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didio – Intervista sul nuovo singolo “I sogni di un’estate” e sull …

didio – Intervista sul nuovo singolo “I sogni di un’estate” e sull …

osvaldo di dio estate 2020

In occasione dell’uscita del nuovo singolo “I sogni di un’estate”, uscito a nome “didio” come i precedenti “Mi gira la testa”, “Naufraghi” e “inevitabile”,  ho ritrovato dopo qualche mese Osvaldo Di Dio, musicista procidano di nascita e milanese di adozione classe 1980 che, come chitarrista, ha collaborato col grande Franco Battiato, con Eros Ramazzotti e con Cristiano De André, oltre che con con Francesco Cameli (Ed Sheeran, Adele, Queen, Duran Duran), Craig Bauer (Ed Sheeran, Justin Timberlake, Kanye West) e Chris Kimsey (The Rolling Stones, Led Zeppelin, Peter Frampton, B.B.King, Marillion, ELP). La precedente intervista era stata fatta prima del lockdown, le cose ora sono cambiate per tutti e, ovviamente, anche per Osvaldo. Ecco cosa mi ha raccontato.

Ciao Osvaldo, bentornato su Tuttorock, innanzitutto come va in generale?

Ciao Marco! È sempre un piacere per me, vi leggo sempre molto volentieri anche quando non sono coinvolto direttamente, vedo sempre interviste interessanti, complimenti. Ci eravamo sentiti a febbraio e c’è stato un periodo un po’ turbolento che ho affrontato ed aiutato ad affrontare tramite le dirette quotidiane, puntando su una formula in cui credo molto, ovvero quella dell’intrattenimento educativo. Si può in qualche modo storicizzare la grande musica del passato traendo un insegnamento anche dal giovamento e dal piacere che si ha nel riascoltare brani storici imparando anche tutta la storia della musica, come si è arrivati a registrare e produrre quel brano, il perchè sono state fatte certe scelte a livello del testo. Penso ci sia tutto un mondo da scoprire considerando che dalla metà degli anni 60 alla metà degli anni 90 c’è stato quello che io chiamo “rinascimento musicale” che, purtroppo, non ha avuto un seguito. Paragono quel periodo al Rinascimento vero e proprio dove hanno continuato a dipingere anche dopo quel periodo e, prima che arrivasse una nuova corrente che potesse essere più o meno al livello di quella precedente, c’è stato un periodo in cui si è potuto solamente storicizzare. Fermo restando che c’è comunque una bell’aria fresca, o almeno c’era prima di questo casino del Covid, forse un ricambio generazionale è possibile, bisogna però misurarsi con i grandi capolavori scritti negli anni precedenti. Queste sono cose in cui credo fermamente.

All’inizio delle tue dirette ti sei concentrato di più sui grandi cantautori italiani come Fabrizio De André, Ivano Fossati, Franco Battiato e altri, poi hai ampliato il tuo repertorio con artisti internazionali, migliorando, a detta di tutti, anche il tuo canto, ti senti più ricco artisticamente e tecnicamente dopo questa esperienza?

Sì, ho fatto un viaggio attraverso tutto quello che pensavo fosse il meglio della produzione di quegli anni. La scelta di partire dal repertorio esclusivamente italiano è stata legata al periodo difficile che stavamo vivendo, per me era importante stringerci attorno a brani che ci facessero sentire in qualche modo a casa. Ho voluto prediligere i cantanti di cui hai parlato anche in base a quelle che sono state le mie dirette collaborazioni, con Cristiano De André rileggendo i brani di Fabrizio, con Franco Battiato eccetera. Poi ho suonato tanti brani di Pino Daniele, tanti mi chiedevano di suonarli e questa cosa mi ha fatto molto piacere perchè ho notato che c’è una sorta di associazione mentale, sarà che ho tanti punti in comune con lui e che effettivamente se penso alla sua unicità nell’essere chitarrista e cantante napoletano il cerchio si restringe. Infatti quest’estate farò dei concerti con Gigi De Rienzo e Rosario Jermano che sono stati due musicisti del disco “Nero a metà” di Pino, proprio per consolidare questa mia volontà di continuare a percorrere il suo sentiero. Tutto questo passaggio attraverso questa musica straordinaria sicuramente mi ha arricchito e ringrazio tutti quelli che sono stati con me in quei pomeriggi, te compreso ovviamente.

Parliamo di questo nuovo singolo, “I sogni di un’estate”, com’è nata la canzone?

É un pezzo che risente molto di più della mia storia, del mio essere napoletano, soprattutto per una scelta armonica e dello sviluppo della melodia. È un mondo che non avevo esposto in maniera evidente nei precedenti lavori ma sentivo e sento il desiderio di farlo sempre di più. È uno dei brani che ho iniziato a scrivere alla fine del 2018 dopo il concerto dedicato a Pino Daniele che ci fu nel giugno di quell’anno allo Stadio San Paolo di Napoli, lo stesso anno in cui Rosario Jermano mi spinse ad intraprendere la carriera di cantautore come fece con Pino. Fresco di quell’esperienza sono venuti fuori dei brani che risentono molto di quell’influenza, all’inizio c’erano anche delle frasi in napoletano nel testo, è stata dura scegliere se lasciarle o no poi, onestamente, penso che il napoletano sia una lingua internazionale alla quale devi arrivarci o tornarci facendo un giro largo, nel senso che devi aver conquistato un certo peso per poterla utilizzare altrimenti rischi di essere associato ad un fenomeno locale, è un po’ come quando Mina ha fatto due  dischi in napoletano, è un discorso completamente diverso. Per ora non me la sono ancora sentita ma non escludo che questo in futuro possa accadere. Testo e musica nascono abbastanza insieme, com’era anche per Pino che scriveva dei pezzi in cui il testo veniva utilizzato esclusivamente per la ricerca del suono di quella parola e questo è stato l’approccio iniziale, la musica è rimasta la stessa ma ho ripreso in mano il testo, perchè il testo, secondo me, è la vera sfida. Sento che tanti si accontentano nella scrittura di un testo, non c’è una poetica o una ricerca profonda, alcuni rapper, per assurdo, hanno trovato un linguaggio anche molto forte, diretto, penso ad esempio a Salmo, però per quanto riguarda i cantautori ci sono sì delle belle cose ma possono volerci anche mesi per scrivere un testo come si deve. Cristiano mi raccontava che suo padre Fabrizio rimandava l’uscita di un disco anche di alcuni mesi finchè non trovava la parola che stava cercando. Mi ricordo anche di un’intervista di Fossati in cui lui diceva che all’epoca faceva, insieme ad altri cantautori, vera e propria letteratura, non solo musica. Penso che, se si vuol fare cantautorato italiano, sia necessario questo tipo di consapevolezza, che poi è una sofferenza enorme, ti vai ad infilare in un vicolo stretto e buio dal quale farai fatica ad uscire, però un brano è come un tatuaggio che ti porti sulla pelle tutta la vita e prima di farlo uscire devi pensarci tante volte ed essere convinto che meglio di quello non potrà mai essere. Quindi mi autoinfliggo questa cosa ogni volta però sono sempre contento del risultato come è successo in questo caso.

Sono d’accordo, in un momento in cui escono canzoni cariche di superficialità è bello sentire queste tue parole.

Ma sì, tanti sono prodotti di marketing, non ho paura a farti nomi e cognomi, l’ho scritto anche in un post su Facebook qualche giorno fa che vedo tanti fenomeni da baraccone che vengono bene nelle foto e forse dovrebbero fare i fotomodelli. Prova a pensare ad un pezzo degli ultimi 5 anni, ti rimane in mente qualcosa? A me resta nella mente il brano di Sanremo di Tosca, che non a caso ha vinto due targhe Tenco, è stato scritto da un grande artista che per tanti anni è stato al fianco di Fossati, Pietro Cantarelli. Non voglio dire per forza che tutto quello che quello che c’è stato prima sia necessariamente meglio, ma per far sì che si possa essere raggiungere o almeno avvicinare quel livello occorre un grande lavoro, una grande profondità ed una elevata serietà. Mi viene in mente una frase di Fabrizio De André che parlava di canzone di consumo e canzone d’autore, sono due belle definizioni, non c’è niente di male, entrambe hanno una loro dignità, però come ho sentito dire da Corrado Rustici, una cosa è l’intrattenimento, un’altra è l’arte o, come diceva Joni Mitchell, ad un certo punto devi decidere se vuoi essere una star o un artista. Poi, una volta su mille, succede il miracolo tipo “La voce del padrone” di Battiato che, nel 1981 vendette più di un milione di copie e l’arte in casi come quello diventa anche intrattenimento, ma questa è l’eccezione, non la regola. Ho visto la tracklist del disco di Achille Lauro, sono tutte cover dance degli anni 90, non capisco come possa essere stato eletto chief creative director di Elektra, un’etichetta che ha fatto la storia della musica, penso che si stia un po’ troppo navigando a vista. Io cerco di fare il meglio che posso per un’onestà intelettuale prima di tutto nei confronti di me stesso e anche nei confronti di chi avrà voglia di ascoltarmi e sono convinto che si possano ancora fare belle cose.

Hai girato il video di “I sogni di un’estate” a Procida, la tua isola, raccontami un po’ di chi è stata l’idea e chi l’ha girato.

È stato girato da una coppia di videomakers, si chiamano @ nice & good, hanno deciso di sfruttare al massimo lo scenario dell’isola con una tecnica particolare che è una sorta di stop motion ma non lo è veramente, sono tutte scene girate più o meno con la stessa inquadratura, sempre in uno scenario diverso in cui io canto ovviamente sempre la stessa canzone, e sono montate tra loro con un ritmo tale che tu possa fare un viaggio nel mare e nelle strade di Procida ascoltando nel frattempo il brano. L’idea è piaciuta talmente tanto che addirittura il comune di Procida ci ha dato il suo patrocinio, mi auguro possa essere un video che potrà incuriosire anche tutti quelli che avranno voglia di scoprire l’isola, soprattutto in un’estate così particolare come quella di quest’anno.

Hai in previsione altri singoli o un LP?

Come sai sono saltati un po’ tutti i programmi, sicuramente ci sarà un’altra uscita entro la fine dell’anno. Ne stiamo discutendo in questi giorni con la mia etichetta, l’album probabilmente sarà rimandato alla prima metà del 2021, continuando a cercare di capire come sarà meglio muoversi. A me comunque non spaventa l’idea dei singoli, ho più certezza che venga ascoltato con attenzione il brano. Troppe volte sento dire o vedo che le persone ascoltano un disco skippando ogni 20 secondi, quindi un disco di 10 brani al quale hai lavorato un anno e mezzo si riassume in un minuto e mezzo di ascolto, preferisco quindi fare uscire un brano alla volta così magati a un minuto di ascolto ci arrivi. Penso comunque che, con un video così, verrà la voglia di vederlo tutto.

Durante il lockdown hai anche dato alla luce un EP esclusivo per chi ha seguito i tuoi house concert, ne prevedi altri?

Mi fa piacere che tu mi faccia questa domanda perchè sono contento di poter parlare di questo gruppo nato spontaneamente su Facebook. Come dicevo prima, ho fatto queste dirette dal mio profilo Facebook ogni pomeriggio, dopo aver visto che c’era molto affetto, che tutti aspettavano quell’appuntamento con entusiasmo, ho deciso di creare un gruppo chiuso, privato, che in poco tempo ha superato i mille iscritti. È una vera e propria tribù, tanti marketer americani, uno su tutti Seth Godin, parlano di questa cosa, io ne sono venuto a conoscenza tramite Max Belladonna, un artist developer che mi segue da diverso tempo, c’è questa teoria dei mille fan, il punto non è pensare di voler pensare per forza al voler riempire San Siro o il Forum di Assago, quello fa parte di logiche vecchie, tutti ci auguriamo che possa accadere ma ci vuole una strategia più realistica che sta nel costruire un tuo seguito, anche ristretto, di persone che ti seguono direttamente. Facendo così, tu hai un rapporto diretto con i tuoi superfan e hai una carriera che diventa sostenibile e non hai bisogno di una casa discografica o di un’agenzia che ti organizzi i concerti. La difficoltà è creare questa tribù, solitamente ci vogliono anni, queste dirette hanno accelerato il processo e si è creato questo gruppo all’interno del quale propongo materiale in esclusiva come questo EP, quindi potrebbero essercene altri e mi coccolo tutti i miei superfan uno per uno te compreso. La mia convinzione è che un artista indipendente deve per forza avere uno sviluppo ed un percorso completamente diversi da quelli di un artista che ha firmato per una major, sono due sport diversi.

Pensi che gli house concert potranno essere il futuro della musica live o i concerti con il pubblico presente saranno comunque la modalità preferita da artisti e fan?

Il problema è che viviamo in un momento di grande in certezza, anche quelli che hanno rinviato i concerti al 2021 non hanno la certezza di poterli fare. Tutto il music business è col fiato sospeso, magari  molti hanno la solidità per restare un anno fermi ma, quando gli anni diventano due o tre, le cose cambiano. Ci sono molte contraddizioni, le persone si assembrano nei bar ma i concerti non si possono fare ma le regole sono queste. Gli house concert possono essere il futuro per tutti gli artisti indipendenti, dato che, come dicevo prima, si gioca un altro sport e uno deve pensare a giocare la propria partita. Un house concert con 20 o 30 persone può essere un buon risultato, se poi pensiamo che quello stesso concerto può essere trasmesso in streaming, le persone possono diventare 300 e può nascere una platea interessante per un artista. Anche per la questione follower, ho visto succedere cose spiacevoli lavorando nel passato come turnista con ragazzi che uscivano dai talent e che si trovavano nel giro di pochi anni a passare da un milione di follower alla situazione in cui non rispondeva nemmeno più al telefono la casa discografica. Quello che conta non è la qualità ma la profondità, stessa cosa per i like, uno magari ha mille like da mille sconosciuti, l’altro ne ha dieci ma in mezzo ha Mark Zuckerberg. Nei miei house concert il pubblico era composto da esperti di musica come te, da addetti ai lavori, da musicisti. Mi ricordo una cosa che disse Guy Pratt che suonava con i Pink Floyd, ovvero che aveva più timore a suonare in un club davanti a 20 persone rispetto a farlo in uno stadio davanti a migliaia di fan, lì fai parte di una macchina, provi per due mesi, schiacci play e vai col pilota automatico. Tanto di cappello per Stef Burns che, durante il concertone di Vasco al Modena Park, nonostante ci fossero 200mila persone, non si è risparmiato per niente, lì vedi il cavallo di razza.

Come l’hai presa la frase del Presidente del Consiglio Conte “I nostri artisti che ci fanno divertire”?

Qua mi stai proprio provocando, avrei voluto fare un post su Facebook poi però poco dopo venne a mancare Ezio Bosso ed ho preferito tacere. Avrei voluto scrivere testuali parole: “Per tutti quelli che si sono sentiti offesi dalle parole del Presidente Conte, vorrei rassicurarli dicendo di non preoccuparsi perchè voi non fate divertire e nemmeno appassionare, non si stava rivolgendo a voi. Scusate se vi rovino la giornata ma, probabilmente, non siete nemmeno artisti.” Secondo me non ha detto niente di male, cosa c’è di meglio di un artista che ti fa divertire, ti da un po’ di spensieratezza e ti fa appassionare, ti sa emozionare, per me non poteva trovare parole migliori. Se un artista non sa divertire o non sa appassionare vuol dire che c’è qualcosa che non va. Penso anche alle parole di Franco Battiato, “Un pò di leggerezza e di stupidità”, infatti il disco “La voce del padrone” è un disco divertente ma ha contenuti che ti fanno ragionare. Chi se l’è presa per la frase di Conte è un po’ un accademico, non bisogna mai perdere il rapporto col pubblico, il pubblico ha bisogno di divertirsi appassionandosi.

Hai parlato prima dei concerti previsti in trio, vuoi dirmi qualcosa di più?

Faremo alcune date al Sud con Gigi De Rienzo, bassista e produttore storico che ha suonato con Pino Daniele, Edoardo Bennato, Eduardo De Crescenzo, e Rosario Jermano che ha suonato con Pino, Fabrizio De André, Mia Martini, Fiorella Mannoia. Io e loro due ci siamo trovati complementari perchè ognuno ha collaborato con artisti diversi, io con Battiato, Ramazzotti, eccetera, metteremo in atto esattamente la formula di cui abbiamo parlato in questa intervista, ognuno racconterà qualcosa che lo lega a quel brano, o perchè l’ha registrato in studio o perchè l’ha suonato dal vivo. Sarà come ripercorrere la storia della musica nel suo periodo più florido con l’esecuzione dei brani che nel frattempo raccontiamo.

Per finire, grazie del tempo che mi hai dedicato, vuoi dire qualcosa a chi leggerà questa intervista e ai tuoi fan?

È sempre un piacere, grazie a te Marco! Quello che voglio dire è di cercare sempre di approfondire e non accontentarsi, anch’io ho scoperto da pochissimo il disco “Anima latina” di Lucio Battisti che non avevo mai ascoltato e ne sono stato totalmente rapito. Cè talmente tanta musica bella da scoprire e, con gli strumenti di oggi, non abbiamo scuse per non farlo. Mi sto rivolgendo ad un pubblico che ha dai 30 anni in su, non si può piacere a tutti, non bisogna pensare di farlo, bisogna capire a chi ti stai rivolgendo e di conseguenza potrai ricreare quella cosa straordinaria di cui parlavamo prima in cui gli artisti e il pubblico si incontravano ed erano in comunicazione tra di loro. Se si riesce a ricreare quella cosa  sarà sempre un piccolo miracolo che potrà sopravvivere nel tempo. Ciao!

MARCO PRITONI