Intervista ad Antonio Capolupo: “Gioie e Paranoie” di un cantautore bolognese
Si chiama Capolupo ma avrà anche l’attitudine da capobranco? Per scoprirlo lo abbiamo intervistato tra “Gioie e Paranoie”
“Gioie e Paranoie” segna il tuo debutto ufficiale come cantautore, dopo esserti già fatto conoscere come autore e producer. Cosa si prova ad essere ritornati dall’altro lato della barricata?
È stata una sensazione inaspettata in quanto inizialmente non prevista, eppure l’urgenza emotiva e l’autenticità della storia che stavo raccontando ha fatto sì che tutto quel flusso creativo guidasse ogni scelta fino a concedermi, superata l’esitazione iniziale, anche l’opportunità di dare per la prima volta corpo alle parole con la mia voce.
Nella domanda precedente asserivo ad un presunto ritorno sul campo in quanto hai già maturato esperienza in gruppi come gli “Estranea” con cui hai vinto il trofeo Roxy Bar su TMC2 e i “Milagro” (duo acustico). Tutte queste esperienze diversificate ti avranno sicuramente aiutato a capire meglio cosa desideri dalla tua carriera. Quale ruolo senti più affine o pensi di rivestire meglio?
In realtà sento di avere raggiunto un equilibrio con le varie anime che mi hanno nutrito e sedotto artisticamente nel corso del tempo, unendo l’attitudine più rock ed energica della band all’ aspetto autoriale, per poter così raccontare la mia storia attraverso un linguaggio personale in modo autentico e genuino ma solo in apparenza ingenuo.
Le tematiche trattate all’interno di “Gioie e Paranoie” risultano autobiografiche ed indagano approfonditamente il rapporto con una società soffocante che spinge al conformismo. Una quotidianità definita addirittura “alienante”. Tuttavia la tua non è quella che si potrebbe catalogare come l’ennesima lagnanza autoreferenziale del cantautore di turno, anzi, sviluppi un tuo linguaggio per esprimere un desiderio intrinseco nobile, ovvero quello di indagarsi per trovare delle soluzioni. Abbracciare la propria ingombrante parte infantile per trovare un equilibrio o anche imparare ad ascoltarsi per capirsi. Dico bene?
Sì, dici benissimo. Questa canzone non ha pretese di fondo e neppure vuole compiacere per riscuotere consensi. È una confessione spontanea e assolutamente autentica arrivata di getto, in estrema sintesi potrei dire: “quando la vita ti sembra un gran casino alza il volume e canta più forte”. Questa riflessione è scaturita dalla consapevolezza che, se non possiamo sfuggire dal quel rumore di fondo, possiamo almeno imparare a conviverci ognuno nella propria maniera personale, fino a trovare un equilibrio.
Nella domanda precedente ho parlato di una presunta autoreferenzialità che nel tuo caso viene a mancare, in effetti la condizione che affronti è volente o nolente quella di un’intera generazione cresciuta nell’illusione di un futuro roseo e del posto fisso. Mi piace spesso pensare che la musica sia un modo di psicanalizzarsi, nel tuo caso forse la stai facendo insieme a chi ti ascolta?
La musica è sempre stata un luogo in cui poter entrare in contatto con la mia parte più intima, tale da consentirmi di confessare inquietudini che diversamente non avrebbero avuto spazio per emergere. Ho sempre preservato questo aspetto liberatorio e viscerale, che a mio avviso continua ad essere l’unica chiave per creare un vero legame emotivo con chi ascolta, ma ne è una piacevole e gratificante conseguenza, mai l’obbiettivo.
Nella vita di tutti i giorni quali sono le “gioie” e le “paranoie” di Antonio Capolupo?
Le gioie sono i momenti in cui si vive in piena armonia con la propria essenza, nel fare musica, nel vedere crescere un progetto, nelle situazioni semplici come una cena con gli amici di sempre o nel farsi coccolare dal proprio gatto, anche se è più facile il contrario! Le paranoie sono tutte quelle inquietudini che tolgono serenità, quell’ “ansietta” indesiderata che ogni tanto si affaccia, che più respingo e più si trasforma in ossessione.
Il tuo prossimo album: “Tra i miei disordini” uscirà questo autunno, dopo quella che tu definisci una parentesi modern blues. Come ti sei avvicinato a questo genere e in che modo lo hai incorporato nel tuo lavoro?
Ho sempre amato la chitarra, tanto da costruirci una vita attorno, anche se non sono mai stato un virtuoso dello strumento. Per me ha rappresentato piuttosto un ottimo complice per raccontare delle storie. Ma c’è stato un periodo durato circa cinque anni in cui ho sentito la necessità di voler approfondire lo studio del blues per padroneggiarne il linguaggio nella sua accezione più contemporanea definita “modern”. Lavorare quotidianamente sulla improvvisazione (prerogativa del blues), ha sicuramente nutrito la mia musicalità e alimentato l’approccio melodico, aspetti che si sono rivelati utilissimi alla scrittura dei brani seppure il contesto musicale fosse assai diverso.
Che genere di disordini dobbiamo aspettarci?
Disordini esistenziali, in tutte le sfaccettature e declinazioni, per far emergere e riscattare la parte più torbida e inquieta. Questo è ciò che ricerco nella scrittura, del resto “quando sono felice vado al bar!” come disse uno molto più titolato di me!
Quali sono i personaggi che hanno lavorato dietro alle quinte per la realizzazione di questo album?
Le colonne portanti che mi hanno affiancato nella realizzazione dell’album sono state in ordine temporale: Alex Carnevali, Renato Droghetti e Roberto Priori.
Con Alex ho potuto fissare in bella copia e in totale libertà espressiva tutte le idee. In seguito con Renato grazie alla sua immensa musicalità ho potuto sperimentare nuovi orizzonti sonori e vestire pezzo dopo pezzo ogni brano trovando sempre l’abito più appropriato alla canzone. Con Roberto abbiamo registrato e capitalizzato tutto il lavoro sviluppato, curando ogni dettaglio affinché il quadro di insieme fosse più aderente possibile al messaggio.
Progetti per il futuro imminente?
A inizio autunno, quando il sole avrà disperso un po’ della sua energia, in armonia con quel periodo uscirà un nuovo singolo piuttosto introspettivo, accompagnato da un videoclip e sarà l’occasione per rivelare un altro pezzetto di questo mosaico che nella sua globalità è rappresentato dall’ album.
Nel frattempo con altri amici musicisti stiamo allestendo il live, che ci auguriamo sia la dimensione ideale per poter condividere con il pubblico forti emozioni.
Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro in bocca al lupo per la promozione del tuo singolo “Gioie e Paranoie”.
W il Lupo. Grazie a te, a voi, per la bella chiacchierata.
SUSANNA ZANDONA’
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal