DAMETH – Insieme al produttore Last Nite presenta il nuovo album “Jekyll And Hyde …
In occasione dell’uscita del nuovo album “Jekyll And Hyde”, ho avuto il piacere di intervistare Mattia Sogari, in arte Dameth, che ha dato vita a 10 tracce che viaggiano dalla trap – metal a pezzi strumentali con una linea più introspettiva e sofferta.
In questo album, Dameth inserisce ulteriori elementi derivati dal suo passato artistico come scream e growl e chitarre creando un suo stile, cantando la sua storia. La produzione è stata affidata al suo producer di fiducia Last Nite, che è intervenuto rispondendo a sua volta a qualche mia domanda.
Ciao Mattia, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito dell’album “Jekyll And Hyde”, uscito la scorsa settimana, che riscontri stai avendo?
Ciao Marco, grazie, sono qui con il mio producer, Lorenzo, siamo molto contenti, la gente ha dato feedback molto positivi.
Il titolo è autobiografico?
Sì, rispecchia vari periodi della mia vita, in particolare l’ultimo e, sebbene non ci sia una traccia che prende spunto da questo titolo, gioca sulla doppia personalità che ho vissuto su me stesso negli ultimi due anni. È un titolo decisamente introspettivo, autobiografico, come del resto tutti i testi dei miei brani.
I tuoi brani nascono solitamente da un tema, da un testo o da una melodia?
Non c’è uno standard, magari io sono inspirato e ho un testo pronto che voglio realizzare, propongo a Lorenzo l’idea di quello che ho in testa, oppure lui ha una bozza di un beat che suona in una determinata maniera e io ci realizzo sopra qualcosa. È molto spontanea come cosa, nasce tutta dal momento.
Io ho apprezzato moltissimo tutto il disco, le mie tracce preferite sono “Indifferente” e “Parole a vuoto”, c’è un brano che ti ha fatto dire, quando hai ascoltato il prodotto finito, “questo mi è venuto proprio bene” o sei soddisfatto allo stesso modo di tutte le tracce?
Dameth: Io e Lorenzo abbiamo delle visioni un po’ diverse riguardo allo stile, in questo disco ho cercato di puntare un po’ di più su brani tranquilli, lui ha cercato di dare un’impronta un po’ più metal, cattiva, che rispecchiasse di più il mio background. A disco finito posso dire che la mia preferita è “Fuck Life”, che è nello stile a cui puntavo meno. A livello di significato e valore personale ti dico invece “Parole a vuoto” e “Se non tocchi il fondo”, che parlano dell’ultimo periodo della mia vita che non è stato facile.
Last Nite: La mia preferita rimane “Fuck Life”, e lo sapevo già da subito, è il cavallo di battaglia dell’album secondo me, gli urlati sono usciti da paura, la parte strumentale picchia nel modo giusto, tutto lo spazio che c’era è stato creato nel modo perfetto, non c’è nulla che sovrasta strumenti e voce. Quando l’ho ascoltata ho detto: “Cazzo, siamo stati proprio bravi!”.
Come vi siete mossi per la registrazione dell’album, viste le restrizioni dovute alla pandemia?
È stata un po’ lunga, abbiamo avuto dei ritardi sulla pubblicazione del disco anche per questa cosa. Abbiamo iniziato le lavorazioni un anno fa, è stato un casino andare in studio, anche perché si trova a Reggio Emilia, è il Kaboom Studio di Pretorius, il batterista dei What A Funk, una band abbastanza conosciuta. Appena c’era la possibilità di una zona gialla scappavamo in studio, molte cose le abbiamo preparate a distanza a casa, Lorenzo è di Brescia, io prima abitavo a Mantova mentre da poco tempo mi sono avvicinato un po’ e vivo a Peschiera del Garda. Abbiamo fatto il possibile per velocizzare le cose e ottimizzare i tempi.
La copertina dell’album da chi è stata realizzata?
L’ha realizzata un grafico americano che lavora per Bones, un rapper decisamente conosciuto. L’idea è opera mia e di Lorenzo, si tratta di un manichino che inizia a mutare forma e ad assumere sembianze umane, infatti la mano inizia ad essere umana e il manichino di vetro inizia ad avere dell’inchiostro addosso, rispecchia sempre lo sdoppiamento della personalità di cui parlavo all’inizio.
Il nome d’arte Dameth da dove nasce?
Il nome Dameth non c’entra niente con la droga meth anche se mi chiedono spesso questa cosa. È un gioco di parole, meth ci stava bene a livello di pronuncia, starebbe come “da Matt”, ovvero da Mattia, un messaggio che arriva da me, il significato è veramente semplice.
Uno magari pensa a chissà quale demone…
(Ridono -ndr). Infatti, nei miei progetti vecchi ho sempre avuto nomi particolari, anche ispirati a demoni, questo invece l’ho voluto scegliere semplice con un significato per così dire da bambini, volevo che il messaggio arrivasse diretto.
Quando hai iniziato a scrivere canzoni per i tuoi progetti solisti?
Ho iniziato nel 2017, ho sentito questa necessità, con la band non riuscivo più ad esprimermi al 100 %, volevo buttare fuori qualcosa di mio facendolo nel modo che ritenevo più opportuno. Inizialmente i testi erano molto metaforici e vaghi e chi ascoltava poteva recepirli nel modo che voleva, con l’andare del tempo sono diventati sempre più diretti.
Dalle citazioni nei tuoi brani, ad esempio Last Resort dei Papa Roach, e dall’uso, oltre dell’elettronica, di strumenti veri, soprattutto della chitarra, si percepisce come tu sia un ascoltatore che spazia tra i generi, è così?
Ascolto di tutto, il mio background musicale è molto vario, ho suonato diversi strumenti, ho fatto deathcore e metalcore per anni, ho iniziato a 14 anni suonando il basso poi sono passato a chitarra e batteria, ho studiato anche jazz, ho sempre amato tutti i generi e apprezzo veramente di tutto. Negli ultimi anni mi sono molto tranquillizzato, Lorenzo ha puntato più su industrial e nu metal, roba un po’ più pesante, insieme riusciamo a creare qualcosa di diverso rispetto agli artisti italiani che fanno questa roba.
Hai suonato tu le chitarre nel disco?
Sì, a parte su “Indifferente” dove la chitarra è un sample di una band americana che si chiama Being as an Ocean.
Siete in due, avete già in mente come porterete dal vivo questo album?
Dameth: Sì, siamo partiti insieme dall’inizio, ci siamo conosciuti ad un mio live, Lorenzo era amico del mio chitarrista, da lì è iniziata la collaborazione, tutti gli EP sono stati prodotti da lui, a parte qualche singolo in collaborazione con altri producer. Fondamentalmente il progetto è diventato ormai un duo. Ai live ci penso spesso, ci sono diverse idee, mi piacerebbe portare una situazione un po’ più suonata, portare un immaginario di band con questi pezzi qua, in stile Salmo con 1984. Non abbiamo ancora le idee chiare però su questa cosa.
Last Nite: Sarebbe la cosa più figa del mondo fare il live con una band, sarebbe la svolta.
Cosa significa la musica per te?
Per me tutto, è la cosa che mi fa respirare tutti i giorni, ne sento la necessità in ogni momento della giornata, sia di sentirla che di farla, quando mi viene un’idea di pezzo, di un beat, di una rima, la registro subito sullo smartphone e la mando a Lorenzo. Anche il disco è partito così, ci siamo detti che avevamo fatto troppi EP e dovevamo fare un LP, da lì e dalle idee che avevamo è partito tutto.
Avete già altro materiale pronto?
Adesso puntiamo a promuovere bene questo album, abbiamo avvertito una netta evoluzione del progetto e nei brani c’è molta più completezza. Di eventuale roba nuova comunque ce n’è.
Il vostro sogno musicale più grande?
Dameth: Comincia tu Lorenzo…
Last Nite: Il mio sogno più grande, oltre al solito di tutti i musicisti, ovvero vivere della propria musica, e anche di andare in tour con Mattia, sarebbe quello di aprire un giorno un mio studio bello grande dove registrare, mixare, masterizzare, magari in un qualche paese del nord Europa, e stare lì. Con la scusa che la mia morosa vive in Svezia chissà…
Dameth: Io un po’ di vita in tour l’ho già provata, è molto stressante sì, ma è molto soddisfacente, il mio sogno principale sarebbe vivere di questo e che sempre più persone possano rispecchiarsi nelle canzoni che scrivo, insomma, che il mio messaggio arrivi a più persone possibili.
Grazie mille per il vostro tempo, volete aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Dameth: Ringraziamo coloro che leggeranno questa intervista, ascoltate l’album, la musica parlerà per noi, ciao!
Last Nite: Grazie, ascoltate l’album!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.