ANDREA ROCK – Intervista su “THE REBEL POETS”
In occasione dell’uscita del nuovo disco “THE REBEL POETS” ho intervistato ANDREA ROCK.
Ciao Andrea, piacere di risentirci e di avere un nuovo disco di cui parlare, come è nato questo “The rebel poets”? Visto anche il periodo passato di pandemia.
Ciao e grazie a voi come per lo spazio che mi concedete. Il disco è nato in parte nel 2020 quando ho ripreso alcune note vocali dell’anno precedente che rappresentavano una sorta di demo per alcuni nuovi brani. Durante il primo lockdown, infatti, contrariamente a quanto si potesse pensare, non ho scritto musica. Non ho quasi toccato la chitarra. Ho letto molto, però. Un giorno, a giugno 2020, ho ripreso in mano chitarra e mandolino e mi sono chiesto se sarei stato pronto a ripartire con la musica. È stato un attimo: ho ripreso quelle demo, ho scritto un testo derivante esclusivamente dalle mie letture e ho consegnato il tutto ai ragazzi della band che hanno cominciato ad arrangiare i diversi brani, in autonomia. Appena abbiamo avuto modo di ritrovarci in sala prove, il grosso del lavoro era già stato fatto. A novembre 2021 siamo entrati in Attitude Studio e in pochi giorni abbiamo realizzato tutte le riprese.
Ho sentito un suono più ricco rispetto i precedenti lavori, è corretto? Anche il violino è molto presente, sei d’accordo su questa sensazione?
La band consta di un elemento in più rispetto all’ultimo “This is home” e questo sicuramente ha influenzato moltissimo il lavoro in termini di arrangiamento e resa finale. Il violino è la “seconda voce” narrante di tutto l’album. Lorena Vezzaro è la musicista che mi accompagna da più tempo in questo mio percorso; oltre a lei, completano la line up della band Luca Taglietti alla chitarra, Andrea Merlini alla batteria e Ivan Marconi al basso.
La scelta di fare un full lenght in un periodo storico in cui si registrano EP o anche solo singoli, è coraggio o incoscienza? ? ? Chi ha suonato con te nel disco?
Non sono uno di quegli artisti che entra in studio spesso e quando lo faccio voglio che ne valga veramente la pena. Questo è un album che resterà nel genere irish/folk/punk proprio perché completo e coerente; servivano almeno 12 tracce per far comprendere la caratura del progetto. Oltre ai ragazzi della band citati sopra, ho avuto il piacere di ospitare gli amici Dirty Bastards, Mike Rivkees dei Rumjacks, Nicholas Johnson e Filippo Di Dionigi.
Un concept quasi da rebel song, con tanti racconti forti che si riallacciano alla storia irlandese evocando nomi e fatti con un particolare carattere.
In ognuna delle mie attività, che si tratti di radio, tv, web o musica, credo fermamente nel fatto che si debba prendere parola e trattare un argomento, solo se lo si conosce realmente. Il mio rapporto con la cultura irlandese è frutto di costante studio e interesse. Leggo e mi informo di tutto ciò che riguarda quella realtà sia a livello di entertainment (art & travel) sia sotto il profilo storico/geopolitico. Il disco, per questo motivo, è coerente dal punto di vista contenutistico e lontano dai luoghi comuni spesso utilizzati dai gruppi che propongono questo genere.
Se dovessi scegliere una tua canzone preferita nella tracklist?
Ti direi il primo singolo, “Precious Good”. Se da un lato, musicalmente, è un brano perfettamente in linea con le proposte internazionali che tutti gli appassionati conoscono, dal punto di vista del testo racconta quanto sia importante conservare e rispettare una cultura, raccontando le gesta e facendo conoscere i protagonisti dei momenti cruciali della storia irlandese, proprio come si è fatto per decenni attraverso le “rebel songs”. In questo caso siamo nel 1798 a fianco di Wolfe Tone della Society of United Irishmen.
Alcuni pezzi sorprendenti, come la cover di Samarcanda, che ha un seme che immagino pochi conoscano, per cosa l’hai scelta?
Per prima cosa l’ho scelta perché è un brano che ho amato sin da bambino. Il secondo motivo è che la struttura della canzone è del tutto simile a quella di un brano folk rock e quindi l’arrangiamento era quasi “chiamato” … mi sono chiesto più volte perché nessuno l’avesse ripresa! Il brano originale è stato ispirato dal racconto “Appuntamento a Samarra” dello scrittore americano John Henry O’Hara, di chiare origini irlandesi. Il brano non fu compreso da tutti all’epoca, così come spesso quello che io faccio non viene compreso dai cosiddetti “puristi” delle varie scene alternative. Infine, considero personalmente Roberto Vecchioni un vero e proprio peota ribelle italiano.
Il punk irlandese che proponi è un genere molto lontano da quello che si pensa nell’immaginario comune della Londra che brucia, direi che The Pogues, Dropkick Murphys, Flogging Molly, sono molto diversi da Sex Pistols e Clash. Da esperto quali sono le similitudini e le differenze più forti tra i due filoni?
La storia della musica ci insegna che, senza i Sex Pistols, Shane MacGowan non avrebbe iniziato a fare musica, portando l’attitudine punk nella tradizione irlandese. Lo stesso Joe Strummer sostituì Shane alla voce per diverse date dei Pogues (esiste anche un disco live legato a quell’esperienza) … quindi direi che i punti di contatto sono molto solidi. Le differenze sono principalmente nell’utilizzo di determinati strumenti in studio e sul palco, ai quali vengono affidante le parti solitamente destinate alle chitarre.
Cosa ci puoi raccontare del progetto editoriale “Una pinta con Shane McGowan”?
E’ un progetto del quale vado molto orgoglioso. Da anni lamentavo la mancanza di un testo che raccontasse il personaggio di Shane MacGowan, a mio avviso uno dei più interessanti della storia della musica. Grazie all’interesse, alla passione e alla professionalità dei ragazzi di Tsunami siamo riusciti a portare nel nostro Paese un titolo che era stato dimenticato e che meritava di essere pubblicato. Sono veramente felice di aver messo il mio nome all’interno di un piccolo ma importante progetto editoriale così interessante e valido.
Hai condiviso il palco con tanti artisti, uno che ti manca e con cui ti piacerebbe suonare assieme?
Tra le mie band preferite ci sono i Rancid: aprire un loro concerto con gli Andead significherebbe chiudere un cerchio che si è aperto la prima volta che ho ascoltato il loro brano “Radio” … chi l’avrebbe detto a quei tempi che sarebbe diventato il mio lavoro?
Progetti futuri? Ho visto che sei già partito con alcune date dal vivo, hai un tour già definito? Ti potremo incontrare anche lontano da Milano?
Come immaginerai, in questa fase di ripartenza, chi può permettersi di delineare un vero e proprio tour sono gli artisti un po’ più affermati. Noi, eterni emergenti, dobbiamo trovare nuovi spazi, visto che dal 2020 molti non esistono più e quelli più consolidati sono appaltati agli artisti delle major. Quello di cui sono certo è che quando il pubblico avrà modo di sentire dal vivo l’album “The Rebel Poets” rimarrà colpito dalla qualità della musica proposta e dalla varietà di brani validi. Alcune date sono già chiuse sia per questo progetto che per il ritorno su strada degli Andead. Invito i tuoi lettori a seguire i miei spazi social e quelli di IndieBox per avere tutte le info a riguardo.
MAURIZIO DONINI
Band:
Andrea Rock – voce, chitarra
Lorena Vezzaro – violino
Luca Taglietti – chitarra
Ivan Marconi – basso
Andrea Merlini – batteria
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.