AIM – Intervista alla band
D: Se vi chiedessi di definirvi con poche parole, per qualcuno che non vi ha mai ascoltato, cosa direste?
R: Marco Fiorello ( voce e chitarra): Violenza e Atmosfera
Matteo Camisasca (batteria): Cuore e Divertimento
Marco Camisasca (basso e cori): Grinta e Tenacia
D: Avete tirato fuori parole cariche di significato: grinta e tenacia, cuore e divertimento, violenza e atmosfera….Che si sentono e non si sentono nel vostro disco…
R. ( I nostri 3 si mettono a ridere poi ci risponde Marco Camisasca) E questa è una bella osservazione…Direi che si sentono maggiormente nei concerti, nei live perché è sempre difficile tirare fuori in un disco anche se lo fai in presa diretta quello che provi veramente sul palco. Quando sei in studio hai la tua cuffia rec, play, anche se lo fai in presa diretta sei sempre troppo concentrato su quello che suoni. Mentre nel live di lasci molto più andare, sicuramente il cuore si sente molto più nel live, il cuore è live,l’atmosfera è live… anche se queste caratteristiche, man mano che ci ascolti, anche sul disco lo puoi trovare.
D: Prossima domanda, per il professore di inglese ( Marco Fiorello): voi avete iniziato con dei dischi che rispetto a questo secondo me sono molto più melodici e soprattutto erano interamente cantati in inglese. Questa è stata una cosa naturale o è stata una scelta ragionata?
R: In realtà siamo stati molto influenzati dal fratello dei gemelli, che è molto più grande di noi e ci portava ai concerti di gruppi americani e ci passava tanta musica di quel tipo e abbiamo sempre ammirato la scena americana hard core, piuttosto che soft punk. Eravamo influenzati da quello, non ci abbiamo proprio pensato a fare qualcosa in italiano, siamo partiti con lui a fare roba in inglese. Poi nel nostro penultimo disco, We Are Sailing, insieme a Federico Dragoni, dei Ministri che ci ha prodotto abbiamo provato a sperimentare qualcosa in italiano, ci è piaciuto il risultato e quindi abbiamo deciso di fare questo disco in italiano. (Marco Camisasca)Si, è stata una sfida. Non sapevamo se farlo in italiano, ci siamo sfidati. Avevamo i pezzi pronti, ci siamo detti ok iniziamo a pensare in Italiano. Ci siamo sfidati, era una sfida a rinnovarsi, una cosa che, secondo me, a volte nella musica è essenziale, soprattutto per noi.
D: A questo proposito…mi collego con una domanda secca. “Finalmente a casa” è un titolo evocativo e tra l’altro questo è un album che sembra, rispetto ai precedenti, molto più intimo, nel senso che, ascoltandolo, si ha la percezione che vi raccontiate, che, in un certo senso, vi mettiate a nudo al cento per cento e oltretutto è l’unico album cantato completamente in Italiano. Quindi mi ha fatto pensare è un “ finalmente a casa” in tutti i sensi…mi sbaglio?Ad esempio, “Non parli già da un pò” sembra il racconto di un qualcosa che è stato realmente vissuto…
R: (Marco Fiorello)Si quella l’ho pensata, rispetto a tanti miei alunni. Li vedo, anche se così giovani, hanno 13/14 anni, li vedo indifferenti, spenti,senza grinta, senza passioni e da lì è nata l’idea di questa canzone che poi a volte si riflette anche sul mio stato d’animo anch’io a volte sono apatico. E’ una canzone sull’apatia. Infatti il lavoro di insegnante mi aiuta ad avere tanti stimoli per suonare, comporre e viceversa. L’origine di “Non parli già da un po’ “è questa. Ho pensato a una mia alunna, che attraversava un momento particolare e ho provato a descriverla.
D: Lasciamo un attimo il vostro disco. Molti, colleghi o semplici ascoltatori, parlano di una “Morte” della musica underground. Voi che siete parte di questa scena, cosa ne pensate? Condividete questa visione o no?
R: A mio parere è un’affermazione sbagliata. Noi di lavoro, facciamo anche i promoter, organizziamo concerti ,soprattutto concerti underground,abbiamo una nostra agenzia, facciamo produzioni soprattutto milanesi, lavoriamo in location molto grosse in cui viene preferita proprio la musica underground. Sta di fatto che dipende dalle zone. A Milano c’è un grande risveglio della scena underground. Ad esempio Brunori Sas, prodotto con le nostre forze ha fatto sold out in tutti i posto in cui ha suonato. Tante piccole produzioni che riempiono i locali, anche su l’hip-hop. Quindi dipende veramente dal posto. A Milano devo dire che si è risvegliata un po’, sembra di essere tornati agli anni 90: quando la sera si usciva e c’erano concerti ovunque….e adesso a Milano e in provincia, sono raddoppiati i locali nonostante la crisi ed è raddoppiata la scena underground che a volte è più potente della scena major, cioè con meno soldi, i promoter e i locali guadagnano più soldi mentre gli artisti major che stanno un po’ decadendo. Bisogna insistere, noi andiamo in giro da anni, ci siamo trovati in situazioni in cui eravamo appezzatissimi, soprattutto anche all’estero. Abbiamo girato tanto in Germania, Repubblica Ceca…anche in Svizzera. Anche se lì la situazione è diversa: anche se magari nel locale c’è poca gente, sono venuti ad ascoltarti,sono venuti per sentire cosa stai facendo,cosa esprimi. Cosa che è fondamentale, hanno la curiosità di uscire, non per andare a ubriacarsi ma per andare a scoprire qualcosa di nuovo. Quella è la scena. E questa cosa in Italia, in determinati posti, viene proprio a mancare poi vedremo stasera cosa succede all’Old Square.
D: Come è nato questo progetto “AIM”?
R: (Marco Fiorello)Ci siamo conosciuti per caso, perché avevo bisogno di gente che suonasse per una festa in una scuola. Sono andato nella sala prove che gestivano loro, siamo diventati amici poi abbiamo iniziato a suonare insieme. All’inizio facevamo cover, abbiamo iniziato a suonare anche con il fratello dei gemelli, che era più grande di noi e ci dava un po’ di dritte, ci ha influenzato molto e da lì sono nati gli AIM. Poi lui è andato via, ho iniziato a cantare io e siamo andati avanti….però tutto è iniziato 12 anni fa in una sala prove della Brianza. Un incontro totalmente casuale.
(Matteo Camisasca) E’ stato completamente casuale. Prima con noi c’era anche Luca, nostro fratello, il ragazzo di cui parlava Fiorello, poi noi abbiamo iniziato a suonare molto e lui non riusciva a conciliare l’impegno della band con gli impegni lavorativi e quindi ha lasciato gli AIM. Noi invece non ci siamo arresi, siamo andati avanti ed eccoci qui. Questa è la tenacia di cui parlavamo prima. E questi sono gli AIM da 8 anni.
(Marco Camisasca) Il realtà c’è stata una pausa di un anno, un anno e mezzo. C’eravamo bloccati,non suonavamo, c’eravamo proprio staccati poi a un certo punto abbiamo proprio sentito un richiamo. E’ il fatidico rock’n roll perché a un certo punto diventa proprio una scuola di vita. Noi viviamo di rock’n roll, cioè nel senso viviamo di musica. E questa passione per la musica ci ha portato per esempio a diventare uno tra i più grossi promoter dell’underground lombardo e quindi è proprio una necessità che ci spinge ogni giorno ad andare avanti. Anche nei momenti difficili perché è in quei momenti che vedi se la tua voglia di rockeggiare c’è perché è facile rockeggiare davanti a 500mila persone. La tenacia, la grinta vengono fuori quando ti trovi a suonare davanti a due persone. Questa è la magia del rock e della musica in generale, secondo me.
D: Vi definiscono una band “rock indie”. Vi ci ritrovate in questa definizione?
R: (Marco Camisasca) Odio le definizioni.
(Marco Fiorello)L’importante è suonare.
(Matteo Camisasca) Per me personalmente non ci sono generi musicali. E’ rock, ok il rock ha tante sfumature però è sempre rock . Poi se vuoi chiamarmi post-rock, Indie-rock..Brianza-Rock…
(Marco Camisasca) Poi è stupido. Molta gente va ai concerti solo dopo aver capito che cosa suonano i gruppi, tipo “ Vado a sentirmi questo gruppo perché è Indie-rock.” e poi il più delle volte non sanno neanche cosa indie, non sanno cosa vuol dire metal quindi…Le definizioni di genere…non vanno bene, distaccano la gente.
D: Progetti per il futuro?
R: (Marco F.)Io vorrei fare il giardiniere.
(Matteo C.) Io vorrei avere due figli.
(Marco C.) Uno mi basterebbe.
Però vedi anche su questo: lui ( Marco Fiorello) è venuto in tour di 4 date una settimana dopo che era nato il primo figlio, questa è la forza. Io mi permetto di dire che oltre alla nostra forza, abbiamo la possibilità di fare tutto questo grazie alle nostre bellissime donne, che sono più rock’n roll di noi e ci spronano ad andare avanti e fare quello che ci piace. Però io volevo dire questo: rock non nel senso che ascolta rock. Il rock è uno stile di vita, rock è affronto tutte le situazioni al massimo e mi godo tutti i giorni come se fossero l’ultimo.
D: Volevo approfondire con voi uno dei brani che ho amato di più tra quelli presenti nel disco: Nel nuovo giorno.
R: Dicci prima la tua, invertiamo l’intervista. Perché ti ha colpito?
Io: Mi ha colpito per 2 motivi: Il modo in cui la interpreti. Nelle altre canzoni hai un cantato più melodico, in questo pezzo invece hai un’interpretazione teatrale che mi ha un po’ ricordato il teatro degli orrori. L’altra cosa che mi ha colpito è che questo brano ha venature molto punk.
R: Brava, ti sei preparata. E’ uno dei pezzi che amo di più nel disco ed è quello che secondo me esprime veramente quello che siamo. Siamo potenti ma…
Io: Tra l’altro “nel nuovo giorno” colpisce anche perché dà l’impressione che siate più liberi, come se vi foste liberati da delle catene…
R:Ne abbiamo avute tante di catene, in effetti, soprattutto nella produzione con Federico Dragogna. E’ stata un’esperienza bellissima però ci sentivamo delle macchinette. Abbiamo imparato tantissimo. Lui è bravissimo, consiglio a tutti di lavorare con lui però a un certo punto dipende cosa vuole fare la band cioè sentirsi liberi e noi abbiamo suonato molto liberamente in questo pezzo. Nel nuovo giorno, come dici tu, questa cosa si sente molto e ha proprio un effetto punk. Come facciamo questa roba? Boh vai dritto, fai 5 minuti di pezzo non importa come e noi siamo andati ….concordiamo con te comunque è un pezzo che ci piace molto…ci ha fatto tornare “Finalmente a casa”.
D: I gruppi che vi hanno ispirato.
R: (Marco C.) Si anche a me, molto . Sempre soprattutto musica americana che spesso gli italiani non conosco. Sul fronte italiano, il Teatro degli Orrori piacciono un botto. Quando sono in vena, spaccano di brutto più dei Ministri, più dei Verdena, più di qualsiasi altro gruppo.
(Matteo C) per me i gruppi che mi hanno ispirato di più sono gli AFI, Copeland e Eliot, questi sono i gruppi che mi hanno influenzato maggiormente.
( Marco F.) ci pensavo in questi giorni…mi trovo una grossa influenza, soprattutto per come suono, come suoniamo, di un gruppo di nostri amici tedeschi, che adesso non suonano più: i Jambo Jet. Li abbiamo visti suonare, siamo stati in tour con loro…Non ho mai visto un gruppo così coeso, così violento, così preciso…non so…li ho visti per la prima volta che avevo 18 anni e ho pensato “ questo vuol dire suonare dal vivo! O è così o non suono”. Non ho visto nessun altro gruppo suonare come loro, dal vivo. Andavamo con loro in tour in Germania e facevamo la gara a chi faceva più casino. A volte finivamo tutti insieme sul palco..un delirio…però secondo me quella è stata la cosa che mi ha più influenzato anche per come prendevano il live. Cioè: pronti via,senza paranoie, si sale e si spacca tutto. Quella è la mentalità giusta secondo me.
D: Sogno nel cassetto?
R: In generale, prima di tutto essere felici. Lottare per fare quello che ti rende felice. Per la musica: riuscire a farsi ascoltare da più gente possibile.
Una piscina
Riuscire a passare dei valori ai miei figli. Vedo tanti giovani, vorrei riuscire a passargli dei valori.
D: Molti ragazzi che suonano e sognano di vivere della loro musica dicono che devono andare all’estero perché in Italia non c’è futuro. Voi che gli direste?
R: (Marco C.) Nessuno ti regala niente. Per andare avanti e far conoscere la tua musica non devi stare seduto su una sedia, devi sbatterti. Noi siamo cresciuti grazie a questa cosa, nessuno ci ha mai regalato niente. Adesso, siamo riconosciuti nel panorama rock indipendente e siamo contenti, ma siamo riconosciuti perché comunque ci siamo fatti il mazzo. Rompere le palle ai promoter, suonare gratis, aiutare gli altri gruppi, scambiarsi le date dei live…E adesso siamo quelli che siamo. Siamo riconosciuti? Si e sicuramente abbiamo fatto dei passi in avanti allucinanti, però siamo sempre quello che eravamo: persone che credono in quello che fanno.
La capisco la roba: andiamo all’estero, ci sta! Lì, come dicevamo prima, sono molto più attenti e reattivi. Il fatto è che se io vado all’estero, ho otto milioni di gruppi che mi spaccano il culo. E’ anche una cosa positiva per imparare. Ci sono pochissime band italiane che sono andate all’estero e ce l’hanno fatta. Guarda i Verdena: sono andati, hanno fatto 3 date in Svizzera e poi sono tornati in Italia. Se l’hanno fatto i Verdena che sono una delle migliori band italiane, immagina un piccolo gruppo che sta iniziando. Devi fare una gavetta di anni, sputare sangue, dormire per terra, guadagnare zero…voglio vedere se c’è qualche band disposta a farlo. Noi l’abbiamo fatto.
Dopo mezz’ora di intervista e tante risate,li lasciamo a rilassarsi prima del live.
SOFIA COLLU
Members:
Fiore: Voce e chitarra
Marco: Basso e cori
Matteo: Batteria
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