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ANDREA TICH – Intervista su “Storia di Tich”

ANDREA TICH – Intervista su “Storia di Tich”

In occasione dell’uscita del suo nuovo album “STORIA DI TICH” ho intervistato ANDREA TICH.

Buongiorno Andrea, piacere di averti sulle pagine di Tuttorock. Visto che mi pare siamo coetanei, vorrei innanzitutto chiederti quali sono stati i tuoi primi ascolti che ti hanno fatto appassionare alla musica?
Negli anni ’60, amavo i “complessi beat” italiani. Crescendo ho scoperto che la musica dei Rolling Stones mi esaltava a tal punto che strimpellavo una sgangherata chitarra a due corde imitando le loro canzoni in un improbabile inglese maccheronico (custodisco ancora oggi la testimonianza di quelle canzoni registrate con un “Geloso” a nastro…). Poi la folgorazione: Frank Zappa and The Mothers of Invention per me è stata una illuminazione, ha cambiato completamente il mio modo di concepire la musica. La sua genialità, l’arte di creare una musica così artigianale e inconsueta, stimolava in me la voglia di imitarlo, ogni singola nota, ogni passaggio musicale, ogni “rumore” era perfetto. Anche il primo Battiato, nello specifico l’album Fetus, ha influenzato le mie primordiali ispirazioni creative. I suoni di questo disco, le atmosfere, gli intarsi di voci, formule fisico/idrauliche e le citazioni classiche (il pianto di Battiato sulle note della Moldava di Smetana, è struggente). Le mie origini Tedesche (lo era mia madre), mi hanno fatto anche appassionare ai Kraftwerk. Le loro canzoni elettroniche racchiudono tutta l’energia e la bellezza delle armonie che scatenano la voglia di vivere una vita parallela, che ipnotizza e ti porta via lontano. 

Come è nata la decisione di intraprendere la carriera musicale da professionista?
Una radio trasmetteva un programma “POP OFF” che tutti noi ascoltavamo con grande interesse perché trasmetteva le novità dall’estero che tanto ci piacevano, erano gli anni ’70. Era condotta dal giornalista musicale Michelangelo Romano, il quale una volta esortò i provetti cantautori di inviare una cassetta con il proprio materiale. Io lo feci, e da lì si concretizzò l’incontro a Milano con l’etichetta alternativa CRAMPS di Gianni Sassi, e nel 1978 con la produzione di Claudio Rocchi vide la luce il mio primo album dal titolo “Mastùrbati”.

L’esordio con una etichetta storica come la Cramps, fucina di talenti, una bella soddisfazione, cosa ricordi di Sassi e della Cramps in quei tempi?
Gianni Sassi non era un discografico, o meglio non vestiva i panni di un discografico. Lui era produttore, imprenditore e fotografo, un creativo a 360°. Si interessava di tutto quello che era arte rigorosamente alternativa. Riuscire per noi (me e Claudio Panarello, mio fido batterista che era ed è ancora parte della mia storia musicale) ad essere in mezzo a quel momento storico è stato davvero esaltante. Sembrava di essere al cinema e di colpo essere catapultato “dentro” il film stesso, come il film di Woody Allen “La rosa purpurea del Cairo”. Insomma, sono fortunato di avere vissuto in prima persona questa esperienza, ed è stato il motivo principale che mi ha fatto scegliere di restare a vivere a Milano.

Sei nato e hai operato in un momento milanese che è nella storia della musica italiana, da Finardi a Battiato, da Rocchi a Camerini, e tanti altri grandi nomi, che ricordi hai di loro?
Claudio Rocchi, essendo stato il produttore del nostro primo disco, l’abbiamo vissuto molto intensamente, andavamo tutti i giorni che precedevano le registrazioni, nella sua bellissima casa/studio dove programmavamo e organizzavamo il futuro lavoro. Quello che mi ha molto colpito è stato il grande rispetto nei confronti della mia musica, non ha stravolto praticamente nulla dell’arrangiamento che avevo pensato, addirittura in qualche caso abbiamo fatto alcuni “editing” dei miei nastri originali. E in più ha impreziosito alcune canzoni coinvolgendo strumentisti del calibro di Lucio “violino” Fabbri, Daniele Cavallanti al sax (che ancora oggi collabora nei miei dischi), Hugh Bullen (bassista di rara bravura) e altri nomi eccellenti che ruotavano nella Cramps. Con Battiato ci sono stati dei contatti ma la sua carriera stava decollando e quindi impossibile da frequentare, i suoi stavano diventando mondi diversi. Finardi, Area, Demetrio Stratos, li incrociavamo spesso e in alcuni casi andavamo alle loro sessioni di registrazione. Quando Alberto Camerini stava registrando “Cenerentola e il pane quotidiano” ci siamo divertiti a mettere voci su un paio di canzoni.

Oltre allo storico Panarello, nel tuo nuovo disco ti avvali della Magister Espresso Orchestra e dello scrittore Alessandro Sbrogiò. Come è nata la collaborazione e in che maniera sono entrati nel disco?
Tutto nasce da una mia ballata acustica dal titolo “Megavita Megamore”: chiedo ad Alessandro Sbrogiò di provare ad arrangiarla con una sezione d’archi, il risultato mi fa capire quale sarà il suono e la direzione di questo nuovo lavoro. Con Alessandro lavoriamo a distanza, continuo a mandargli canzoni e lui arrangia, riorganizza, crea nuove tessiture, a volte sovrapponendole agli arrangiamenti originali, a volte sostituendoli totalmente, le armonie degli archi in sette brani su dieci si amalgamano perfettamente alla mia musica. Al suono degli archi si uniscono il flauto, il clarinetto, il clarinetto basso, il fagotto, la marimba e il vibrafono. Con Claudio Panarello ascoltiamo e riascoltiamo, il risultato ci convince sempre di più, e così ha inizio l’importante collaborazione con la Magister Espresso Orchestra, con oltre 30 strumentisti… Uno sforzo produttivo controcorrente rispetto alle produzioni virtuali che tanto si ascoltano adesso. Per non farci mancare niente, aggiungiamo cinque cantanti di estrazioni diverse e non risparmiamo neanche sull’uso dei sintetizzatori vintage. Insomma: un disco d’altri tempi, per questo suona straordinariamente moderno. 

Nel disco ho percepito molti momenti diversi, musicalmente parlando, canzoni minimaliste, altre intrise di psichedelia, passaggi cantautorali alla Battiato. Sei d’accordo su questa interpretazione? Questa commistione di diverse sensibilità e contaminazioni da cosa è nata?
È nata dalle influenze degli artisti di cui parlavo prima, che hanno in comune il fatto che la musica per me, è sorprendere e immaginare. Le canzoni hanno caratteristiche diverse a seconda di come vengono concepite e cosa vogliono dire. Quando scrivo non penso mai al risultato finale, lascio che sia la musica stessa a portarmi a definire la caratteristica della canzone. La mia ecletticità musicale è una caratteristica che spero mi accompagni sempre perché rispecchia il mio modo di essere e il mio mondo immaginario. 

C’è una canzone cui sei legato in modo particolare in “Storia di Tich”?
È come nel film “La scelta di Sophie”, una madre non ha preferenze per i figli. Diciamo che le canzoni che mi danno ancora emozioni sono:
-“Meduse in amore”: qui siamo di fronte ad una storia d’amore. Ma questa, intensa e struggente, si esaspera fino a diventare sacrificio. L’amore, l’immagine dolce e piena di passione, non esclude nessun essere vivente;
-“Sotto un albero”: una strana e contorta storia d’amore nata tra foreste di tralicci e fabbriche dai fuochi perenni, nella sofferente Sicilia;
-“La finestra”: il ricordo indelebile nella mia casa in Sicilia, un quadro rimasto rigoglioso e vivo ancora adesso. Primavera di un bambino che si sofferma e assapora umori e profumi di un tempo che non c’è più;
-“Racconto in treno”: tanti racconti e tanti pensieri che girano nella testa di chi, nella solitudine, affronta un viaggio. Pensieri raccontati, sogni pieni di aspettative e fantasie, ma senza nulla nel cuore.

Vedi qualche prospetto interessante, un cantante o una band, che potrà avviarsi verso una carriera lunga?
Mi capita di ascoltare qualche nuova canzone o musica interessante, ma non approfondisco più di tanto, sono diventato un ascoltatore pigro. Assimilo attraverso l’etere le influenze e ne traggo le dovute considerazioni. Sicuramente ci saranno belle novità perché è vero che “noi…” spesso diciamo che ai nostri tempi la musica era più bella, stimolante e nuova, io invece sono convinto che ogni periodo ha le sue brutte e inutili uscite discografiche, ma anche novità interessanti. Da sempre e per sempre. 

Progetti futuri? Se sarà possibile, ci possiamo aspettare un tour?
Questa è la speranza che ognuno di noi ha nel cuore… suonare dal vivo. Adesso ci stiamo concentrando sulla promozione e diffusione. I dischi sono da poco in vendita nella loro splendida declinazione: Vinile picture con cd e poster, vinile nero e poster, digipack con booklet. Quando sarà possibile esibirsi dal vivo, sceglierò la formula, chitarra acustica e voce. Un contatto diretto con il pubblico a cui racconterò le mie storie accompagnandoli nel mio giardino di strane canzoni.

MAURIZIO DONINI

Band:
Andrea Tich

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