AMIR ISSAA – Intervista sul Black Lives Matter
In occasione dell’uscita del singolo “NON RESPIRO”, canzone e video di Davide Shorty per Black Lives Matter, ho intervistato AMIR ISSAA.
Ciao Amir, piacere di conoscerti, innanzitutto una considerazione, ti pare possibile che nel XXI secolo l’uomo possa raggiungere i luoghi più remoti dello spazio, ma abbia ancora la mente chiusa nei recinti del colore della pelle?
Il problema del razzismo e delle discriminazioni è senza tempo: nei secoli, l’uomo ha sempre avuto paura del diverso, anche perché l’incontro tra i popoli differenti era meno facile concretamente. Il grande problema, però, è che oggi, nonostante le migrazioni siano aumentate e sia normale mescolarsi a persone con storie e provenienze diverse, questo fenomeno non sia sparito: è davvero una nostra responsabilità lavorarci per risolverlo.
Il caso di George Floyd ha fatto esplodere il caso del razzismo, ma in realtà chi segue l’argomento sa benissimo che tutto questo è presente da decenni, tanto è vero che ora i casi del passato si stanno moltiplicando, perché finora il problema è sempre rimasto latente?
Perché adesso i social media e la tecnologia, cioè il fatto che chiunque mentre gira per strada può estrarre un telefonino e filmare quello che accade ovunque si trovi, hanno fatto sì che un caso come quello di George Floyd si sia diffuso così tanto tra le persone. L’uso di internet e dei device facilitano molto la testimonianza di questi abusi.
Quando senti dire “io non sono razzista ma”, cosa pensi?
Tante persone sono razziste, ma non hanno il coraggio di ammetterlo, e spesso fanno leva sul fatto di avere amici con origini straniere che sono riusciti ad integrarsi nella società, come se questo fosse un pregio, per sentirsi legittimate a puntare il dito contro chi non ce l’ha ancora fatta.
La tua esperienza personale in materia quale è stata? Posso sperare che hai avuto anche contatti positivi e non solo negativi?
Quello che ho vissuto io da figlio di un immigrato secondo me non è paragonabile alla situazione in cui si trova chi davvero arriva per la prima volta in un altro paese. Intendo dire che le discriminazioni che ho subito io sono diverse, e sono dovute al fatto che ancora oggi, in Italia, vige un immaginario di “italianità” vecchio, legato allo stereotipo per cui un italiano è per forza una persona bianca con un nome totalmente italiano. Non è più così da parecchio tempo, ed è la società italiana che deve prendere atto di questo cambiamento.
E’ indubbio che negli ultimi anni l’intolleranza e il razzismo siano persino aumentati, sotto tutte le forme, anche l’egoismo del sovranismo, l’erigere muri e non solo mentali, con NON RESPIRO avete dimostrato come i confini siano oggi superabili, avete partecipato diversi stati, tutto questo è molto simbolico non trovi?
Certo, perché la canzone “Non respiro” è un buon esempio di come la musica possa diventare strumento per sensibilizzare gli ascoltatori. Nonostante oggi in Italia il rap abbia raggiunto il mainstream e sia diventato un genere musicale forte, il comportamento della comunità hip hop italiana non è sempre in linea con la cultura hip hop americana, che invece è legata sin dalle origini all’attivismo antirazzista, proprio perché nasce nella e dalla comunità black. Quando è avvenuta la morte di George Floyd, io sono stato uno dei pochi rapper italiani a sentirmi in dovere di dire la mia su questo fatto gravissimo, mentre buona parte della comunità di rapper italiani resta in silenzio su questo tema. È ovvio che io mi sia sentito chiamato in causa: so cosa significa subire discriminazioni e attacchi ingiustificati, lo vivo sulla mia pelle da sempre. Per questo motivo, mi è venuto naturale produrre e pubblicare sui miei canali social una strofa in freestyle per esprimere la mia rabbia contro questa ennesima morte per razzismo. A quel punto, il rapper Davide Shorty mi ha contattato da Londra proponendomi di fare una canzone insieme su questo tema. Al pezzo hanno contribuito nuovi artisti, anche da altri paesi, tutti uniti per una giusta causa: David Blank da Milano, Rosetta Karr dalla Svezia, Cyrus Mackey da Chicago.
Musicalmente vuoi raccontarci come nasce Amir Issaa? I tuoi primi ascolti e la spinta a intraprendere questa strada?
Sono cresciuto in una situazione familiare difficile e fino alla mia adolescenza ero un ragazzo chiuso che non aveva il coraggio di parlare dei propri problemi. Quando ho sentito il rap per la prima volta, mi ha aperto un mondo: mi aveva colpito il fatto che per farlo non servivano strumenti particolari se non la propria voce e qualcosa da dire. Da quel momento ho iniziato a buttare fuori tutto quello che avevo dentro, ciò che ho visto e vissuto, e non ho più smesso, al punto che oggi porto in giro la mia testimonianza, nella speranza che serva alle nuove generazioni.
A parte la musica hai avuto molte soddisfazioni, Red Carpet, films, il Presidente Mattarella, quella che ti ha colpito di più e lasciato la maggiore soddisfazione?
La prima volta che sono andato a New York per presentare il mio libro “Vivo per questo” e per fare un concerto alla NYU (New York University). Sono cresciuto sognando di vedere i luoghi da cui tutto era partito, le vere radici della cultura hip hop: il fatto che io sia stato invitato negli States per esibirmi e parlare della mia esperienza, è stata di certo un’enorme soddisfazione. Ma so che, al di là di quell’episodio, il meglio deve ancora venire.
Progetti futuri?
I progetti futuri sono tanti, tra musica, didattica e letteratura: sicuramente ne sentirete parlare.
MAURIZIO DONINI
Band:
Amir Issaa
www.amirmusic.it
www.facebook.com/amirissaa
www.twitter.com/amirissaa
www.youtube.com/amirofficialtv
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.