DAGGERMOTH: LA FALENA CHE ATTIRA CON LA SUA LUCE MUSICALE

Il Paese dei “talent show” e dei “reality”, ogni tanto, sa anche sorprenderci. A volte accade qualcosa di inaspettato e originale, simile all’arrivo di un temporale durante una bella giornata di sole o come quando -durante una notte insonne- una falena entra nella tua abitazione, silenziosa ma presente. Attirata dalla luce, questa creatura misteriosa, si avvicina senza far rumore. Allo stesso modo, un’artista come quella che andremo a intervistare oggi, ha saputo “imporsi” nel panorama musicale italiano, lontana da clamore e caos, schiamazzi e volgarità. Con eleganza e purezza, la chitarrista ferrarese Sara Ardizzoni, (ex Pazi Mine) è salita sul palcoscenico del rock in maniera autonoma, dopo aver calcato le scene suonando all’interno di diverse band, ma finendo per mantenere una cifra stilistica ben precisa e un’ “indipendenza” affascinante. Anche noi di “Tuttorock” attirati dalla sua luce, ci siamo trasformati per una volta in falene andando a scoprire il mondo di “Dagger Moth”…

Ciao Sara, il tuo nome d’arte è Dagger Moth e noi -per quanto il desiderio di fare domande originali sia sempre dietro l’angolo -muoriamo dalla voglia di sapere cosa significa…
Stavo cercando un nome per il solo set mentre ero al lavoro sulle bozze per il primo disco e intanto raccoglievo alcuni pareri da amici vari; tutti sottolineavano le atmosfere notturne del mio operato quindi ho scelto qualcosa di attinente: Dagger Moth è il nome di una falena.
Mi è piaciuto anche per il contrasto fra le due parole: “dagger ” è il pugnale (per via di decorazioni simili a piccoli pugnali sulle ali di quest’insetto) e “moth” è la falena in sè.
Questo un po’ descrive anche le due anime che sento convivere nel mio modo di suonare:una più fragile e una più dura e tagliente.

Tu hai suonato per anni insieme a band, cantato e provato un po’ tutte le varie esperienze che una giovane musicista fa solitamente quando muove i primi passi. In che esatto momento arriva la scelta di esibirti da sola come una vera e propria one-woman-band?
Ho suonato per anni in band, con le formazioni più varie, sia nel numero di componenti che nei generi attraversati. Circa 3 anni fa i vari progetti in cui militavo da un po’ hanno finito per arenarsi, perchè -di base- è così che va sempre a finire, salvo rari casi; proprio quando sembra che la “concretizzazione” di un progetto sia dietro l’angolo tutto va più o meno a rotoli. Molte volte ho ricominciato tutto da capo perchè ero determinata e far parte di una band per me ha sempre avuto una valenza “etica” molto bella e forte, forse dai risvolti un po’ naif : oltre alla musica, infatti, ho dato sempre priorità alla condivisione di emozioni e di un percorso con persone amiche. A prescindere dai rapporti umani, le cose prendono spesso una piega inaspettata e non ci si può fare granché, quindi, dato che per indole non so stare ferma e avevo voglia di mettermi alla prova, ho iniziato a meditare su come gestire un set in solitaria. Tutto era partito un po’ a caso.. ma al momento non rimpiango affatto la scelta, anzi!!!

I titoli dei tuoi brani fanno spesso riferimento al campo semantico della morte/ fantasmi: credi ci sia una connessione tra musica e forze ultraterrene?
Beh nel senso più ampio del termine direi di sì, indubbiamente..del resto è la Storia a scriverlo, dall’Antica Grecia al CBGB. Per quanto mi riguarda la musica è sempre stata fonte di grande liberazione, divertimento, ricerca, stupore, sfogo, autoanalisi (con potere terapeutico non secondario), e chi più ne ha più ne metta… Del resto , da atea, è nella musica che ritrovo un veicolo per tutta una serie di esperienze mistiche e liturgiche! 🙂 A ben pensarci, alla fine si tratta di un fenomeno assurdo e terribilmente affascinante: solo vibrazioni nell’aria che però assumono un potere enorme! E’ l’unica cosa che mi ha sempre dato dipendenza.

Cosa significa, oggi come oggi, essere un’artista donna in un Paese come l’Italia? Trovi ci sia apertura? Siamo -finalmente- giunti alla cosiddetta“parità” oppure riscontri discriminazioni?
Questa è una domandona che meriterebbe un trattato!! E l’ “apertura mentale” avrebbe un capitolo a sè, lunghissimo. Incontro molti pregiudizi e cliché e di sicuro, generalizzando,la “società italiana” ha le sue colpe, ma anche le “donne” forse ne hanno alcune: temo che la mia sarà una posizione poco condivisa ma se certi cliché esistono è perché qua e là hanno ancora un fondamento di verità, e c’è chi provvede a perpetrarli. Detto ciò, ho sempre cercato di svincolarmi dagli stereotipi il più possibile, ma gravitando in un ambiente soprattutto maschile mi ci scontro di continuo, da anni, quindi ormai è interessante classificarli.. ne ho un lungo e variegato elenco!!Anche gli aneddoti si sprecano, ed è meglio riderci su. Chiaramente, essendo donna e portando in giro un set in solitaria, certi fenomeni si amplificano. Ad ogni modo, non ho mai creduto granché nemmeno nei fenomeni di “autoghettizzazione”, cioè le band “di sole donne”, la “musica al femminile”.. . In generale penso che musicista e musica debbano avere il loro valore intrinseco , punto e basta (… ad esempio per me una vera riot girl è Carol Kaye..). Ma questo è solo il mio punto di vista, la mia esperienza.

Credi che la solitudine aiuti la creatività?
Assolutamente sì! Per natura tendo alla solitudine moltissimo, è proprio una necessità fisiologica, ho bisogno dei miei momenti di solitudine praticamente ogni giorno, è sempre stato così, fin dall’infanzia. Se poi si tratta di partorire nuove idee ancora di più. Quel tipo di solitudine che è uno stato mentale (chiaramente non necessariamente coincidente con un senso di doloroso abbandono o simili..),vicino alla meditazione e alla creatività, mi fa sentire libera. Questo può accadere nel salotto di casa mia o nei deserti di lava dell’Islanda,è la stessa sensazione.

Cosa ne pensi dei talent show?
Ecco , tornando alla domanda che facevi poco fa sul rapporto tra musica e forze ultratterrene… i talent sono la cosa più lontana da tutto ciò. Non ho la TV da secoli, e ammetto di non averne mai vista una puntata per intero,quindi qualcuno potrebbe anche contestarmi che – nello specifico- io stia parlando di qualcosa che non conosco. In realtà da quel po’ che ho captato si tratta di una realtà che né mi interessa né mi diverte, anzi mi genera una certa insofferenza nel suo mix di proposte artistiche anonime e dinamiche preconfezionate. Il fatto più triste e aberrante è vedere quelle che dovrebbero essere forme d’espressione libere assimilate ad una gara (dove tra l’altro nessuno ha granchè da dire..).
La fatica e le difficoltà che si incontrano nel costruire un percorso personale sono altre; lì vedo solo il tentativo becero di uniformare  pensiero e gusti, quindi una cosa che ovviamente trova molto consenso di pubblico. Preoccupante è notare che per molti ormai sembrano quelle le uniche “porte verso il successo” (concetto molto relativo tra l’altro..).
Che dire…spero sia un trend in rapido esaurimento…

Le tue creazioni musicali oscillano tra “caos” e “struttura”: in che misura credi sia importante l’utilizzo della tecnica? E quanto invece vale l’aspetto empatico/emozionale?
Sono entrambe componenti fondamentali a mio avviso, forse perché tra i dischi a cui sono più legata sono presenti nel giusto equilibrio: ovviamente per me la tecnica non coincide con un puro esercizio ginnico, ma vuol dire avere un vocabolario, da cui si può scegliere se usare tre parole o cento. Sul come e quando usarle intervengono l’empatia, il cuore, la pancia. La tecnica la vedo anche come fonte di ispirazione: se avessi ancora tempo per studiare sarei curiosa di approfondire molte tecniche diverse, dal fingerstyle al tapping, perché anche da un solo esercizio può arrivare la suggestione per un brano intero, o si può trovare uno strumento per esprimere qualcosa che non si sapeva come tirar fuori…se una mente è creativa l’ispirazione si può trovare un po’ dovunque. Purtroppo di tempo non ne ho molto quindi cerco di ottimizzare quel po’ che so fare, ma avrei sete di approfondire ancora di più e tendo a non accontentarmi mai. L’abbinamento “caos-struttura” mi ha sempre affascinato. In particolare ho sempre amato l’accostamento di sonorità molto diverse,quindi da quando ho imbracciato la chitarra il mio orecchio mi ha portata al tentativo di fonderle in qualcosa di organico. Adoro le melodie semplici e intriganti tanto quanto le dissonanze,i suoni disturbati e disturbanti…quindi non avevo scelta! 🙂 E comunque alla fine caos e struttura sono anche nella vita di tutti i giorni, nella natura…

Dove e quando potremo ascoltarti live?
Dunque , nei mesi estivi ho volutamente frenato l’attività live per mettermi al lavoro su nuovo materiale (il primo disco come Dagger Moth risale al 2013, quindi avevo voglia di metter nuova carne al fuoco …); anche perché dividendomi tra un lavoro “normale” che svolgo durante la settimana, l’attività di PR nelle ore libere (in quanto booking di me stessa..) e i giri per i concerti nei weekend non avrei avuto il tempo materiale per partorire nulla… e la creatività per me ha bisogno di tempi un po’ più dilatati rispetto ai ritmi stretti che di solito contraddistinguono le mie giornate. Tra poco inizierò ad adoperarmi per fissare le date tra autunno e inverno, ma nel frattempo spero di riuscire a registrare i nuovi brani accatastati in questi mesi…Varie informazioni sulle date e tutto il resto si trovano sul mio sito : http://saraardizzoni.wix.com/dagger-moth

Grazie Sara per le tue risposte spontanee, ma profonde! Direi che hai soddisfatto le nostre curiosità, ora non resta che soddisfare i nostri sensi con l’ascolto del tuo splendido omonimo album e venendoti a sentire live. Ti auguriamo il meglio!
Incrocio le dita per tutto!

DAFNE D’ANGELO

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