CHIARA WHITE – Intervista alla cantautrice e musicista toscana
E’ da poco uscito “Pandora”, secondo album di Chiara White, cantautrice toscana, un album, precisamente un concept album che parla di mostri e di altre cose interessanti. Ciò che segue è il resoconto dell’intervista.
Ciao Chiara, benvenuta su Tuttorock, come stai?
Domanda difficile questa! Lo chiediamo sempre e ci aspettiamo sempre in risposta: “tutto bene e tu?”… ma non è mai vero… in ogni caso, contenta di rispondere alle vostre domande! E voi come state??
Tutto bene grazie!! Inizierei l’intervista chiedendoti di parlare di te, presentati ai nostri lettori. Come nasce Chiara White cantautrice e cantante, come, dove e perché?
Nasce a Firenze prima come chitarrista, poi come poetessa, poi come cantautrice e poi come cantante…. Un percorso a zig zag che mi ha fatto trovare nella forma canzone la più alta e completa espressione artistica, atta, per come la vivo io, non solo a tirare fuori da se stessi, ma anche a trovarlo fuori… per me la musica è ricerca, personale, psicologica, tecnica, ma anche spirituale… un modo per cercare identità tra l’essenza in noi e l’assoluto fuori di noi… ed un modo al contempo per raccontare tutto questo. Ora faccio la filosofa, ma quando ho iniziato volevo solo mettermi in mostra e fare la figa su un palco eheheh!
Quali sono le tue influenze musicali?
Le mie influenze musicali sono molteplici, guardo soprattutto al rock e folk europeo (soprattutto inglese e nordico): Radiohead, Sigur Ros, Bjork, Glen Hansard, mi sposto in Canada per Tori Amos. Importantissima la ricerca vocale che ho fatto ispirandomi a Elizabeth Fraser (vocalist dei Cocteau Twins, famosa per essere la voce di Teardrop dei Massive Attack). In Italia prediligo il cantautorato femminile, sia quello noto (le classiche ipercitate Carmen Consoli e Cristina Donà) che quello meno noto, composto da tante talentuose colleghe che ho avuto il piacere di conoscere personalmente: Eleonora Betti, Sara Romano, Chiara Blue, Giulia Mei, Elisa Bonomo, Cassandra Raffaele per citarne alcune.
Pandora è il tuo nuovo album, un concept con testi importanti come la depressione. Da dove è nata l’idea? Spiega la storia.
E’ nata da me, dalla mia storia, dal mio carattere e la mia psiche non esattamente nella norma, che mi porta spesso a confrontarmi con dei bei mostricci. Così è nata la voglia di trasfigurare questi demoni interiori in veri e propri mostri, tratti dall’immaginario collettivo e da diverse culture mondiali, per dare loro una forma, guardarli in faccia, comprenderli, accettarli, cercare di capire cosa mi vogliono dire e cosa possono insegnarmi. Perché le parti scomode di sé spesso sono le più preziose, le più fertili, ma vanno anche sapute domare per vivere con interezza.
Quali sono i mostri di cui parli? Qualcuno in particolare?
Ho iniziato dal Kraken, il mostro degli abissi, il calamaro gigante che ti trascina giù coi suoi tentacoli e ti annebbia la vista con il suo inchiostro “Neroseppia”, fuor di metafora la depressione. Ho proseguito con Polifemo, ne “Il mio nome non è nessuno”, il maschilismo, ancora interiorizzato in molte donne della mia generazione (e temo purtroppo anche nelle successive), per fortuna oltre a essere alto e muscoloso, ha anche un occhio solo ed è un po’ stupido… poi “Regina Mida”, una via di mezzo tra una dea della fertilità e un golem di fango, la perenne insoddisfazione che trasforma in fango tutto ciò che tocca e che per il resto del mondo è oro… con lei letico spesso… ma a volte è proprio lei a indicarmi la strada verso il nuovo e il fertile.
Come hai scritto i brani, avevi già in mente il concept e hai scritto poi la musica o viceversa?
I primissimi mostri sono venuti da sé, da lì l’idea del concept e allora ho iniziato a lavorarci “a tavolino”, scrivevo con l’idea di un mostro in mente, sia il testo che la musica, e non è mancata la ricerca bibliografica. Ad esempio per “Valse a la nuit”, brano dedicato alla paura del buio, ho letto diversi racconti su Babau, tra i quali vi consiglio proprio “Il Babau” di Dino Buzzati
Le differenze tra i due album che hai scritto e quanto è cambiata Chiara White?
Tra i due album ci sono due grosse differenze. La prima sta nei contenuti, si passa da una Chiara White sognante, che cerca la bellezza e l’essenza all’esterno, in un viaggio, in un paesaggio, in una città (Praga) o nell’amore, a una più adulta e disillusa che cerca e scava dentro se stessa alla ricerca di un altro tipo di essenza, che non sempre è bella (almeno non secondo i canoni), ma di certo è autentica. Queste scoperte possono fare molto male, ma sono necessarie a una più completa conoscenza di sé e a una più autentica percezione del mondo e della realtà. La seconda differenza è il sound, più ricercato stavolta, con l’ausilio dell’elettronica arrangiata e per lo più suonata da Elia Rinaldi (Alias Nervi)… c’era bisogno di trovare un’atmosfera sonora capace di creare i mondi abitati dai mostri. La chitarra acustica da sola non poteva farlo.
La pandemia e le varie difficoltà che ha creato hanno in qualche modo contribuito alla scrittura?
Non tanto alla scrittura, che era già stata completata, quanto alla realizzazione in studio e alla successiva uscita e diffusione del disco. All’inizio del primo lockdown avevo appena iniziato a registrare il disco al PlasticSound Studio di Firenze e ricordo come con il produttore Guido Melis ogni giorno non sapevamo se ci saremmo potuti vedere il giorno dopo… finché poi non è scattata la zona rossa per tutto il territorio nazionale. Abbiamo poi ripreso d’estate e le varie uscite sono slittate sempre di più, dilatandosi di molto nel tempo.
Perché White come nome d’arte?
In effetti non è proprio un nome d’arte. White è il cognome di mia madre, di origine inglese. Ho scelto di adottare il suo cognome come artista per vari motivi. Sicuramente per la risonanza e l’attrazione che sento nei confronti del nord, del bianco, della neve (che si sente molto nel mio primo disco) e poi per dare risalto a una linea genetica femminile nel contesto del mio lato creativo.
Stai programmando un tour?
Difficile rispondere a questa domanda… non è un momento facile per i tour, sia per la situazione storica che per il mio momento di vita. Ma Pandora deve avere il suo tour e prima o poi vi giuro che lo avrà
Cosa fa Chiara White quando non si occupa di musica?Hai altre passioni ed interessi?
Sono ricercatrice in scienze della Terra al CNR di Padova, inoltre faccio teatro e scrivo poesie, anche se il periodo di fermo che ha coinvolto tutti noi mi porta a vedere alcune di queste cose (e ci metto anche i concerti) come lontani ricordi
Progetti futuri?
Ho da poco vinto il secondo premio al VibraSong Contest! Che consiste nella promozione di un singolo su spotify… quindi state all’erta!!
Chiudi l’intervista come vuoi, un messaggio a chi la leggerà ad entrare nel tuo mondo musicale ed un invito ad ascoltare Pandora.
Abbracciate i vostri mostri! Sempre! Ma occhio che mordono!
FABIO LOFFREDO
Band:
Chiara White: Voce, chitarra acustica, ukulele, glockenspiel, chitarra e tastiere
Elia Rinaldi: Tastiere, basso synth, drum machine e chitarra
Guido Melis: Basso
Giulia Nuti: Viola
Alessandro Alajmo: chitarra
Omar Cecchi: Batteria
Pietro Horvath: Contrabbasso
Marco Monelli: Pianoforte
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Appassionato di musica sin da piccolo, ho cercato di esplorare vari generi musicali, ma è il metal, l'hard rock ed il rock progressivo, i generi musicali che più mi appassionano da molti anni. Chitarrista mancato, l'ho appesa al chiodo molto tempo fa. Ho mosso i primi passi nello scrivere di musica ad inizio anni 90, scrivendo per riviste come Flash (3 anni) e Metal Shock (ben 15 anni), qualche apparizione su MusikBox e poi il web, siti come Extramusic, Paperlate, Sdangher, Brutal Crush e Artists & Bands. I capelli mi si sono imbiancati, ma la passione per la musica è rimasta per me inalterata nel tempo, anzi molti mi dicono che non ho più speranze!!!!