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Anna Viganò e il “suo” Verano…e la musica che fa bene alle persone.

Anna Viganò e il “suo” Verano…e la musica che fa bene alle persone.

Una rossa decisa, una ragazza con le idee chiare, lei è Anna Viganò e ci presenta il suo progetto, la sua creatura, Verano.
Apriamo con una breve biografia. Parlaci di te, dei tuoi gusti musicali.
Nasco 30 anni fa circa, a 8 anni vado completamente giù di testa per un film in cui il protagonista è un chitarrista e da lì comincio a suonare. Tra pause e riprese, la chitarra è ancora quell’oggetto che mi induce a spendere un sacco di soldi. 🙂
Non sono una enorme ascoltatrice di musica, nel senso che ho bisogno di tempo per metabolizzarla e di conseguenza non ne trattengo molta. Negli ultimi anni trovo interessantissimo il percorso di St. Vincent.
 
Ci siamo, manca pochissimo ormai, il “tuo” album è pronto, parlacene
E’ incredibile, non è vero? 
E’ stato un lavoro molto rapido, ho scritto tutto tra ottobre e novembre, selezionato i brani a dicembre, entrata in studio con Pietro (Paletti ndr) a Gennaio. Una bella corsa. E’ molto motivante avere una data di fine, io personalmente non conosco altro modo per sentirmi sotto pressione e dare il massimo. E’ un disco molto tastieroso, con delle belle aperture pop e apparentemente poche chitarre. 

Prese singolarmente le canzoni cosa raccontano? 
I brani sono strettamente legati a quello che ho vissuto negli ultimi tempi, figli di un disco scritto velocemente. Mi sono accorta,a giochi finiti, che il disco parla della fine, a più strati. Non è un disco triste, almeno non credo, è una fine spesso vissuta con serena rassegnazione. 

Quali sono i sentimenti e le sensazioni che ti stanno accompagnando in questo periodo?
Sto vivendo un periodo molto intenso a livello personale, spesso sento arrivare uno tsunami di ansia pazzesca dal quale cerco di ripararmi in qualche modo. Sono comunque molto carica per Verano, mi sta dando molta energia l’idea di aver fatto tutto questo in poco tempo e poter essere sul palco a brevissimo. 

È stato un lavoro duro ma cone dicevamo il grosso è fatto e ad aiutarti c’è stato anche Paletti, qual’è stato il suo ruolo?
Dico sempre che potevo decidere di andare in terapia con uno strizza, e invece sono andata da Paletti! Scherzi a parte, scrivere è stata dura, è una psicanalisi a tratti gratificante e a tratti davvero scomoda. Però è un esercizio necessario dal mio punto di vista. Paletti è stato davvero grande: ha un’intelligenza, un talento e una bravura nel leggere piccolissimi segnali e portarli fuori, rendendo i brani qualcosa di davvero unico, che me ne stupisco ogni volta. Ancora e ancora. Io non sarei qui senza Pietro, senza il suo lavoro enorme e senza il suo spronarmi.

Io ho avuto il piacere di parlare con lui un paio di ore, credo sia una persona straordinaria ed è stata una persona umile e sincera. Dal punto di vista lavorativo invece che tipo è?
E’ un treno. Una persona molto pragmatica, a tratti serissimo (il che non è da Paletti), e iper rassicurante. Ti dà l’idea di sapere esattamente dove stiamo andando. C’è anche da dire che Pietro non ne parla mai abbastanza, ma ha un’esperienza alle spalle come sound designer e produttore che levati.

Oltre a lui chi ha contribuito alla lavorazione del tuo primo album?
In studio mi hanno aiutato Michele Marelli (già Paletti e Bugo) alla batteria e Andrea Ponzoni al pianoforte, Pietro al basso e qualche chitarra e Simone Piccinelli (Plan de Fuga) ha finito il tutto con un ottimo mix.
Spiritualmente e oggettivamente, hanno contribuito davvero in moltissimi a questo album. 🙂
Fabio Campetti (già con me in Intercity) che mi ha donato degli spunti preziosi. Garrincha Dischi che mi ha appoggiato quasi da subito, Astarte che sta lavorando a velocità folle sulle date. Sami Oliver Nakari (fotografo pazzesco, segnatevi il suo nome) che mi ha omaggiato con foto incredibili, Elisa Saracino che ha curato la copertina. E poi Ilaria e Gaetano, amici e vecchi compagni di viaggio, che saranno con me sul palco assieme a Riccardo Della Casa (già Wemen).

Ma di sicuro non ci sono solo ringraziamenti, vuoi toglierti qualche sassolino dalla scarpa? Sei giovane puoi ancora approfittare della tua innocenza 
No, nessun sassolino. Sai non sono più così giovane, e una delle cose belle dell’invecchiare è che i sassolini nelle scarpe non ci finiscono quasi mai, oppure te li togli in fretta senza sfruttare la tastiera di un computer.
Se ti riferivi alla mia precedente esperienza, ho concluso un percorso molto lungo e importante con l’Officina Della Camomilla, sono molto grata a Francesco (De leo ndr) per questo tempo speso assieme e penso che lui spacchi, il resto con il tempo troverà la sua giusta collocazione.

A proposito dell’officina della camomilla, hai passato circa 3 anni con  loro, cosa ti ha spinto a lasciarli e a provare da solista?
Avevo in mente Verano da un bel po’ di tempo, ed è arrivato il momento giusto per farlo. 

Finita la preparazione dell’album devi concentrarti sui live, la primavera si avvicina e con essa anche un po’ festival e live, sei pronta?
No, non sono pronta, è tardi e mi serve un sequencer che non trovo (usato). 
Inizieremo a preparare il live in questi giorni, ho molta voglia di tornare sul palco e abbiamo un’estate già bella densa di date. Sono molto felice!

In questo mondo pieno di bugie, di odio e di bassi compromessi sembra quasi che la musica sia l’unica verità, la parte più sincera delle persone.
Dici? Non lo so, musica è un termine ampio. Non credo che tutta la musica sia sincera o vera, ma forse il punto vero è che faccia stare bene la gente.

Album a parte, quali sono i tuoi gusti musicali?
Storicamente sono sempre stata molto legata all’indie italiano, qualsiasi cosa voglia dire indie. Il mio primo piccolo impiego è stato collaborare all’uscita del secondo disco dei Settlefish per Unhip Records nel 2007, per dirti quanto mi sento di appartenere a questo mondo piccolino. 🙂
Se proprio ti devo fare dei nomi, ci sono alcune band alle quali resto legata aldilà del tempo: Massimo Volume, Scisma, o andando più avanti nel tempo i Verdena e gli ultimi Amor Fou. Uscendo dal recinto italico, Iron&Wine (sono arrivata a chiamarci così i miei due gatti), Wilco, St. Vincent, Beach House, Sonic Youth

Quali sono secondo te i 5 cd che non dovrebbero mancare in nessuna collezione?
Questa è la classica domanda in cui tutti rispondono con qualche titolo dei Beatles, un Battisti, qualche nome preso dalla scena prog rock anni 70 e tutti a casa. Io non lo so, davvero non lo so, è molto difficile e forse il concetto di collezione di dischi si è arenato troppo tempo fa.
 
In tutta la storia dei live, quale quello a cui vorresti assistere dal vivo se potessi tornare indietro nel tempo?
Sicuramente Bowie nella NYC degli anni 70/80. Deve essere stata una cosa incredibile.

Musicalmente l’Italia sta sfornando sempre più artisti di qualità che cominciano a essere seguiti non più come artisti di nicchia ma  diventano realtà molto più importanti, tu che lo vivi da dentro ormai da un po’ di anni che cambiamenti hai notato?
Scena Romana!!!!!!!! E’ tutta colpa sua!
Scherzi a parte, la musica dei “piccoli” si sta propagando meglio e questo è un grande segnale per tutti.
Quando vedo amici che fanno l’alcatraz, riempiono i locali, crescono sui social penso che il mercato cominci ad essere meno drogato da logiche altre e più aderente a ciò che è manifesto nella realtà. Non è un mistero che tante band del circuito cosiddetto indie stacchino più biglietti di tanti altri che godono di un’esposizione non paragonabile alla “Nostra” (per nostra non intendo me, ma l’insieme in cui forzatamente sto inscrivendo una scena). Quando sento Calcutta o Joan Thiele in radio non posso che essere felice. Anche se i presupposti da cui partono sono nettamente contrapposti. La gente, la famosa gente, quella dei greggi mentali che ci dipingiamo noi, finalmente skippando in radio sentirà qualcosa di diverso, e magari le piacerà pure. Avere questo tipo di apertura, dalle radio ai locali, è un ottimo segno e spero sia solo l’inizio di un nuovo giorno pieno di sole. 

Daniele “DiKi” Di Chiara
​Photo by Sami Oliver Nakari