ANTONINO ‘Woody’ STELLA – Intervista al chitarrista
by Monica Atzei
6 Gennaio 2017
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Ciao a tutti! Stasera intervisto per Tuttorock Antonino Woody Stella, chitarrista dei Witchwood, di cui ho recensito da pochissimo il nuovo EP.
Ciao Antonino! Innanzitutto complimenti per il nuovo lavoro dei Witchwood : Handful of Stars. Tu hai cominciato a suonare con la band da poco se non sbaglio…
Ciao, grazie! Si in effetti, io suono con la band dal 27 agosto 2015, ero stato chiamato anche per Litanies, ma non potevo perché sotto contratto con altro gruppo quindi dovetti dire di no. Dopo un anno Ricky, con cui siamo molto amici, mi ha riproposto di suonare, ormai ero svincolato e ho accettato con grande gioia.
So che tutti siete parte attiva anche nella produzione e nel “dietro le quinte” diciamo. Come è essere a 360° nella band?
E’ bellissimo questo aspetto! Noi in effetti ci autoproduciamo, poi una grande mano per quanto riguarda la promozione è data dalla Jolly Roger Records e da Barbara Francone della Nee Cee agency di Milano. Ringraziamo entrambe molto per lo sforzo e la fiducia che ripongono in noi, soprattutto Antonio Keller boss della Jolly che per noi si da davvero molto da fare. Il nostro è un artigianato musicale: ad esempio andiamo alle Poste, a turno, a inviare i vinili, le magliette, le foto quando ci vengono richiesti autografati… facciamo molto da noi stessi.
Invece per quanto riguarda proprio il lavoro della band, della stesura e delle musiche come lavorate?
Il mastermind in verità è Ricky, è lui la genesi principale. Lui viene in sala prove e propone un’idea di base, alle volte solo uno spunto altre già idee più strutturate. Avendo un background comune che affonda le radici nei seventies poi é facile trovare riferimenti comuni sull’ idea o il mood che si vuole rendere in fase di arrangiamento. Nei testi traspare l’amore per gli anni ’70, di solito Ricky li scrive poi io, diciamo che dò una sorta di sgrossata all’inglese, cerchiamo delle parole che mantenendo il significato che ci interessa abbiano anche la giusta musicalità e alla fine li inviamo a una ragazza madrelingua Fiona che corregge tutto.
Bene! Allora puoi parlarmi della nascita di Handful of Stars. Dimmi tutto!
Credo che, rispetto a Litanies sia più ricco, più maturo. Tra l’altro ci sono due cover scelte perché importantissime per noi: Flaming Telepath dei Blue ̈Oyster Cult gruppo preferito del bassista Luca Celo Celotti e Rainbow Demon degli Uriah Heep, noi facevamo già Gipsy dal vivo ma volevamo cimentarci in altro. Credo anche che i tre pezzi inediti che nascono contemporaneamente a Litanies e non inseriti per motivi di spazio ora siano giusti per questo EP. Volevamo fare una sorta di mini-album per i fan in attesa dell’album vero e proprio; Handful of Stars era contenuto nel nostro precedente lavoro, qui il brano è più lungo e arriva a 12 minuti e la parte strumentale è più ricca. Sai questo brano è scritto e musicato su un sogno di Ricky.
Mi hai detto prima che con Ricky siete amici da lunga data, ma per come suonate tutti insieme, sembrate veramente affiatati e vicini. Come ti trovi nel gruppo?
Direi benissimo! Noi non siamo una band costruita, noi siamo un incastro a maglie strette; ci ritroviamo in quello che scriviamo, ci ritroviamo nella dimensione live, dove respiriamo all’ unisono, dove il nostro rock è curato ma sudato. Ci dividiamo i compiti, anche per la promozione, siamo l’uno una conferma per l’altro.
Tu insegni a suonare la chitarra, il tuo strumento, ti piace questo ruolo?
Si mi piace! Io ho iniziato a dieci anni a studiare chitarra, da me vengono bambini, ragazzi e adulti; sono felice con loro, vedo brillare i loro occhi quando suonano. Ma li invito a riflettere, dico loro che prima si studia e poi si suonano le scale. Devono imparare il concetto di priorità, studiare sempre e tanto. Non tutti, purtroppo, diventeranno delle rockstar. Io credo che il rock sia la rappresentazione simbolica dei vari malesseri in modalità acustica. Rappresenta anche le brutte emozioni, quelle scomode e quelle impulsive. La rockstar è il capro espiatorio ed è, simbolicamente, quello che esprime la rabbia di un sedicenne, forse è anche per questo che loro sognano di esserlo.
Una curiosità: qual è il concerto che vorresti vedere?
Vorrei vedere i Black Crowes e poi vorrei vedere tantissimo Robert Plant.
Capisco bene questo tuo desiderio, Robert Plant non mi dispiacebbe affatto! Un’ultima curiosità: siete figli del rock anni ’70 dove i gruppi a volte venivano tacciati anche di occultismo per testi, copertine e a volte modus vivendi, invece voi date un peso diverso alla spiritualità. Ti va di parlarmene?
Nei nostri testi la spiritualità è quella del bosco, lo spirito proprio che abita nel bosco. Non è, infatti, un caso che nelle copertine dei dischi non mettiamo simboli che possano rappresentare religioni in generale, visto che noi con l’occultirock di quegli anni non abbiamo a che fare. Non ci va nemmeno di essere associati a band che invece utilizzano questo tipo di simbologia. Io personalmente ci tengo moltissimo che, nei testi e nella grafica non ci sia nulla che rimandi a qualcosa che per me e per il mio modo di essere sia spiacevole. Spero tanto che per motivi commerciali non ci vengano mai affibbiati un’immagine ed un ruolo che non abbiamo, Invece tutto ciò che è spiritualità naturale dai connotati del racconto, vorrei che prendesse ancora più spazio, che fosse più con tinte acquerello che hard & strong, che abbia sempre più una dimensione simbolico-fiabesca come è lo spirito della band. Quindi niente di orrorifico.
Beh che dire!? Grazie infinite Antonino per la pazienza, l’esaustività nelle risposte e la gentilezza. A buone nuove con te e i Witchwood!
MONICA ATZEI
https://www.facebook.com/antonino.stella.18
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Ciao Antonino! Innanzitutto complimenti per il nuovo lavoro dei Witchwood : Handful of Stars. Tu hai cominciato a suonare con la band da poco se non sbaglio…
Ciao, grazie! Si in effetti, io suono con la band dal 27 agosto 2015, ero stato chiamato anche per Litanies, ma non potevo perché sotto contratto con altro gruppo quindi dovetti dire di no. Dopo un anno Ricky, con cui siamo molto amici, mi ha riproposto di suonare, ormai ero svincolato e ho accettato con grande gioia.
So che tutti siete parte attiva anche nella produzione e nel “dietro le quinte” diciamo. Come è essere a 360° nella band?
E’ bellissimo questo aspetto! Noi in effetti ci autoproduciamo, poi una grande mano per quanto riguarda la promozione è data dalla Jolly Roger Records e da Barbara Francone della Nee Cee agency di Milano. Ringraziamo entrambe molto per lo sforzo e la fiducia che ripongono in noi, soprattutto Antonio Keller boss della Jolly che per noi si da davvero molto da fare. Il nostro è un artigianato musicale: ad esempio andiamo alle Poste, a turno, a inviare i vinili, le magliette, le foto quando ci vengono richiesti autografati… facciamo molto da noi stessi.
Invece per quanto riguarda proprio il lavoro della band, della stesura e delle musiche come lavorate?
Il mastermind in verità è Ricky, è lui la genesi principale. Lui viene in sala prove e propone un’idea di base, alle volte solo uno spunto altre già idee più strutturate. Avendo un background comune che affonda le radici nei seventies poi é facile trovare riferimenti comuni sull’ idea o il mood che si vuole rendere in fase di arrangiamento. Nei testi traspare l’amore per gli anni ’70, di solito Ricky li scrive poi io, diciamo che dò una sorta di sgrossata all’inglese, cerchiamo delle parole che mantenendo il significato che ci interessa abbiano anche la giusta musicalità e alla fine li inviamo a una ragazza madrelingua Fiona che corregge tutto.
Bene! Allora puoi parlarmi della nascita di Handful of Stars. Dimmi tutto!
Credo che, rispetto a Litanies sia più ricco, più maturo. Tra l’altro ci sono due cover scelte perché importantissime per noi: Flaming Telepath dei Blue ̈Oyster Cult gruppo preferito del bassista Luca Celo Celotti e Rainbow Demon degli Uriah Heep, noi facevamo già Gipsy dal vivo ma volevamo cimentarci in altro. Credo anche che i tre pezzi inediti che nascono contemporaneamente a Litanies e non inseriti per motivi di spazio ora siano giusti per questo EP. Volevamo fare una sorta di mini-album per i fan in attesa dell’album vero e proprio; Handful of Stars era contenuto nel nostro precedente lavoro, qui il brano è più lungo e arriva a 12 minuti e la parte strumentale è più ricca. Sai questo brano è scritto e musicato su un sogno di Ricky.
Mi hai detto prima che con Ricky siete amici da lunga data, ma per come suonate tutti insieme, sembrate veramente affiatati e vicini. Come ti trovi nel gruppo?
Direi benissimo! Noi non siamo una band costruita, noi siamo un incastro a maglie strette; ci ritroviamo in quello che scriviamo, ci ritroviamo nella dimensione live, dove respiriamo all’ unisono, dove il nostro rock è curato ma sudato. Ci dividiamo i compiti, anche per la promozione, siamo l’uno una conferma per l’altro.
Tu insegni a suonare la chitarra, il tuo strumento, ti piace questo ruolo?
Si mi piace! Io ho iniziato a dieci anni a studiare chitarra, da me vengono bambini, ragazzi e adulti; sono felice con loro, vedo brillare i loro occhi quando suonano. Ma li invito a riflettere, dico loro che prima si studia e poi si suonano le scale. Devono imparare il concetto di priorità, studiare sempre e tanto. Non tutti, purtroppo, diventeranno delle rockstar. Io credo che il rock sia la rappresentazione simbolica dei vari malesseri in modalità acustica. Rappresenta anche le brutte emozioni, quelle scomode e quelle impulsive. La rockstar è il capro espiatorio ed è, simbolicamente, quello che esprime la rabbia di un sedicenne, forse è anche per questo che loro sognano di esserlo.
Una curiosità: qual è il concerto che vorresti vedere?
Vorrei vedere i Black Crowes e poi vorrei vedere tantissimo Robert Plant.
Capisco bene questo tuo desiderio, Robert Plant non mi dispiacebbe affatto! Un’ultima curiosità: siete figli del rock anni ’70 dove i gruppi a volte venivano tacciati anche di occultismo per testi, copertine e a volte modus vivendi, invece voi date un peso diverso alla spiritualità. Ti va di parlarmene?
Nei nostri testi la spiritualità è quella del bosco, lo spirito proprio che abita nel bosco. Non è, infatti, un caso che nelle copertine dei dischi non mettiamo simboli che possano rappresentare religioni in generale, visto che noi con l’occultirock di quegli anni non abbiamo a che fare. Non ci va nemmeno di essere associati a band che invece utilizzano questo tipo di simbologia. Io personalmente ci tengo moltissimo che, nei testi e nella grafica non ci sia nulla che rimandi a qualcosa che per me e per il mio modo di essere sia spiacevole. Spero tanto che per motivi commerciali non ci vengano mai affibbiati un’immagine ed un ruolo che non abbiamo, Invece tutto ciò che è spiritualità naturale dai connotati del racconto, vorrei che prendesse ancora più spazio, che fosse più con tinte acquerello che hard & strong, che abbia sempre più una dimensione simbolico-fiabesca come è lo spirito della band. Quindi niente di orrorifico.
Beh che dire!? Grazie infinite Antonino per la pazienza, l’esaustività nelle risposte e la gentilezza. A buone nuove con te e i Witchwood!
MONICA ATZEI
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Monica Atzei
Insegnante, classe 1975, medioevista ed immersa nella musica sin da bambina. Si occupa per Tuttorock soprattutto di interviste, sue le rubriche "MommyMetalStories" e "Tuttorock_HappyBirthday". Scrive per altri magazine e blog; collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.