A67 – Intervista a Daniele Sanzone
In occasione dell’uscita del loro album “NAPLES CALLING” ho intervistato la band partenopea A67
Ciao, piacere di avere fatto la vostra conoscenza, inizierei con il dire che il vostro disco mi ha stupito molto, nel senso che non conoscendovi e presentati come gruppo rap, in realtà attraversate tanti mondi musicali, la bellissima Zero Alibi è un tipo di canzone con la forza del punk e la gioia del pop. Voi in quale universo musicale vi riconoscete maggiormente?
Non abbiamo mai avuto generi di riferimenti e ci piace l’idea di poter spaziare da un mondo all’altro, la musica è troppo bella per ascoltare e fare solo uno di genere.
Allacciandomi alla domanda precedente, da quali passati e ascolti provenite?
Essendo diverse teste veniamo tutti da ascolti diversi forse anche per questo il nostro sound è così eterogeneo. La costante che unisce tutti era ed è Pino Daniele che ha sintetizzato nella forma canzone la tradizione della musica napoletana con il blues e il rock d’oltreoceano. Il funk, il blues, il rock, il rap, il reggae sono tutti mondi che amiamo insomma la buona musica.
Il titolo del nuovo album, “Naples Calling”, si richiama esplicitamente ai Clash di “London Calling”, allora fu il simbolo della Londra che bruciava sotto le sferzate del punk per poi risorgere, che significato avete voluto dare alla vostra versione?
Volevamo omaggiare una delle più grandi band di tutti i tempi nel quarantennale di uno dei dischi più riusciti della storia del rock. Tra l’altro il titolo ci è sembrato perfetto per raccontare la nostra Napoli. Ci siamo immaginati che la città chiamasse sé stessa attraverso la propria maschera, Pulcinella, che pur di svegliare il proprio popolo dalla rassegnazione arrivasse a un atto estremo: incendiarsi in mezzo piazza Mercato. Piazza simbolo perché lì nacque Masaniello e fu impiccata Eleonora Pimentel Fonseca nel 1799. Un Pulcinella rivoluzionario che si immola come Ian Palach nella primavera di Praga e la recente, Sahar Khodayari, 29enne iraniana che si è data fuoco perchè condannata al carcere per essere entrata in uno stadio di calcio. Un gesto drammatico per svegliare la coscienza di un popolo nella speranza di una nuova primavera italiana.
Nel variegato mondo di questo album troviamo brani in dialetto che anche musicalmente richiamano la musica del grande e indimenticabile Pino Daniele, avete subito la sua influenza nel vostro percorso musicale?
Per chi nasce a Napoli Pino Daniele è come Bob Marley per chi fa reggae, è un punto fermo. Tutti noi amiamo zio Pino e quando ci chiamò per suonare al mini-tour di “Tutta n’ata storia” a Napoli non volevamo crederci. È stato come realizzare un sogno.
Quanta importanza e significato ha l’origine, nel vostro caso la ‘napoletanità’, nel processo creativo? I vostri testi sono particolarmente intelligenti e centrati in un periodo in cui la parola sta perdendo importanza a vantaggio della sola immagine.
Napoli è un universo incredibile di colori, suoni, sensazioni e emozioni. Nascere qui significa avere a disposizione un inventario infinito di storie che si possono dipingere attraverso le sfumature meravigliose della nostra lingua, ma è anche un peso da portare. La gloriosa tradizione della musica napoletana comporta anche una responsabilità, bisogna partire da essa, rispettarla ma avere anche il coraggio e la forza di andare oltre proprio come ha fatto Pino Daniele. Per quanto riguarda i testi speriamo si torni a ridare peso e dignità alle parole come negli anni ’90 dove oltre al mainstream c’era anche chi andava in classifica trattando temi di un certo tipo e non solo culi, auto e soldi.
Fra tutte le esperienze del passato sui palchi del mondo ne ricordate qualcuna in particolare, anche per un aneddoto speciale?
Sicuramente il festival in Brasile in cui ci siamo confrontati con i suoni e i gruppi di tutto il sud America e i concerti insieme a Pino Daniele resteranno sempre nel nostro cuore.
Avete avuto collaborazioni importanti, da Caparezza a Frankie Hi-Nrg per citarne qualcuna, momenti o ricordi speciale fra le tante?
Difficile rispondere, ce ne sono troppi anche perché i nostri non sono featuring da vantare e mostrare nei dischi, ma vere e proprie collaborazioni che nascono da amicizie vere e visoni del mondo simili. Quella più divertente è forse quella con Dario dei Foja, spesso ci scambiano per la stessa persona avendo nome e cognome simili da qui l’idea di firmarci finalmente un pezzo assieme: D. S e D. S
Una collaborazione particolare è stata con un’icona della cultura e della società italiana come Roberto Saviano, voi ricordate sempre di provenire da un quartiere ‘difficile’ quale Scampia, come è nata e cosa ha portato l’unire la vostra musica all’arte di Saviano.
Anche lì ciò che ci legava a Roberto era ed è lo stesso sguardo sul mondo, nel 2005 esordimmo con un disco che si chiamava, ‘A camorra song’ io, anticipando tutti su quel tema. Gomorra arrivò un anno dopo e collaborare ci sembrò la cosa più naturale di questo mondo.
Progetti futuri? Possiamo sperare di vedervi presto in tour?
Assolutamente, per ora segnatevi il 7 che presentiamo il disco alla Feltrinelli di piazza dei martiri con tanti amici tra cui Sandro Ruotolo, Giorgio Verdelli, Luca Delgado e gli sopiti napoletani dell’album: Franco Ricciardi e Dario Sansone.
MAURIZIO DONINI
BAND:
Daniele Sanzone, voce
Enzo Cangiano, chitarre e programming
Gianluca Ciccarelli, basso
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.