efficacia di un vaccino eri un no vax, se oggi ti fai una domanda sulla crisi tra Russia e Ucraina sei un filo-putiniano. Come ti sposti dai dettami del pensiero unico sei automaticamente bannato, hanno deriso Luc Montagnier che fino a due giorni prima era un illustre scienziato, che aveva scoperto il virus dell’HIV  e ad un certo punto era diventato un vecchio rincoglionito no vax. Cose agghiaccianti e tutti a dire sì sì in maniera acritica, non c’è la voglia o la capacità di andare oltre all’informazione di regime, perché è di questo che stiamo parlando.

A proposito, più di 30 anni fa cantavate “Crisi di valori”, oggi possiamo dire di essere arrivati alla morte dei valori?

Questa nostra tendenza, detta in maniera più edulcorata, nel voler essere delle cassandre, detta più alla buona nel voler portar sfiga, arriva a presentare il conto oggi. All’inizio degli anni ’90 parlavamo di una crisi di valori riferita ad un certo modello di società, oggi questi valori non esistono più, sono stati distrutti, triturati, maciullati, e questa società non esiste più, distrutta, triturata, maciullata da un quarto di secolo di liberismo economico prima che è diventato liberismo sociale poi, sponsorizzato prima di tutto, paradossalmente, dalla sinistra. E qui siamo ad un ulteriore cortocircuito, un governo con Berlusconi, Salvini e la sinistra non si può vedere da nessuna parte. In realtà questa sinistra, che di sinistra non ha nulla, negli ultimi 30 anni ha smesso di fare politica in funzione di qualcosa ed ha iniziato solamente a far politica contro qualcuno. Una sinistra a pezzi che andava a tirar fuori lo spettro del fascismo, come se qualcuno potesse credere che il fascismo vissuto cento anni fa potesse tornare, quando in realtà c’è una forma di fascismo molto più subdola e pericolosa. Una sinistra che critica e osteggia chiunque si fermi un attimo a porsi delle domande. Di queste cose ne parlava Pasolini negli anni ’70, nel suo libro “Il fascismo degli antifascisti”, e questa cosa di voler essere per forza inclusivi li ha resi, al contrario, drammaticamente esclusivi.

Tornando a parlare di musica, hai rivisitato anche in passato brani di altri artisti come Franco Battiato o i Joy Division facendoli tuoi. Stavolta, invece, è un vostro brano, “Eva”, che viene rivisitato da Andy Selway dei KMFDM, da cosa è nata quest’idea?

La collaborazione è nata da un’esigenza, di cercare un artista, una band in qualche maniera affine al sound Dish Is Nein e che fosse conosciuta a livello internazionale, per il famoso discorso che ti facevo prima, per provare a fare un prodotto da poter esportare all’estero. Justin Bennett, il batterista che aveva suonato sul nostro primo EP, che è anche un mio caro amico, conosceva bene Andy Selway e mi disse che avrebbe potuto mettermi in contatto con lui. Si dimostrò molto interessato a questo tipo di collaborazione, gli mandai l’EP e gli dissi: “scegli quello che senti più nelle tue corde, poi ti mando le tracce per fare il tuo remix”. Scelse “Eva” e nel 2019 mi mandò le tracce aperte che avrei poi chiuso io in studio, cosa che sono riuscito a fare di recente, a gennaio, quando ho riaperto il progetto per fare questo nuovo EP. Ha fatto un gran bel lavoro, è un brano che si presta molto al loro sound e si sente tanto, lui poi ha anche risuonato la batteria che sentite nel remix.

Parlando prettamente di musica, visto che tu sei anche produttore, è tutto perduto o riesci ad intravedere ancora qualcosa di propositivo?

Qualcosa si nuovo e propositivo non lo so, io sento delle cose interessanti, purtroppo non qui. Per l’ennesima volta, in Italia, rappresentiamo l’eccezione, non so se ti ricordi quell’edizione di Sanremo senza pubblico. Il Festival di Sanremo, come sappiamo, è l’esemplificazione della musica mainstream, come è logico che sia, una manifestazione dedicata alla musica commerciale, dove commerciale non vuol essere per forza un termine negativo, negli anni sono uscite cose molto buone, mi vengono in mente “Vacanze romane” dei Matia Bazar o “Tutti i miei sbagli” dei Subsonica ad esempio. L’85% degli artisti che facevano parte del roster di quell’anno presero parte, lo stesso anno, anche al concerto dei sindacati del primo maggio, che da sempre rappresenta il concerto della scena underground italiana. Ci siamo quindi trovati nella situazione anomala in cui il gotha del mainstream italiano coincideva con il gotha dell’underground italiano, cosa che all’estero non ha eguali. Ci sono sì realtà interessanti in Italia con le quali ho avuto e ho ancora la fortuna di collaborare, ma parliamo di mosche bianche. Se devo parlare di ciò che vedo in giro nei concerti di speranze ce ne sono veramente poche, parlo ovviamente secondo il mio punto di vista. Mi rendo conto che oggi ci siano tantissimi artisti appartenenti alla cosiddetta scena indie che pescano a piene mani dal cantautorato italiano degli anni ’70, è ovvio che un ragazzino di 17 anni quasi sicuramente non conosce i cantautori degli anni ’70, quindi parliamo di una cosa diversa rispetto ad un cinquantenne che ha vissuto quegli anni e che non trova quindi nulla di nuovo. Io stesso ho dei riferimenti quando faccio musica, se uno ascolta il primo EP dei Dish Is Nein li coglie, ci può trovare i Nine Inch Nails, i Massive Attack, c’è la new wave, d’altronde vengo da lì, c’è tutto il mio background, ma una cosa sono i riferimenti, un’altra è prendere pari pari le cose del passato e impacchettarle.

Mi piacerebbe parlare con te di un album che ha diviso i vostri fan, e ha diviso anche voi stessi, un album che io considero bellissimo, “Primigenia”, con il senno di poi, lo rifaresti quel disco?

Semplicemente, per tutta una serie di situazioni, ho un rapporto conflittuale con quel lavoro perché nasce da un periodo di problemi interni alla band e da problemi con l’etichetta. In realtà ho il rimpianto perché lo considero un disco incompiuto, poteva essere tutto molto più interessante, poteva suonare meglio, lo mixai io e feci un lavoro indegno. Quando lavorammo nel 2012 al cofanetto “Tesori della patria” ero carichissimo, purtroppo però una parte dei nastri andò perduta, mi chiusi in studio per 10 giorni e feci per la versione in vinile un mastering da malati di mente e ne sono uscito un minimo rinfrancato con me stesso perché suonava un po’ meglio. Quell’album segna la fine, è palese, non è stato voluto, non abbiamo scelto quel suono, anche il periodo in studio fu travagliato perché venimmo lasciati da soli dall’etichetta, con Dario dovevo sempre litigare, dovevo spingerlo a suonare, lui aveva accusato molto questa situazione di dissidi interni. Da un lato c’era la possibilità ventilata da tanti di fare il salto ma alcuni di noi, pensando a com’erano nati i Disciplinatha, pensavano che il salto significasse il fallimento della nostra esperienza, saremmo entrati in un meccanismo che avevamo da sempre osteggiato in tutte le maniere. Non sfociò mai in lite ma tutto rimaneva circoscritto alla dialettica, in più, come ti dicevo, c’erano problemi con l’etichetta, a mixare c’era Bruce Morrison che venne chiamato a Cerreto perché i CSI stavano facendo le prove del tour e avevano bisogno di lui, io rimasi in studio da solo con la capacità tecnica di gestire l’attrezzatura ma l’incapacità mentale e artistica di riuscire a dare un suono a quel lavoro.

Quando arrivaste nel mondo della musica, faceste molto parlare di voi, soprattutto esponenti di una stampa superficiale che, non comprendendo a fondo il vostro messaggio, vi diedero dei fascisti. Oggi, che la superficialità è ancor più evidente in ogni ambito, come pensi verrebbe accolta una band come i Disciplinatha?

Se tu ci pensi, con dei presupposti completamente diversi, un po’ di tempo fa c’è stato questo battage mediatico su una crew hip hop, i P38, dei ragazzi di 17/18 anni che utilizzavano un determinato immaginario, stella a 5 punte eccetera. Scoppiò il pandemonio, indagini della procura, li hanno massacrati, erano solamente dei semplici ragazzi che volevano fare qualcosa per stupire. Mi viene in mente quando uscì lo speciale di Mixer sui Disciplinatha, quando la gente intervistata diceva: “non va bene, è una provocazione ma non si può provocare con questi strumenti”, ma chi decide con quali strumenti provocare? Chi decide i paletti? Qual è il senso intrinseco dell’arte? Tutti hanno parlato di provocazione riguardo ai Disciplinatha ma io ho sempre detto in tutte le lingue che la nostra era una reazione ad un determinato stato di cose che non ci piaceva, che ci opprimeva. Con cosa potevamo reagire? Con ciò che ci riusciva meglio, con immagini, suoni, musica e parole, utilizzavamo sì dei simboli ma destrutturandoli per dar loro dei significati diversi all’interno di un altro contesto. L’immaginario del ventennio, per semplificare era: parliamo dei vecchi fascismi per accendere la luce sui nuovi fascismi. Se pensi al primo EP dei Dish Is Nein, c’è un fortissimo uso dell’immaginario cattolico, qualcuno ci ha chiesto: “Ma con la vecchiaia siete diventati cattolici?”, Dario non so, io, personalmente sono agnostico (ride – ndr).

MI hai già risposto prima ma vorrei ribadire questo punto, io, personalmente, e parlo da ascoltatore e non da amico, trovo che Dario sia insostituibile all’interno del vostro progetto, questo “The Metal Machine” sarà il commiato dei Dish Is Nein?

In realtà in questo momento non so se ci sarà un futuro per i Dish Is Nein, ti posso dire che Roberta, anche se vive per la maggior parte in Liguria dove assiste il padre malato, ha scritto un po’ di cose che trovo interessanti. Quando ci siamo visti ci siamo parlati e l’idea di provare a metter giù qualcosa per vedere se si crea materiale interessante c’è. Da questo punto di vista siamo messi un po’ come io e Dario nel 2012 dopo la data di reunion dei Disciplinatha, c’era voglia di fare cose ma non eravamo certi dopo tanti anni di essere ancora in grado di fare qualcosa che non fosse un’operazione nostalgica, insomma, una cover band di sé stessi, di quelle purtroppo il mercato è già pieno. L’idea fu di andare avanti e provare, prima o poi tutti arrivano a mettere la parola fine sulla propria attività, le cose ci piacquero e lì iniziò l’operazione Dish Is Nein. L’idea ora è, ci troviamo e lavoriamo a qualcosa di diverso, non ci saranno ovviamente chitarre né sul disco né sul palco, sarà difficile arrangiare tutto il materiale passato in quella chiave ma vogliamo metterci alla prova, ci metteremo a lavorare e, se la roba che uscirà ci rappresenterà per ciò che siamo oggi, allora qualcosa verrà fatto.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Grazie a te, vorrei aggiungere che, da un po’ di mesi, con un mio carissimo amico, Federico Bologna, tastierista, con il quale abbiamo fatto varie collaborazioni tra cui la scrittura delle musiche di due album che ho prodotto di Miro Sassolini, ci siamo detti: “non abbiamo mai fatto nulla per noi, siamo vecchi, prima di lasciarci le penne facciamo qualcosa insieme”. Da qui nasce questo progetto che è quasi in chiusura, è un EP, i brani sono già scritti, arrangiati e prodotti, devo mettere le voci sopra ad alcuni di essi, è un lavoro profondamente elettronico, sono molto contento perché per me è uscito un sound pazzesco, ci sono tutti i riferimenti miei e di Federico, io e lui ci incastriamo sempre bene, lui è un tastierista e programmatore di synth estremamente bravo mentre io sono un produttore e da sempre mi trovo molto a mio agio con la definizione delle ritmiche. La cosa particolare di questo progetto è che abbiamo fatto tutto con le macchie e il computer l’abbiamo usato solo per registrare, è un progetto fatto alla vecchia, si chiamerà XNX e l’EP si chiamerà “Beautiful World” perché contiene al suo interno la cover profondamente rivista di “Beautiful World” dei Devo. Entro l’estate sarà pronto, devo capire se gestire tutto il lavoro solo ed esclusivamente con la mia piccola label Black Fading oppure, visto che per me è un tipo di progetto che si presta molto bene ad una distribuzione estera, se Contempo potrebbe essere interessata perché, detto come va detto, mi piacerebbe portarlo al Wave Gotik Treffen di Lipsia.

MARCO PRITONI

DISH IS NEIN:

Dario Parisini – chitarra & “incursioni a volo radente”

Cristiano Santini – voce, synth, programming

Roberta Vicinelli – basso

Marco “Samu” Bolognini – batteria

Coro Monte Calisio – voci epocali

Andy Selway by KMFDM: “Eva” Remix

Registrato e Mixato da Cristiano Santini c/o Morphing Studio Bologna

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