BLACK THUNDER – Intervista al bassista Ivan Rossi e al batterista Andrea Ravasio
I Black Thunder sono una heavy metal band di Bergamo, si ispirano al sound degli anni 80, ma riescono ad inserire nel loro sound anche anche altre contaminazioni. Ne abbiamo parlato con loro e ciò che segue è il resoconto dell’intervista.
Ciao ragazzi e benvenuti su Tuttorock. Domanda inevitabile, come nascono i Black Thunder e perché?
Ivan Rossi: Ciao a tutti i lettori di Tuttorock e grazie a te per l’opportunità. La risposta alla tua domanda può sembrare banale e scontata, ma è la verità: la necessità di voler esprimere le nostre idee attraverso la passione per la musica, in quanto canale potentissimo per trasmettere le idee in emozioni.
Black Thunder è un nome potente, lo avere scelto per dare più impatto al vostro sound o perché rispecchia il vostro sound?
Andrea Ravasio: Credo che rispecchia il nostro modo di essere. Quando è nata la band c’era una sezione ritmica granitica e una chitarra potente, graffiante con suoni gravi e ricercati per creare una tempesta sonora che ricorda i fragorosi tuoni dei peggiori temporali che abbiamo visto….
Il vostro sound rispecchia molto il metal degli esordi, quello degli anni ottanta, ma con elementi anche più moderni ed al passo con i tempi, come bilanciate tutto questo?
Ivan Rossi: In fase compositiva ci mettiamo a servizio del pezzo, cercando di trovare la giusta direzione artistica. Chiaramente siamo influenzati dai nostri gusti musicali che prevalentemente arrivano dalle band storiche che hanno segnato il genere negli ultimi 30 anni, ma siamo consapevoli che dobbiamo portare un sound più “moderno” ai nostri ascoltatori. Per noi è comunque un orgoglio poter essere nel nostro piccolo un ponte verso il sound degli anni 80 che resta sempre nel nostro cuore e ci ha aiutato ad essere quello che siamo oggi in musica. Se per qualche dei nostri giovani ascoltatori saremo un buon spunto per incuriosirli ad andare a scoprire quei sound, sarebbe ulteriore motivo di continuare a produrre musica propria.
Se non erro il vostro album “All My Scars”, uscito lo scorso anno è uscito solo in digitale, perchè?
Ivan Rossi: Purtroppo il discorso è molto cinico ma credo sia quello più diretto e veritiero: oggi il digitale sta soffocando velocemente il supporto fisico. Non solo in musica, ma anche in ambito videoludico e cinematografico. Sui nostri smartphone tutti abbiamo facilmente la possibilità di accedere a piattaforme come netflix, spotify, youtube, e altri quindi è il modo più veloce e forse anche economico per “arrivare” alle persone. L’altra faccia della medaglia è la possibilità di avere visibilità, perché chiunque può pubblicare su questi canali qualsiasi cosa, non sempre garanzia di qualità. Questa realtà fa diventare tutte le band underground, come la nostra, una goccia dentro un oceano. Abbiamo comunque un pò di cd che portiamo ai nostri live, quindi per chi volesse una copia fisica di “All My Scars” può venire ai nostri live per una birra in compagnia e una serata di puro divertimento insieme a noi.
Cosa ne pensate invece di questo ritorno al vintage, ai vinili?
Ivan Rossi: Credo che sia dovuto soprattutto alla passione delle persone che hanno vissuto il periodo del vinile nel trasmettere quelle emozioni alle nuove generazioni. Non credo che per il CD sarà lo stesso, fra pochi anni sarà difficile trovare cd nei negozi, probabilmente ci saranno più vinili!
Il disegno di copertina è forte come il vostro nome, perché le mani insanguinate?
Ivan Rossi: Avevamo bisogno di un’immagine di forte impatto per racchiudesse l’anima del disco. L’obbiettivo era arrivare ai nostri ascoltatori anche attraverso gli occhi oltre che in musica.
Andrea Ravasio: Le mani sanguinate sono quelle di una persona che lotta per la vita che ha ancora ferite sanguinanti ma che continua nel suo meraviglioso percorso.
Parliamo ora dei vostri testi, di cosa trattano?
Andrea Ravasio: Un album i cui testi traggono ispirazione dalle cicatrici sia fisiche che morali che il percorso della vita può generare. Sanguinare e guarire attraverso i processi cicatriziali e riparatrici. Le cicatrici come un ricordo, un pensiero interiore di crescita che ricorda e modella il futuro. Una cicatrice che è un punto di interruzione del percorso di vita ma ad ogni modo la perseveranza e la tenacia di continuare creando un ponte in grado di ricongiungere la scollatura tra ciò che era e ciò che è vivendo nella speranza del domani. Le cicatrici che ricordano le nostre battaglie di vita che ogni guerriero porta fuori e dentro di se e in qualche modo siamo ancora qui per potervi raccontare ciò che ci ferve dentro.
Come avete vissuto questo periodo d’emergenza e cosa ne pensate a riguardo.
Ivan Rossi: Siamo una band di Bergamo, dove il virus ha colpito a morte più di qualsiasi altro posto in Italia, quindi di questo periodo ci porteremo addosso le cicatrici. Ma ci siamo rialzati e penso che nel materiale per il prossimo disco ci sarà spazio per raccontare questi mesi vissuti fra le sirene delle ambulanze e le bare di parenti o conoscenti che non ce l’hanno fatta.
Andrea Ravasio: Io c’ero quel maledetto giorno al cimitero di Bergamo bloccato in coda e non capivo cosa stesse accadendo. In un attimo collegai il fotografo che scattava attimi alla nostra situazione e mi raggelai. Uno dei miei primi pensieri cadde al testo di “All My Scars”, “Unricognized Citezen”. In quella canzone tutta la nostra rabbia legata all’abbandono delle istituzioni. Una classe dirigente sempre più lontana dalle problematiche vere. Ne usciamo moralmente abbattuti ma pronti al riscatto.
Vi manca suonare dal vivo?
Ivan Rossi: Sicuramente sì, ci troviamo in sala prove ogni settimana con l’obbiettivo di migliorarci e migliore i nostri live. Purtroppo per band che propongono pezzi inediti, lo spazio dal vivo è molto risicato e dopo la pandemia credo che sarà ancora più difficile trovare spazio.
Le vostre influenze musicali?
Andrea Ravasio: Black Sabbath, Judas Priest, Pantera, Testament, Megadeath, Motorhead e altri recenti come Rage Against the Machine, Black Label Society, Sick Of It All, System Of A Down, Mastodon, Tremonti, Slipknot. Il nostro sound è decisamente granitico, potente con la ricerca di suoni scuri e cupi in pieno stile old school. Sicuramente ci sono dei sottogeneri che ci hanno influenzato dal trash metal al metalcore e il crossover ma anche altri generi musicali come grunge, stoner, hard rock, rock, blues.
Progetti futuri?
Ivan Rossi: Diciamo che in questo periodo “navighiamo a vista” cercando di promuovere ancora per un pò “All My Scars”, sicuramente scriveremo e comporremo nuovo materiale per il nuovo disco che dovrà essere la naturale evoluzione della band dopo “Dominant Idea” e “All My Scars”.
Chiudete l’intervista a vostro piacimento, un messaggio per entrare nel vostro mondo musicale e qualsiasi altra cosa vi venga in mente.
Ivan Rossi: Vorremmo ringraziare i lettori Tuttorock per averci letto fin qui; speriamo di avervi incuriositi per ascoltarci. Potete seguirci su Facebook, Instagram, Youtube, Spotify e se vi siamo piaciuti metteteci un like! Per le band emergenti ogni like può far la differenza.
Andrea Ravasio: Don’t forget about us we are Black Thunder hard’n’heavy band till the death. Keep high your horns in the air!
FABIO LOFFREDO
Band:
Andrea Ravasio: Batteria e voce
Davide Ferrandi: Chitarra e voce
Ivan Rossi: Basso e voce
http://blackthundermetal.altervista.org
https://www.facebook.com/blackthundermetalband/
Appassionato di musica sin da piccolo, ho cercato di esplorare vari generi musicali, ma è il metal, l'hard rock ed il rock progressivo, i generi musicali che più mi appassionano da molti anni. Chitarrista mancato, l'ho appesa al chiodo molto tempo fa. Ho mosso i primi passi nello scrivere di musica ad inizio anni 90, scrivendo per riviste come Flash (3 anni) e Metal Shock (ben 15 anni), qualche apparizione su MusikBox e poi il web, siti come Extramusic, Paperlate, Sdangher, Brutal Crush e Artists & Bands. I capelli mi si sono imbiancati, ma la passione per la musica è rimasta per me inalterata nel tempo, anzi molti mi dicono che non ho più speranze!!!!