VERDENA – Endkadenz tour 2015 @ Estragon Bologna
La melodia eterea di Ho una fissa “stipula” affreschi sonori di raffinata magnificenza nell’aria, schegge di rara bellezza cadono sulla platea, sono momenti catartici in cui dondolarsi sulle onde di questa musica per intenditori. L’ingresso della band nelle arcate musicali dell’Estragon non poteva essere migliore, e si prosegue al ritmo delle percussioni precise di Un po’ esageri, una delle hit della band, la velocità del pezzo sciorina allegria e spensieratezza, il tutto va a sciogliersi nella lisergica ed elettronica Sci desertico. Il synth traccia strade di grande bellezza dove la voce incantatrice di Alberto si inserisce con la consueta efficacia. Loniterp con il suo testo magnetico ed il suo andante rapido è un treno in corsa, e si sogna con la stupenda Vivere di conseguenza. Un volo onirico di ammagliante magnificenza, la batteria è una presenza costante, presente e pulita, il basso granitico non cede un passo, l’atmosfera è affrescata di suoni spaziali e siamo di fronte ad un dipinto musicale da ammirare rapiti. E’ la poesia immaginifica di Contro la ragione ad illuminare il cielo della cattedrale Verdena, versi di rara bellezza, un momento di intensa ed intima sensibilità che prosegue alzando al cielo le note arcane di Le scarpe volanti, suoni che paiono provenire da mondi lontani. E via con la misteriosa ed ipnotica Derek, suoni spezzati che si ricompongono a formare una melodia fatta di toni ripetuti ed alienanti. Ed è il momento della tagliente Starless, suoni duri, stagliati, una batteria affilata come una lama e potente come un maglio percuote senza sosta il tempo, toni quasi stoner, un basso piantato con radici profondo, il cantante ad alzare il livello, una canzone semplicemente intrigante. Il rombo di Attonito entra nel caveau sonoro dell’Estragon come un mantra liberatorio, le braccia alzate sono la coreografia di una band che pensa solo a suonare senza perdersi in ammennicoli scenografici di dubbia utilità, questo permette ai ragazzi di mantenere il costo del biglietto entro limiti più che accettabili, altra nota di merito a loro favore. Si pesca nel passato con la breve e caotica Lui pareggia, si pesca nel passato, ancora da Requiem del 2007 ecco l’amara Canos, e ci si scioglie in un mare di dolcezza con l’avvinghiante Nevischio. E’ il momento acustico, la chitarra cambia ed i suoni si rimpiccioliscono, si vive a bassa voce, nell’ombra, “a testa in giù“, sugli arpeggi di Trovami un modo per uscirne. E sono sonorità folk a impaginare la stregante Razzi arpia inferno e fiamme sulle magiche note del melanconico violino di Roberta. Dove siamo? Non si sa, ci siamo persi nel mondo fatato dei Verdena, Inno del perdersi è un pifferaio magico che con i suoi suoni ripetuti, insistiti, battuti e ribattuti, ti accompagna dove non sei mai andato per poi risvegliarti con un finale scoppiettante. Non è che siamo di primo pelo qui a suonare, dall’archeologia riesumiamo la splendida Valvonauta, la musica ruspante degli esordi, meno raffinata della seguente, ma mordace come un pitbull. E’ la rockeggiante Puzzle a riportarci ad oggi, la modernità dei desideri musicali odierni si esplicita in un brano dai contorni netti, ma dai bordi sonori smussati, l’ossimoro rende un risultato di grande impatto e fascino. I vari momenti nella storia della band passano come un libro di ricordi, si va a prendere la suadente Scegli me (un mondo che tu non vuoi), una canzone che ti prende per mano e ti culla dolcemente, lasciandoti quasi impreparato ad affrontare l’acida ed acre Muori delay. La chitarra lisergica si staglia composta, ma intrisa di dolore e rabbia. La prima parte si chiude sulle note “Anima in pena sudi davvero giurami che sei ogni mio pensiero”, la straziante e bellissima Rilievo è il degno epilogo. Ma c’è l’obbligatorio ritorno sul palco invocato con ruggiti altissimi dalla marea festante, Nuova luce riaccende i lampioni musicali, Roberta è ancora più affascinante nella sua algida bellezza, Alberto pare uno che potrebbe andare avanti a cantare per giorni, Luca è un martello che percuote le pelli con lucida violenza senza un attimo di tregua, parafrasando i Pink Floyd potremmo definire la musica dei Verdena il Delicate sound of thunder, potenza e forza in un guanto di velluto. Non aspettatevi urla belluine e suoni assordanti sparati come rumore per impressionare inutilmente, è la raffinata musicalità che ti cementa i piedi ad ascoltare, e quindi avanti con la stupenda Badea blues, un percorso di rinascita, che va a ritrovare, dal 2004, la sapida Luna, reperti che sono pezzi di storia riportati al nostro piacere in questa magica serata. E si passa alla rabbiosa e greve Don Calisto, abrasiva e scorticante nella sua immediatezza. Come non chiudere questa serata con la fantastica ed immaginifica Funeralus? Ma non è ancora tempo di andare via, ultimo giro ultimo regalo, una liturgica Mother è la meritata chicca finale di questa notte stellata.
Accendini che dondolano, mani alzate, labbra unite e mani intrecciate, dov’è lo stregone? L’oracolo ha preso posto sul palco come una idra a tre teste, con il contorno di musicisti di valore che li accompagnano in tour, e dal cilindro hanno estratto uno dei più bei concerti visti negli anni (fra le svariate centinaia….), un rock educato e gentile, ma espresso con una potenza ed una pulita raffinatezza da far sì che il suono dei Verdena sia riconoscibile di primo acchito, ed in questi tempi di radicato conformismo come si suol dire, è tanta roba.
MAURIZIO DONINI
Voto 9/10
(Estragon Bologna 10-3-2015)
Ho una fissa
Un po’ esageri
Sci desertico
Loniterp
Vivere di conseguenza
Contro la ragione
Le scarpe volanti
Derek
Starless
Attonito
Lui pareggia
Canos
Nevischio
Trovami un modo per uscirne
Razzi arpia inferno e fiamme
Inno del perdersi
Valvonauta
Puzzle
Scegli me (un mondo che tu non vuoi)
Muori delay
Rilievo
Encore:
Nuova luce
Badea blues
Luna
Don Calisto
Funeralus
Encore 2:
Mother (John Lennon cover)
I Verdena sono:
Alberto Ferrari (6 Ottobre 1978) – voce, chitarra, pianoforte, tastiere, basso
Roberta Sammarelli (Bergamo, 3 maggio 1979) – basso, tastiere, cori
Luca Ferrari (28 agosto 1981) – batteria, percussioni, synth, cori
Credits:
Quando si lavora con professionisti competenti ed efficienti come Fleish Agency ed Estragon le cose non possono che andare alla perfezione, i complimenti sono scontati, ma mai inutili.
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.