BLOOM – Intervista su Hangover
In occasione dell’uscita del loro primo album “HANGOVER” ho intervistato la band BLOOM.
Buongiorno, e complimenti per lo splendido disco che avete realizzato, conoscendo da anni Max non avevo dubbi, ma tutto il prodotto è semplicemente eccellente da tutti i punti di vista. Giusy, che aggiungo è finalmente un grandissimo piacere conoscerti, parliamo dei testi, di questa parola che pare avere perso tanta importanza in quest’epoca di immagini e video, e invece trova una bellissima casa nel vostro album, con punte di eccellenza assoluta in brani come “Rose in velluto dark”, “La vita danza”, “Crisi di astinenza”.
G.F. Ciao, grazie dei complimenti. Sono d’accordo, questo progetto è nato proprio con l’idea di essere ‘liberatorio’ proprio per questo; in tutti questi anni, in cui ho guadagnato tanta popolarità di cui mi ha gratificato il pubblico, con tanto materiale prodotto e un bellissimo confronto con tanti autori e cantautori. Di contro, questo ha portato come a soffocare questa mia vena artistica rispetto la scrittura, che ho cercato di curare nei miei vari album, ma a volte è rimasta imprigionata per vari motivi di produzione. Ricollegandomi a quanto dicevi, ho sempre apprezzato Max Zanotti in tutti i suoi progetti e band, in alcune occasioni ci siamo trovati assieme, e quindi mi sono trovata a dirgli: “E’ sempre stato un mio grandissimo sogno avere una band come ne hai varie tu.”. Lui mi ha risposto, “Allora, facciamolo!”; mi ha presentato Alessandro e Roberta, con cui abbiamo condiviso la medesima passione per band che hanno fatto la storia della musica mondiale. Mi sono trovato ad avere la possibilità di esprimermi nella maniera più personale possibile, non più imprigionata a dovermi raccontare solo con pensieri personali e malinconici, ma potendo affrontare il mondo che ci circonda con tutte le sue sfaccettature. Come in “La vita danza” che hai citato prima, riflettendo sul significato della vita e di ciò che ci lasciamo dietro durante la nostra esistenza. In “Crisi di astinenza” parlo del vivere in maniera soffocata, in questo mondo materialista pieno di distrazioni e fatto di sentimenti che vengono cancellati e confusi da aspetti superficiali. Esiste anche una forma di nichilismo che porta noi a non essere felici e sereni, non riuscendo a stare bene e trasmettendo questo a chi ci sta vicino.
Come dicevi Giusy, hai avuto una lunga e luminosa carriera solista, questo passaggio a una band cosa ha comportato nel tuo approccio?
G.F. In realtà era il mio sogno fin da ragazzina, mi confrontavo sempre con delle band, se sempre sullo stesso repertorio rock con cui ci siamo confrontati noi qui presenti. Si tratta di due dimensioni differenti, quando salgo sul palco con il mio repertorio condivido il live con dei grandissimi musicisti turnisti, ma questa esperienza la vivo non come artista solista, ma condividendo e ricercando il fare musica nella sua più pura essenza. Si tratta di un percorso diverso da quello solista, che quando arrivi ad un certo livello comporta un peso non indifferente sulle tue spalle, e a un certo punto ho sentito l’esigenza di cambiare, uscire da certi schemi e potermi esprimere più liberamente. Da qui è nata l’idea di unirmi a questi grandissimi artisti e realizzare questo progetto.
M.Z. A livello strumentale avendo tre persone che si approcciano e compongono alla stessa maniera, chi più ritmico come Alessandro, chi più melodico come Roberta, è stato ‘semplice’ passare la palla a Giusy. Prendendo ad esempio uno dei tuoi preferiti, “La vita danza”, Roberta ha scritto il riff e ce lo ha passato, con Alessandro abbiamo sviluppato la parte ritmica e la produzione, abbiamo poi passato il tutto a Giusy che ha scritto il testo. Se tu allarghi questo format a tutto il disco, ne esce la sonorità di una band con il valore aggiunto di una voce che è più che importante in questo caso. Hangover è il risultato del lavoro di quattro musicisti, non di un produttore esterno che ti manda le basi e devi lavorarci sopra, e anche in fretta.
Hai preceduto la mia domanda, in cui volevo proprio affrontare la bellezza della musica su cui si muove la voce di Giusy. Sound di altissimo livello, trascinante. Spesso è più facile trovare qualità in realtà e locali non mainstream, che su palchi tipo stadio. Anche il contatto con il pubblico cambia da una realtà fatta di platee sterminate a venue più intime dove si può stabilire un contatto diretto con il pubblico, cosa ne pensate?
G.F. Quando sono salita sul palco di San Siro portando “Assenza” nell’ambito di “Amiche per l’Abruzzo”, non riesci a vedere nemmeno un volto. Quando mi trovo in un locale più piccolo, dove posso guardare in faccia le persone e incrociare i loro sguardi, è davvero un’emozione molto forte e personale. Ho visto anche molti concerti da spettatrice, e la stessa band vista in contesti più piccoli provoca un’emozione diversa, in un club ti senti la musica addosso.
Alessandro e Roberta, quando Max vi ha proposto questo progetto che reazione avete avuto?
R.R. Io risposto esattamente come Max ha risposto a Giusy, ho detto: “Facciamolo!” (risate). Ci siamo trovati subito in studio da Max e abbiamo iniziato a scrivere, in tutti i pezzi sono presenti i contributi di tutti. Ci siamo confrontati assieme su tutti gli aspetti, che fossero le mie chitarre piuttosto che le batterie di Alessandro.
Max, è trascorso molto tempo dall’avvio del progetto al risultato finale?
M.Z. C’è voluto circa un anno di lavoro, anche perché ognuno di noi aveva già altri impegni e non volevamo lavorarci nei ritagli di tempo. Poteva capitare di fermarsi per 10-15 giorni, per poi trovarsi e lavorarci sopra assieme. Su alcuni pezzi abbiamo dovuto lavorarci di più per trovare la quadra che si soddisfaceva completamente, più un tempo tecnico per rifinire e finalizzare il tutto che per crearlo.
G.F. Direi che l’impegno maggiore è stato su due brani, “Lasciarsi in una notte di mezza estate” e “Non te l’ho detto mai”. Mi avevano dato delle basi ancora più robuste, ma io sono uscita con una vena più morbida, e per la loro sensibilità musicale gli è toccato rielaborare gli arrangiamenti per adattarsi alla mia versione. Abbiamo iniziato a febbraio dello scorso anno, i primi quattro brani li abbiamo scritti velocemente, poi io sono andata in tour e ho continuato a lavorarci, sapendo che poi a dicembre saremmo andati a Londra per registrare da Steve Lyon. C’è voluto molto tempo per i mix, le rifiniture, quando a gennaio siamo tornati da Londra ho detto che volevo mettere dentro gli archi veri, che abbiamo registrato a casa mia e li ha lavorati Floriano Bocchino, Mattia Boschi con il violoncello, Simone D’Eusanio viola e violino.
La tracklist è decisamente variegata, brani potenti, altri più melodici, dietro la composizione c’è stata un’idea o è nata di vita propria?
A.D. E’ nata spontaneamente, la voce di Giusy, i testi, i suoni, tutto è nato naturalmente senza seguire l’idea di dovere necessariamente piacere a tutti, sperando, ovviamente, che questo fosse poi il risultato finale. Ma è il sistema che è diverso, se inizi con l’idea di ‘dovere’ piacere a tutti, il risultato non sarà quello atteso.
G.F. Quando ci siamo trovati a cena la prima volta e ne abbiamo parlato, questo è stato proprio l’incipit, ci siamo detti che doveva essere un disco liberatorio, dove lasciare vivere tutte le nostre influenze musicali, dai Radiohead ai Depeche Mode. La prima base che mi hanno dato è quella dove ho scritto “Mai più”, sono tornata da loro con il brano pronto dicendogli “Avete scritto un capolavoro musicale, spero che adesso non mi prendiate a mazzate…” (risate), loro ne sono rimasti affascinati e anche io, a quel punto, mi sono sentita più a mio agio. Sono seguite altre basi, quando sono arrivate “Rose in velluto dark”, “La vita danza”, “Ridarei vita”, mi sono detta: “Sono basi pazzesche!”. Mi sono trovata in difficoltà con la scrittura della melodia e ho detto a Max: “Adoro come tu scrivi le linee melodiche, pensaci tu e io mi occupo dei testi.”. Questo per dire che tutto si è svolto in un clima di grande collaborazione e comune condivisione, incuriosita di vedere cosa ne sarebbe uscito alla fine, pensando anche ai nostri futuri lavori.
Hai accennato a due argomenti molto interessanti, i vostri gruppi preferiti e il futuro del gruppo.
G.F. Janis Joplin, Patti Smith, Led Zeppelin, Deep Purple, i Queen soprattutto per la voce di Freddie Mercury, Alice in Chains, Stone Temple Pilots, The Black Crows con Amorica tra i miei album preferiti, Siouxsie and The Banshees. Pensa che quando da piccola andavo ai vari contest musicali per quell’età, tutti portavano canzoni per bambini e io volevo andare con Alan Parsons (risate).
R.R. Led Zeppelin sicuramente, poi Alice in Chains, oggi i Black Country Communion, Jeff Beck come chitarrista.
A.D. L’album della mia vita è Selling England by the Pound dei Genesis.
Il nome Bloom come lo avete scelto?
M.Z. Volevamo trovare una parola che esprimesse un concetto di nascita o comunque di rinascita. Il significato di sbocciare era perfetto, quindi BLOOM era anche una parola un poco in contrasto con quella che era la sonorità del disco, per non appesantire troppo l’immagine della band.
Siamo in chiusura, progetti futuri? Un altro disco in futuro? Un tour?
G.F. Per la prima domanda ti rispondo che stiamo già lavorando su del materiale nuovo, per i live siamo tutti impegnati con i nostri tour, quindi dobbiamo vedere come pianificarlo.
Finiamo in bellezza con una battuta, Giusy, non ti sei stancata che dopo tanti anni ancora ti fanno la domanda su quando facevi la cassiera all’Esselunga?
G.F. (risate) Mi chiedono se era vero, ho fatto pace con questa cosa (risate)
M.Z. Ti faccio un esempio, tutte queste persone vanno in paradiso e trovano Prince che gli dice se possono entrare o meno (risate).
MAURIZIO DONINI
Band:
Giusy Ferreri: voce e cori
Max Zanotti: Programmazioni elettroniche, chitarre acustiche, chitarre elettriche, basso, pianoforte,
basso, voce (in “Ridarei vita”) e cori (in “Mai più”, “È la verità”, “La vita danza”, “Ridarei vita” e “Crisi di astinenza”)
Roberta Raschellà: chitarre elettriche, chitarre acustiche e basso
Alessandro Ducoli: batteria e percussioni
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.