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Beliial – intervista su All Black

Beliial – intervista su All Black

Un rave distopico a base di drop techno e industrial metal. Entriamo nella realtà d’incubo di Lorenzo Tomadini, in arte Beliial.

Ciao Beliial e benvenuto tra le pagine virtuali di Tuttorock.

Ciao a tutti,  grazie dell’opportunità.

Beliàl il cui nome significa letteralmente “senza valore” è una figura mitologica demoniaca presente nell’antico testamento che indica il male assoluto e la ribellione contro l’ordine divino. In che modo ti identifichi con questo personaggio?

Quando scelsi il nome nel 2017 ero molto interessato all’occulto. Dopo aver letto la bibbia satanica di Anton LaVey, dove è scritto erroneamente che Belial significa “senza padroni”, lo scelsi con quell’intento. Sicuramente la storia della ribellione contro l’ordine divino è qualcosa in cui mi identifico, ma attribuisco al nome un significato personale. Per me BELIIAL è una cosa a se stante, la parte più oscura di me. Ho scelto di scriverlo con due “I” proprio per distanziarmi a modo mio dal nome originale.

Sei un appassionato di esoterismo?

Sono molto affascinato dall’ esoterismo. Ho letto diversi libri e mi sono informato, anche se non in maniera esageratamente approfondita. Quando ero più piccolo ero decisamente più interessato a questi argomenti, ma non ho mai praticato nessun tipo di magia o rituale.

Credi in qualche tipologia di entità superiore o ti consideri ateo?

Mi trovo sempre in difficoltà a rispondere in maniera precisa a questo tipo di domanda. Sono cresciuto in una famiglia cristiana e già verso i 10 anni avevo capito che non rispecchiava per nulla quello che sentivo. Nonostante io condanni il cristianesimo e le religioni in generale per il modo in cui vengono strumentalizzate, condivido molti dei loro principi etici. Ho sicuramente una mia personale spiritualità: credo ci sia qualcosa o qualcuno che ci guarda dall’alto, ma non so come chiamarlo.

Qual è il tuo rapporto col divino?

Per me il divino è raggiungere il proprio potenziale massimo e fare del bene, per se e per gli altri. Come diceva Nietzsche, in un’epoca senza Dei bisogna stabilire noi stessi il percorso da seguire.
Nonostante questo sia il modo in cui penso e agisco, nei momenti particolarmente difficili mi rivolgo al cielo, come se stessi parlando con qualcuno o con qualcosa. Non so se serva concretamente, ma a volte non si riesce a fare altro che chiedere aiuto.

Come ci si sente ad incarnare il personaggio che rappresenti all’interno di una realtà di provincia come può essere quella bresciana?

Presto ho cominciato a sentire Brescia come un luogo troppo limitante per me. Per questo motivo mi sono trasferito a Milano dopo la pandemia per studiare ed uscire appunto dalla realtà di provincia, per scoprire la città e le sue opportunità.

Hai mai subito discriminazioni per il tuo aspetto fuori dai canoni ordinari?

Moltissime volte. Penso che dai miei 10/11 anni in poi sia stata una costante. Ho sempre avuto una certa sfacciataggine nel vestire e, indubbiamente, non ho fatto molti sforzi per evitare di essere infastidito. Penso che il coraggio di essere se stessi sia necessario, soprattutto quando la propria vita ruota attorno alla creatività. Cambiare per piacere agli altri per me è una sconfitta.

Se tramite questa intervista potessi veicolare un messaggio alle persone che discriminano il “diverso”, cosa vorresti fargli sapere?

Hanno scelto il modo sbagliato di esternare le loro insicurezze. Chiunque si comporti così è una persona repressa e insicura che proietta sugli altri il proprio senso di inadeguatezza.

Nel tuo singolo “All Black” fai uso di elementi come scream, synth e campionature tipici del metal più industriale ma mischi anche la phonk (sottogenere del rap/hip-hop) che negli ultimi anni ha riscosso un discreto successo. Puoi spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta?

Il phonk è un genere che è nato all’inizio degli anni 2010. Era ispirato al Southern rap del collettivo Three 6 Mafia e aveva un sound molto più simile alla trap. Per i puristi quello è il vero phonk, mentre il genere di “All Black” è drift phonk/house phonk, che unisce il sound dell’og phonk con sonorità elettroniche più distorte e dei beat più dritti.

Quali strumenti o software utilizzi principalmente durante la composizione e la registrazione?

Uso molti VST diversi, ma mi piace sperimentare con l’hardware. Ho diversi sintetizzatori e pedali con cui faccio anche altri generi e quelli mi permettono di ottenere dei suoni unici.

Con chi hai collaborato per la realizzazione di questo singolo?

La strumentale l’ho prodotta interamente io, con aggiunta di chitarre da parte di Serial Sinner. Lui è un mio stretto collaboratore, lavoriamo insieme da tanti anni ed è un artista eccezionale. Il mix e il master sono stati fatti da Paolo Mantini, un’altra persona fantastica con cui lavoro a stretto contatto da tanto tempo su molti fronti.

In che modo vedi “tutto nero” [all black]?

Cerco di essere positivo nella vita, ma fatico a stare bene. Avere l’umore nero è una cosa molto italiana, siamo un popolo drammatico. “All Black” non si riferisce solo a come vedo le cose, ma anche come le presento.

Hai un’estetica estrema che sicuramente rimanda ad artisti come Marilyn Manson o Slipknot; tuttavia, appari piuttosto originale e sfrontato nell’abbigliamento che crei tu stesso. Da dove attingi ispirazione?

Sono sempre stato un grande appassionato di moda. Quando ero piccolo guardavo Project Runway con mia madre e leggevo le sue riviste. Il potere dei vestiti spesso viene sottovalutato essendo l’industria della moda frivola. Ma l’abbigliamento è il modo in cui ci presentiamo al mondo: non come siamo ma come vogliamo apparire, ci permette di mascherarci. Sia Marilyn Manson che gli Slipknot hanno capito bene questa cosa. Sono sempre stato molto influenzato da loro, e quando ho intrapreso la mia carriera ho deciso che neanche io mi sarei messo paletti riguardo al mio modo di apparire. Per questo cerco di esprimermi nella maniera più autentica possibile. Oltre che ad altri musicisti, una mia forte ispirazione sono i designer quali Rick Owens, Yamamoto, Poell e tanti altri. L’elemento avanguardistico e dark è molto presente nell’alta moda ed è decisamente quello che mi affascina maggiormente.

Sei un personaggio eccentrico, artefice anche dei tuoi stessi videoclip. Sorge spontaneo chiedersi se oltre a fare musica tu abbia anche una formazione di tipo artistico…

Mi sono diplomato in graphic design e adesso mi sto laureando in fashion design. Penso che oggigiorno un artista debba avere gli strumenti per poter realizzare in autonomia tutto quello che immagina. Ormai non basta fare solo buona musica, bisogna proporre al pubblico una visione unica e coerente, e per realizzare a pieno un’identità sia di sound che di estetica bisogna avere le competenze adeguate.

Quale è l’idea dietro al tuo videoclip e quali le principali sfide durante le riprese?

Il video di “All Black” riunisce un po’ tutto quello che mi piace vedere in un videoclip. Molte delle riprese richiamano il testo del brano, ma è comunque ricco di immagini evocative ed inquietanti che per me sono come dei quadri mobili. Quando devo realizzare un video penso sempre nei minimi dettagli a tutto quello che deve esserci per coinvolgere al meglio lo spettatore.

Sembri essere un appassionato di film horror, quale è il tuo preferito in assoluto?

Non so se ci sia un solo film che reputo il mio preferito ma sicuramente nella top 3 ci sono “Scream”, “La mosca” e “Alien”.

Quale ritieni che sia stato fino ad ora il momento più gratificante della tua carriera, considerata la tua giovane età?

Non saprei dire con precisione, non mi soffermo mai su questi aspetti. Mi concentro sempre sulla prossima mossa da fare e non amo celebrare le vittorie passate, perché in passato mi hanno distratto dai miei obiettivi futuri. Detto questo sicuramente il successo di “Spine” è stata una bella sorpresa, ma in verità tutte le collaborazioni che ho fatto per me sono state molto appaganti.

Ti ringrazio per la disponibilità e ti auguro in bocca al lupo con la promozione del tuo singolo “All Black”.

Grazie a voi

SUSANNA ZANDONÀ