2 Hicks 1 Cityman-L’intervista
by tuttorock
28 Aprile 2016
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Due campagnoli ed un cittadino. Questi sono i Two Hicks One Cityman.
Chitarre ariose, riverberi e una sezione ritmica nervosa fa spaziare la band tra il soul e lo space-rock, un basso molto melodico e preciso conferisce un sound anni ’70 che fa della band un vero e proprio crocevia di gusti musicali, con riferimenti che spaziano fino alla scena indipendente americana degli anni Novanta.
E oggi abbiamo l’onore di intervistarli e di metterli…a nudo per Tuttorock.
-Allora ragazzi ditemi chi siete, da dove venite?
-Siamo Giorgio, Alessandro e Francesco. Amici da molti anni. Veniamo da Mantova, anche se ognuno di noi per motivi di studio o lavoro vive in una città diversa. La nostra amicizia trova in comune la voglia di suonare e divertirsi!
-Come vi siete conosciuti?
Io e Alessandro ci siamo conosciuti diversi anni fa quando la nostra vecchia band necessitava di un chitarrista. Francesco è sempre stato un amico di Alessandro, per cui l’incontro è stato facile.
-Quando avete capito che era il momento di creare qualcosa e di mettervi alla prova?
Ad agosto 2015 decidemmo io e Alessandro di metterci in sala prove per cercare di buttare giù idee che avevamo da molto tempo ma che non avevamo mai finalizzato. Dopo un paio di prove (in cui finimmo un pezzo, “only with me”) venne in saletta per passare la serata Francesco. Casualmente in saletta c’era il basso di un’altra band e lui comincio a suonarlo cercando di venirci dietro. Nel giro di un mese eravamo in studio di registrazione!
–Raccontateci qualche aneddoto particolare capitato durante questo primo periodo insieme.
Beh, diciamo che abbiamo collezionato una serie di città durante il tour promozionale in questo primo periodo e abbiamo molti ricordi o aneddoti divertenti. Forse il più simpatico di tutti ci è capitato a Napoli: un vigile ci ha fatto una multa per divieto di sosta, ma al nostro ritorno all’auto la multa non c’era. A questo punto, arriva un gentile signore e ci avvisa che alcuni ragazzi ce l’hanno rubata dal parabrezza. Cioè…ci hanno rubato la multa!!
Ahahah, il bello di una città “vivace”.Chi di voi ha scelto il nome della band?
È stato un percorso mentale condiviso, ma Alessandro è stato il primo a pronunciare quelle parole. Partendo dal presupposto che quando siamo entrati in studio eravamo ancora senza nome, nel momento in cui abbiamo iniziato a fissare concerti, è partita una corsa disperata per trovarne uno. (Ottobre 2015). Alla fine è arrivato “Two Hicks One Cityman“, un po’ per riassumere i nostri animi e le nostre identità. La vita grezza ma autentica di due ragazzi di campagna e quella frenetica di un businessman di città; il soul e r’n’b dal sapore vintage e il nervosismo tipico del rock contemporaneo.
Ero stato fuorviato dal luogo della masterizzazione del vostro album, gli studi indiebox, mi aspettavo un Ep punk e invece il vostro genere è un soul/space rock, tra l’altro molto bello, parlacene.
Abbiamo optato per gli studi Indiebox perché volevamo andare a colpo sicuro. Non volevamo rinunciare al grandissimo Giovanni Bottoglia, che musicalmente ci conosce da molti anni. Essere in studio sotto le sue mani(o microfoni, dipende dai punti di vista) ci mette tranquillità e la certezza di un ottimo risultato finale.
-È il vostro primo Ep ed ho notato che è molto ben curato, di chi è il merito?
Il merito, nulla toglierci, é dato dal caso. Come prima anticipavo i pezzi sono stati creati e registrati nel giro di un mese. Non avevano le idee chiare come ora sul progetto. Suonavamo e basta. La registrazione, che è molto bella, in realtà è stata registrata tutta in presa diretta, senza sovraincisioni e in una sola giornata! Inizialmente pensavamo di registrare un demo da ascoltarci tra di noi per capire dove migliorare e che strada intraprendere. Siamo rimasti così fulminati da quello che avevamo fatto con cosi tanta disinvoltura, che decidemmo di bruciar le tappe e di pubblicarlo come EP!
-Avete in mente una seconda parte di questo Ep o vi dedicherete solo ai live per adesso?
In realtà stiamo facendo tutti e due. Stiamo registrando pezzi del nuovo album, che sarà in uscita il prossimo inverno. Allo stesso tempo, continuiamo a suonare live. L’aspetto live per noi è importantissimo!!
-Sta per uscire anche il vostro primo video, di cosa parla il pezzo?
La canzone “The One” vuole essere quasi una confessione, la confessione di un eterna paura di fallire e di non riuscire a districarsi in un mondo dove la maggior parte delle persone si accontenta di ciò che ottiene con facilità. È una paura in conflitto con la consapevolezza che il difficile sta nel mettersi in gioco per superarla… “Userò questo odio e questo dolore per fuggire via”
-State godendo del frutto del vostro lavoro ma quali sono state le difficoltà riscontrate durante questo viaggio?
È molto difficile farsi spazio nella giungla dell’underground. Noi non ci possiamo lamentare troppo, perché finora quasi tutto quello che ci veniva in mente, lo abbiamo fatto. Sicuramente ci poniamo tutti obiettivi fattibili e questo aiuta. Bisogna essere tosti per farsi strada, non lamentarsi e andare avanti. Tutto ciò che abbiamo fatto o concluso, è il risultato di ore, giorni, mesi di lavoro. È esattamente la politica opposta dei talent e dei contest. Crediamo che gli obiettivi debbano essere raggiunti con l’impegno costante.
-Avete un’intera estate di live avanti a voi che tra le altre cose vi servirà anche come corso di formazione, vi capiterà di suonare ai festival gomito a gomito con dei mostri sacri della musica italiana, praticamente vi toccherà studiare tutta l’estate ma credo sarà uno studio piacevole o sbaglio?
Discutevamo in questi giorni tra di noi che è da 3 mesi che non facciamo le prove (oramai sostituite dai live). Diciamo che non siamo proprio degli studiosi!! Facciamo veramente di istinto. Penso sia la nostra peculiarità. Siamo molto soddisfatti che a pochi mesi dalla nostra formazione, ci sia già data la possibilità di aprire concerti di nomi del calibro di “Teatro degli orrori” e “The cyborgs“.
-Vi sentite un po’ imbrigliati dalla scarsa considerazione l’Italia da ai giovani musicisti?
Ci sentiamo più imbrigliati dalla scarsa curiosità che i giovani hanno verso la musica indipendente. Il problema musicale in Italia è che davvero pochi giovani se ne interessano. Tanti dicono di interessarsi, ma pochi si interessano davvero. Manca la voglia di ascoltare qualcosa che non si conosce già. Tutto questo ovviamente rende molto difficile avere una band nel 2016. Lo facciamo per esprimere noi stessi, e non ci curiamo troppo di questo. – –Credete che i talent possano essere la causa o magari la soluzione?
I talent sono stati creati per annullare il rischio del discografico. Danno in pasto bocconi pronti di musica predigerita dall’ascoltatore, sempre con la stessa forma, lo stesso scheletro. Cambia solo il vestito. Te la rifilano e te la fanno piacere a tutti i costi, chi se ne frega se solo per 3 mesi. L’anno prossimo “grazie, arrivederci e sotto a chi tocca”. Sull’arte ci hanno messo una “croce” sopra. (Bella la battuta eh?) L’underground di questa cosa ne risente di sicuro, ma allo stesso tempo potrebbe esserne l’antidoto.
-Qual’è la canzone famosa che un giorno vorreste riuscire a scrivere?
Per quanto mi riguarda, Thin line dei my morning jacket.
-Cari ragazzi, noi di TuttoRock vi ringraziamo e vi terremo d’occhio!!!
Chitarre ariose, riverberi e una sezione ritmica nervosa fa spaziare la band tra il soul e lo space-rock, un basso molto melodico e preciso conferisce un sound anni ’70 che fa della band un vero e proprio crocevia di gusti musicali, con riferimenti che spaziano fino alla scena indipendente americana degli anni Novanta.
E oggi abbiamo l’onore di intervistarli e di metterli…a nudo per Tuttorock.
-Allora ragazzi ditemi chi siete, da dove venite?
-Siamo Giorgio, Alessandro e Francesco. Amici da molti anni. Veniamo da Mantova, anche se ognuno di noi per motivi di studio o lavoro vive in una città diversa. La nostra amicizia trova in comune la voglia di suonare e divertirsi!
-Come vi siete conosciuti?
Io e Alessandro ci siamo conosciuti diversi anni fa quando la nostra vecchia band necessitava di un chitarrista. Francesco è sempre stato un amico di Alessandro, per cui l’incontro è stato facile.
-Quando avete capito che era il momento di creare qualcosa e di mettervi alla prova?
Ad agosto 2015 decidemmo io e Alessandro di metterci in sala prove per cercare di buttare giù idee che avevamo da molto tempo ma che non avevamo mai finalizzato. Dopo un paio di prove (in cui finimmo un pezzo, “only with me”) venne in saletta per passare la serata Francesco. Casualmente in saletta c’era il basso di un’altra band e lui comincio a suonarlo cercando di venirci dietro. Nel giro di un mese eravamo in studio di registrazione!
–Raccontateci qualche aneddoto particolare capitato durante questo primo periodo insieme.
Beh, diciamo che abbiamo collezionato una serie di città durante il tour promozionale in questo primo periodo e abbiamo molti ricordi o aneddoti divertenti. Forse il più simpatico di tutti ci è capitato a Napoli: un vigile ci ha fatto una multa per divieto di sosta, ma al nostro ritorno all’auto la multa non c’era. A questo punto, arriva un gentile signore e ci avvisa che alcuni ragazzi ce l’hanno rubata dal parabrezza. Cioè…ci hanno rubato la multa!!
Ahahah, il bello di una città “vivace”.Chi di voi ha scelto il nome della band?
È stato un percorso mentale condiviso, ma Alessandro è stato il primo a pronunciare quelle parole. Partendo dal presupposto che quando siamo entrati in studio eravamo ancora senza nome, nel momento in cui abbiamo iniziato a fissare concerti, è partita una corsa disperata per trovarne uno. (Ottobre 2015). Alla fine è arrivato “Two Hicks One Cityman“, un po’ per riassumere i nostri animi e le nostre identità. La vita grezza ma autentica di due ragazzi di campagna e quella frenetica di un businessman di città; il soul e r’n’b dal sapore vintage e il nervosismo tipico del rock contemporaneo.
Ero stato fuorviato dal luogo della masterizzazione del vostro album, gli studi indiebox, mi aspettavo un Ep punk e invece il vostro genere è un soul/space rock, tra l’altro molto bello, parlacene.
Abbiamo optato per gli studi Indiebox perché volevamo andare a colpo sicuro. Non volevamo rinunciare al grandissimo Giovanni Bottoglia, che musicalmente ci conosce da molti anni. Essere in studio sotto le sue mani(o microfoni, dipende dai punti di vista) ci mette tranquillità e la certezza di un ottimo risultato finale.
-È il vostro primo Ep ed ho notato che è molto ben curato, di chi è il merito?
Il merito, nulla toglierci, é dato dal caso. Come prima anticipavo i pezzi sono stati creati e registrati nel giro di un mese. Non avevano le idee chiare come ora sul progetto. Suonavamo e basta. La registrazione, che è molto bella, in realtà è stata registrata tutta in presa diretta, senza sovraincisioni e in una sola giornata! Inizialmente pensavamo di registrare un demo da ascoltarci tra di noi per capire dove migliorare e che strada intraprendere. Siamo rimasti così fulminati da quello che avevamo fatto con cosi tanta disinvoltura, che decidemmo di bruciar le tappe e di pubblicarlo come EP!
-Avete in mente una seconda parte di questo Ep o vi dedicherete solo ai live per adesso?
In realtà stiamo facendo tutti e due. Stiamo registrando pezzi del nuovo album, che sarà in uscita il prossimo inverno. Allo stesso tempo, continuiamo a suonare live. L’aspetto live per noi è importantissimo!!
-Sta per uscire anche il vostro primo video, di cosa parla il pezzo?
La canzone “The One” vuole essere quasi una confessione, la confessione di un eterna paura di fallire e di non riuscire a districarsi in un mondo dove la maggior parte delle persone si accontenta di ciò che ottiene con facilità. È una paura in conflitto con la consapevolezza che il difficile sta nel mettersi in gioco per superarla… “Userò questo odio e questo dolore per fuggire via”
-State godendo del frutto del vostro lavoro ma quali sono state le difficoltà riscontrate durante questo viaggio?
È molto difficile farsi spazio nella giungla dell’underground. Noi non ci possiamo lamentare troppo, perché finora quasi tutto quello che ci veniva in mente, lo abbiamo fatto. Sicuramente ci poniamo tutti obiettivi fattibili e questo aiuta. Bisogna essere tosti per farsi strada, non lamentarsi e andare avanti. Tutto ciò che abbiamo fatto o concluso, è il risultato di ore, giorni, mesi di lavoro. È esattamente la politica opposta dei talent e dei contest. Crediamo che gli obiettivi debbano essere raggiunti con l’impegno costante.
-Avete un’intera estate di live avanti a voi che tra le altre cose vi servirà anche come corso di formazione, vi capiterà di suonare ai festival gomito a gomito con dei mostri sacri della musica italiana, praticamente vi toccherà studiare tutta l’estate ma credo sarà uno studio piacevole o sbaglio?
Discutevamo in questi giorni tra di noi che è da 3 mesi che non facciamo le prove (oramai sostituite dai live). Diciamo che non siamo proprio degli studiosi!! Facciamo veramente di istinto. Penso sia la nostra peculiarità. Siamo molto soddisfatti che a pochi mesi dalla nostra formazione, ci sia già data la possibilità di aprire concerti di nomi del calibro di “Teatro degli orrori” e “The cyborgs“.
-Vi sentite un po’ imbrigliati dalla scarsa considerazione l’Italia da ai giovani musicisti?
Ci sentiamo più imbrigliati dalla scarsa curiosità che i giovani hanno verso la musica indipendente. Il problema musicale in Italia è che davvero pochi giovani se ne interessano. Tanti dicono di interessarsi, ma pochi si interessano davvero. Manca la voglia di ascoltare qualcosa che non si conosce già. Tutto questo ovviamente rende molto difficile avere una band nel 2016. Lo facciamo per esprimere noi stessi, e non ci curiamo troppo di questo. – –Credete che i talent possano essere la causa o magari la soluzione?
I talent sono stati creati per annullare il rischio del discografico. Danno in pasto bocconi pronti di musica predigerita dall’ascoltatore, sempre con la stessa forma, lo stesso scheletro. Cambia solo il vestito. Te la rifilano e te la fanno piacere a tutti i costi, chi se ne frega se solo per 3 mesi. L’anno prossimo “grazie, arrivederci e sotto a chi tocca”. Sull’arte ci hanno messo una “croce” sopra. (Bella la battuta eh?) L’underground di questa cosa ne risente di sicuro, ma allo stesso tempo potrebbe esserne l’antidoto.
-Qual’è la canzone famosa che un giorno vorreste riuscire a scrivere?
Per quanto mi riguarda, Thin line dei my morning jacket.
-Cari ragazzi, noi di TuttoRock vi ringraziamo e vi terremo d’occhio!!!
Daniele “DiKi” Di Chiara
A seguire il teaser di “The One”