ANDREA CERVETTO – Intervista al cantante, chitarrista, arrangiatore e produttore gen …
In occasione dell’uscita in formato fisico del suo album “Horizon”, ho avuto il piacere di fare una chiacchierata telefonica con Andrea Cervetto, chitarrista, cantante, corista, produttore e arrangiatore che fa parte ufficialmente della band mito Il Mito New Trolls dal 2005. Scelto personalmente da Brian May dei Queen per prendere parte al musical “We will rock you” per un tour lungo due anni, ha collaborato inoltre con Ronnie Jones, Alberto Radius, Bernardo Lanzetti, Luisa Corna, Phil Palmer, Enzo Iachetti. Ha scritto insieme a Giancarlo Berardi (fumettista, scrittore e regista) uno spettacolo teatrale su Jimi Hendrix del quale esegue i brani insieme ad Alex Polifrone (batteria) e Fausto Ciapica (basso), presente sul palco oltre a Berardi nel ruolo di narratore e regista anche Franco Ori (pittore di fama) che in tempo reale dipinge tele di notevoli dimensioni con varie tecniche pittoriche raffiguranti il genio della chitarra di Seattle. Collabora con Jack Sonni (ex Dire Straits) per un progetto che vedrà i due artisti protagonisti di un tour.
Ciao Andrea, benvenuto su Tuttorock, come va?
Ciao Marco, piacere! Grazie per l’invito, saluto tutte le persone che seguono Tuttorock. Come va? Va come più o meno per tutti nel settore musicale, un settore colpito in una maniera senza precedenti, non mi ricordo un fermo così forzato prima d’ora, però, tutto sommato, teniamo botta. Io, fortunatamente, sono una persona che ha sempre diversificato nell’ambito musicale. Dipendo come tutti dal live, che è una fetta importante del mio lavoro, però, occupandomi anche di produzione e arrangiamenti ho avuto un danno parzialmente contenuto. Psicologicamente va abbastanza bene perché sembra ci siano segnali di ripresa. Io ho vissuto questo fermo forzato come un’opportunità e non come una limitazione, infatti ho sfruttato questo tempo per dar vita al mio cd “Horizon”. Inutile piangersi addosso, non serve a niente, bisogna sempre pensare a cosa fare per sfruttare al meglio il tempo e migliorare la situazione.
Parliamo appunto di questo disco, uscito in digitale da più di un mese, che riscontri stai avendo?
Devo dire che molte persone sembrano apprezzarlo, questa è la sensazione. Molti aspettano la copia fisica che esce il 21 maggio. Temevo che, dando molto spazio alla chitarra, la cosa finisse per essere un po’ limitante, invece ho notato che è stato apprezzato anche da persone insospettabili, da quelle che seguivano più il mio lato canoro e non soltanto quello esclusivamente chitarristico. Ho inserito due brani in cui canto ma gli altri sono pezzi strumentali e devo dire grazie a Beppe Aleo di Videoradio che mi ha dato gli input e mi ha lasciato il giusto spazio per scrivere le mie cose.
Quando e perché decidi che un brano necessita dell’aggiunta delle parole?
Un brano deve avere una linea melodica riconoscibile, sia che sia strumentale sia che comprenda un testo. Tendenzialmente, quando scrivo, seguo due percorsi diversi, se devo fare un brano strumentale escludo la parte del testo e parto da una linea strumentale che si sviluppa poi in una determinata maniera. Il 99% dei miei brani partono da un input che mi arriva durante la giornata o la notte, poi prendo in mano il telefono e mi salvo il promemoria, lo riascolto dopo un paio di giorni e valuto se l’idea può essere portata avanti, infatti ho il telefono strapieno di registrazioni (ride – ndr). Adotto questo metodo da anni, dai tempi dei primi cellulari con i quali si poteva registrare, anzi, anche da prima, infatti giravo con il registratorino con le microcassette in tasca. Ho inserito due brani cantati perché entrambi trattano lo stesso argomento ma con approcci completamente diversi, sono due facce della stessa medaglia, da lì è nata la scelta, chiamiamola artistica, di metterne uno all’inizio e l’altro alla fine del disco.
Nei brani so che hai avuto alcuni ospiti.
In tutti i brani, eccetto l’ultimo, suonano la batteria Alex Polifrone e il basso suo fratello Paolo, poi, nell’ultimo brano cantato suona le percussioni Dario Tanghetti mentre basso e chitarra li suono io. Poi c’è Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Ramblers che, con il suo violino, ha rafforzato l’idea di rock folk irlandese in “Irish Storm”. Loro sono tutti amici di lunga data e mi faceva piacere averli in questo album. Oggi la tecnologia ti aiuta a registrare a distanza, anche se io amo di più registrare la parte ritmica insieme in studio, essendo però nato il tutto in un periodo di restrizioni, abbiamo fatto tutto a distanza, quindi ho dovuto limitare gli ospiti anche se avrei voluto chiamare altri amici. Nonostante questo, però, l’atteggiamento è stato il solito, abbiamo registrato tutto come se stessimo registrando su nastro, ovvero dall’inizio alla fine senza effettuare microinterventi e senza utilizzare tutti i mezzi a disposizione di oggi. Anche ai ragazzi che mi mandano delle cose da ascoltare chiedo sempre qualche pezzo fatto dal vivo, oramai il cd non fa più fede, oramai tutti possono fare un disco, la vera differenza la fa la musica suonata in maniera live.
Nei tuoi brani sento molto l’influenza di Jimi Hendrix e di Joe Satriani, sono loro i tuoi chitarristi di riferimento?
Allora, Hendrix sicuramente sì, è tra i miei preferiti, Satriani, nonostante io abbia vissuto il suo boom e quello di Steve Vai, non è tra i miei riferimenti. Proprio il brano che dà il titolo all’album ha una matrice Satriani ma mi è venuta per caso, non perché avessi avuto un particolare tipo di influenza. Negli anni accumuli tutto quello che hai ascoltato, poi io ho la massima stima di chiunque prenda in mano una chitarra, anche se adoro e ho fatto anche cose dove la chitarra non è presente. I miei chitarristi di riferimento sono, oltre a Hendrix, Steve Ray Vaughan, Eric Clapton, anche David Gilmour, che amo anche se appartiene ad un mondo più psichedelico e rarefatto, con un’effettistica un po’ più importante rispetto al modo di suonare degli altri che ho citato. Poi adoro Steve Lukather dei Toto, che per me è un gran riferimento, ti nomino anche Brian May, insomma, tutte persone di una certa età (ride – ndr).
C’è qualche artista di oggi che ti emoziona particolarmente?
Devo dire, se si può mettere tra le band di oggi, i Foo Fighters, poi mi piacciono i Green Day, ma anche loro non sono tra i nuovissimi. Tra quelli di oggi potrei dirti i Greta Van Fleet, ok, richiamano spudoratamente il sound dei Led Zeppelin ma ce ne fossero di ragazzi giovani che si ispirano a band che ripercorrono e propongono ai coetanei il sound di quelle grandi band del passato!
Sei stato scelto da Brian May per suonare la chitarra nel musical We Will Rock You, come hai reagito quando hai ricevuto quella notizia?
È stato notevole perché già quando ci siamo incontrati e mi ha detto qualcosa all’orecchio per me è stata una roba pazzesca. Poi mi è arrivata la conferma che ero stato scelto, l’ho rivisto, siamo stati insieme un paio di giorni per provare alcune cose, mi ha regalato un sacchetto di monetine che usa lui per suonare la chitarra. Siccome dovevamo essere fedeli al sound dei Queen, mantenendo però la nostra personalità, ho utilizzato la sua strumentazione e mi sembrava giusto fare lo sforzo di utilizzare la monetina per avvicinarmi ancora di più a quel sound. Molti pensano siano dettagli insignificanti ma ci sono tre cose fondamentali nel sound di Brian May, la moneta, il Trouble Booster e il Vox Ac30, quindi, quando si è accorto che usavo la monetina si è presentato con quel sacchetto pieno di monetine che ho ancora oggi. È stata un’esperienza notevole e ho conosciuto una persona pazzesca, Brian, che potrebbe comportarsi in qualsiasi modo, ha una dedizione e un attenzione e un rispetto per tutte le persone che fanno questo mestiere, a qualsiasi livello, che ti fa capire perché alcune persone arrivano dove arrivano. Poi io, nel mio scorso cd, avevo preso il brano dei Queen “Too much love will kill you” e l’avevo trasformato in un blues, gliel’ho mandato e gli è piaciuto tantissimo, tanto che mi ha voluto dire delle cose e mi ha invitato a riportarle all’interno del cd, infatti, se vai a vedere c’è il suo commento riferito a quel brano. Non so se un artista italiano di quel livello, ammesso che esista, avrebbe fatto una cosa del genere. Sì, ci sono artisti come i Pooh che si comportano magnificamente, ma parliamo di persone che prima di tutto sono dei grandi musicisti, ed è quella per me la grande differenza.
I tuoi progetti futuri? Hai in previsione qualche esibizione live estiva sia per quanto riguarda il tuo progetto solista che con il Mito New Trolls? So che hai anche scritto uno spettacolo teatrale su Jimi Hendrix.
A livello teatrale ho un altro progetto che vedrà la luce nel 2022, i teatri riapriranno a breve ma devono recuperare tutto il cartellone che è rimasto fermo per più di un anno, quindi, il progetto Jimi Hendrix e quell’altro secondo me scaleranno all’autunno del 2022. A livello di live si sta muovendo un po’ di roba, il manager del Mito New Trolls si sta muovendo e con il mio trio e con l’omaggio che faccio ai Dire Straits ho già qualcosa in ballo, non c’è ancora un tour definito ma c’è del movimento che fa ben sperare, sono ottimista.
Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?
Dico una cosa che è una sorta di appello, anche se penso che chi segue Tuttorock la faccia già. Incito a spargere il verbo, fate come una volta, ritagliatevi anche solo 10 minuti al giorno dove vi sedete e ascoltate musica senza fare altro, come se si leggesse un libro. So che è difficile trovare 45 minuti per ascoltare un intero disco, so che per alcuni potrebbe essere tempo perso, ma non lo è, non usate la musica solo come sottofondo, scegliete voi qualcosa e dedicategli anche solamente 10 minuti. Secondo me, se si tornasse a fare così, la musica potrebbe riacquistare il suo valore. Negli ultimi 20 anni, o anche da più tempo, è partita un’opera di deculturizzazione clamorosa e oggi ci ritroviamo ad un punto in cui l’arte non ha più valore e la musica di un certo tipo è diventata una cosa di nicchia. Oggi, anche andare ad un museo o leggere un libro è cosa rara, è in corso un impoverimento della nostra società, bisognerebbe fare qualcosa per arginare questa situazione altrimenti i nostri figli e i nostri nipoti si ritroveranno a far parte di una società arida.
Grazie a te Marco, è stato un piacere. Ciao!
MARCO PRITONI
Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.