ALMAMEGRETTA – Intervista a Raiz

In occasione dell’uscita del nuovo album “Senghe” (etichetta The Saifam Group), ho avuto il piacere di intervistare Raiz, storica voce degli Almamegretta una delle più influenti espressioni musicali degli ultimi trent’anni in Italia, con tre Targhe Tenco all’attivo, una partecipazione in gara tra i big a Sanremo nel 2013, undici album e migliaia di concerti in Italia ed Europa. Con album come “Animamigrante”, “Sanacore”, “Lingo” hanno segnato la scena musicale italiana diventandone al tempo stesso tra i rappresentanti più internazionali. Il loro stile è fondato su un ampio numero di generi, dal beat al Rhythm‘n’Blues, dal Reggae al Funk, fino all’elettronica, alla world music e al pop senza ovviamente dimenticare la matrice dub, con un frontman, Raiz, capace di emozionare e scuotere con la sua voce potente e originale. Mai fermi due volte nello stesso posto, il sound che li ha resi famosi in Italia e in Europa si è continuamente evoluto e spostato in direzione delle esigenze artistiche della band e dei testi, da sempre uno dei punti cardine della loro creatività.

Ciao Raiz, benvenuto su Tuttorock, “Senghe”, il titolo del vostro nuovo album, significa crepe, fessure, in napoletano, come mai l’avete scelto?

Ciao Marco, piacere. In un mondo sempre caratterizzato da approcci granitici, assolutisti, ci sembrava che la prospettiva di un muro con delle crepe fosse la migliore. Le crepe rappresentano il dubbio, la rottura delle certezze assolute che portano spesso alla follia, alla mancanza dell’incontro tra diverse culture, opinioni, religioni, lingue. Per me, quest’idea delle scanalature era bella. Poi c’è anche l’allusione ad una bella canzone di Leonard Cohen, “Anthem”, dove dice che è attraverso le fessure che passa la luce. Fessure in inglese diventa “Cracks”, in napoletano “Senghe”, abbiamo adattato quel tipo di lessico alla lingua che spesso parliamo.

Il disco è uscito da pochi giorni ma puoi già dirmi che riscontri state avendo?

I riscontri sono molto buoni sia da parte degli ascoltatori che dagli addetti ai lavori. Un nostro fan ci ha scritto che aspettava questo disco da 20 anni, questa è una bella cosa, è evidente che ci sia una critica perché quello che abbiamo realizzato in questi anni non gli è piaciuto ma lui è stato lì ad aspettare. Raccogliamo con gioia anche le critiche, in realtà sono d’accordo con lui, questo è uno dei dischi più incisivi della nostra carriera e sicuramente il più incisivo degli ultimi tempi.

Riascoltandoti, c’è un brano che ti ha fatto dire: “questo mi è venuto proprio bene”?

È uno dei pochi dischi degli Almamegretta che riconosco come figlio, mi commuove ogni tanto questa o quella canzone che mi riporta ad un momento, tipo se ascolto “Water Di Garden” mi commuovo perché parlo di mia figlia di 3 anni e mezzo, è un brano dedicato a lei, poi anche perché ha quel sound dei primi Almamegretta e mi riporta alla giovinezza. Anche “Senghe” mi piace molto, ho potuto mettere a nudo la parte rock della mia voce, è un disco che, come cantante, mi ha permesso di essere poliedrico.

Il produttore Paolo Baldini, tra l’altro ora anche vostro bassista, cos’ha portato agli Almamegretta?

Paolo ha dieci anni meno di me, ha cominciato a suonare ascoltando la nostra musica, gli è venuta la voglia di suonare il basso con noi, lui è uno dei bassisti dub/reggae più forti che ci siano in Italia. C’è stato un certo scambio, ha potuto prestare un orecchio esterno ma completamente interno, nel senso che si è messo a disposizione della band dal primo momento come se fosse uno di noi, in realtà poi lo era davvero, uno che cresce con la tua musica prende molto del tuo carattere, in più lui ha una freschezza che, noi che siamo insieme da tanto tempo, non abbiamo più. Dopo tanti anni che si lavora insieme si passa da un rapporto di lavoro ad un lavoro quasi di fratellanza, diventiamo quasi una famiglia e sai, in famiglia, si tende a nascondere le cose, soffri nel dire qualcosa e non la dici, in una band non va bene questo, bisogna dirsi tutto. Quando si arriva ad un momento come questo ci si accontenta e si tirano fuori delle cose a mezza via, del tipo “potrebbero fare di più ma non hanno il coraggio di farlo”, quando arriva un elemento nuovo, invece, che ti dice “io mi aspetto questo come fan degli Almamegretta”, vieni stimolato a sorpassare quel momento di dispiacere, vai oltre e la band ne guadagna. Questa entrata di Paolo mi ha fatto molto bene, ci siamo divertiti a fare tante cose, a sperimentare, e ci aspettiamo anche un bel lavoro dal vivo, vediamo che succede.

Le contaminazioni musicali sono da sempre un vostro marchio di fabbrica, mi viene da pensare che tu sia un ascoltatore seriale di musica di ogni genere, è così?

Sì, anche perché quando cresci facendo il musicista all’inizio di approcci da fan alle cose, poi ti avvicini a tutto, io ascolto tantissima musica mediterranea, magari ascolto musica del mediterraneo dell’est e le metto in bocca parole in napoletano, la magia viene fuori perché poi diventano canzoni napoletane pur avendo un’ispirazione lontana da Napoli, lontana fino ad un certo punto, alla fine ci bagnamo nella stessa acqua e dovremmo ricordarcelo più spesso.

Legandomi al tuo discorso, nel 2022 siamo ancora a qui parlare di razzismo, voi usate la musica per informare la gente, usate anche idiomi diversi, secondo te perchè l’ignoranza non viene ancora sconfitta definitivamente?

Perché conviene così, attribuire la causa dei propri problemi agli altri è sempre un’arma vincente, è facile per esempio dire che se in Italia ci sono dei problemi è perché ci sono troppi immigrati, ma non è così. Poi la gente ci crede, altrimenti dovrebbe riflettere troppo su sé stessa, se qualcuno ti dice che un problema che tu hai è stato provocato da un altro, tu sei incline a crederci perché non devi più riflettere su di te.

Quando noi abbiamo cominciato a suonare 30 anni fa l’Italia non era così divisa, ti faccio un esempio, magari mi rendo impopolare. Io ho fatto il servizio militare, ci incontravamo nelle caserme con persone mai viste, un napoletano diventava amico di uno di Bolzano, cosa che non sarebbe mai accaduta al di fuori di quel contesto, ora non voglio dire che rivorrei la leva obbligatoria, però quella cosa lì ti fa capire che c’erano momenti di coesione che non ci sono più. Prima che arrivasse la Lega a mettere un coltello per separare la gente l’Italia era ancora un paese abbastanza coeso, con delle piccole differenze ma coeso. Ad esempio, io sono un napoletano cresciuto nella provincia di Milano che per me è casa mia esattamente come Napoli, mi rendo conto che oggi poche persone la pensano allo stesso modo, è stato scavato un solco che fa male e, se è stato fatto in Italia, figuriamoci nel resto del mondo.

30 anni di carriera che, per le varie restrizioni, non avete potuto festeggiare a dovere, avete in mente qualcosa per recuperare?

Ormai passato il santo è passata la festa, abbiamo forse guardato un po’ troppo indietro, i nostri fan vogliono sempre i nostri brani vecchi, facendo pezzi nuovi noi vogliamo proporre anche quello che siamo adesso, altrimenti non ci sprecheremmo a farle, sarebbe un revival. Abbiamo celebrato i 25 anni con una ristampa di un disco che è andata molto bene, abbiamo venduto 2000 copie, cosa che oggi significa molto.

Dal 2003 al 2013 tu hai intrapreso una carriera solista, rifaresti questa scelta?

Penso che ogni momento sia dettato da un’esigenza, in quel momento lì la band si era un po’ frantumata non a livello umano ma musicale, andavamo avanti da tanto tempo e avremmo dovuto avere il coraggio di tirare i remi in barca, magari fermarci per un anno per poi rimetterci in carreggiata. Il mio disco solista è stato visto come un “me ne vado”, ma non è stato così, hanno fatto dischi senza di me ma li ho sempre ascoltati prima che uscissero, così come gli altri Alma venivano a vedermi nel mio progetto solista, non si è mai interrotto il rapporto umano. Ognuno di noi ha carriere soliste, ad esempio adesso ho in programma con una band di Bari, i Radicanto, l’uscita di un disco solista dedicato completamente ad un cantante della tradizione classica napoletana, Sergio Bruni, ed è un disco che va in un’altra direzione, non mi metterei a chiamare Paolo Baldini per produrlo, sarebbe un’assurdità. Faccio anche altre cose, sto lavorando nel cinema come attore, sono impegnato in una fiction della Rai, faccio tante cose e non ho rimpianti, quella cosa è successa perché doveva succedere, fossimo stati più furbi con l’aiuto magari di una come mia moglie che fa formazione manageriale, magari ci saremmo fermati, però eravamo giovani e inesperti ed è andata così.

Ho visto che avete già fissato alcune date per il tour, ne aggiungete altre?

Quelle che vedete nel nostro calendario saranno quelle che faremo in estate, uscendo con un disco a giugno sapevamo che molti festival sarebbero stati già occupati. Poi estenderemo le date nei club nel prossimo inverno, il disco ha un sound molto dance, elettronico, cominceremo con la nostra formazione elettro acustica più virata verso l’elettronica ma l’intenzione è di trasformare il suono della band e uscire con un qualcosa molto granitico dove il club rappresenterebbe la casa ideale. Dopo la pandemia è tutto in divenire e diventa difficile fare programmi a lungo termine, si vive alla giornata con la musica per quelli che fanno parte della nostra fascia di mercato.

MARCO PRITONI

Band:
RAIZ – voce
PIER PAOLO POLCARI – tastiere, programming
GENNARO “T” TESONE – batteria
PAOLO BALDINI – basso, programming
FEFO FORCONI – chitarra
ALBINO D’AMATO – live engineering

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