Roger Waters “Us and Them” – Milano 18.4.2018 by D’alessandro e Ga …
Roger Waters
Us and Them
World Tour 2018
Forum Assago (MI)
by D’Alessandro e Galli
17-18 Aprile 2018
Anticipato dal volo di un maiale bianco posizionato accanto al cielo dei luoghi più storici di Milano, nonchè della sede di Sony music Italia, il bassista più popolare del globo, inarrivabile genio carismatico aka Roger Waters, ha regalato una 2 giorni di magnificenza musicale al capoluogo lombardo, inaugurando la fase italiana del tour mondiale di “Us and them”, che lo vede impegnato da quasi 2 anni, con una lista che supera la settantina di concerti.
Al Forum di Assago il pubblico è in tripudio ed acclama a gran voce l’ex Floydiano, quel ribelle dal carattere inossidabile, che più di chiunque altro percepiamo come italiano d’adozione. “I’ve been mad for fucking years” tra le spettrali risate ed i suoni distorti, inizia a farsi largo nell’etere del palazzetto il suono inconfondibile di Speak to me, The Dark side of the Moon è atterrata a Milano…allacciate le cinture di sicurezza! Roger Waters compare sul palco nell’inconfondibile mise nera, circondato dalla band, che senza indugi attacca le note del gioiello psichedelico di Breathe, che sembra metaforicamente far filtrare un po’ di ossigeno tra i presenti, suggerendo di “respirare” e prendere fiato, perchè la magia sta per cominciare e ben 20 canzoni indimenticabili stanno per essere servite. |
Ed ecco il martellante basso di Waters, che si esprime al massimo della potenza irrompendo nel secondo brano d’estrazione floydiana, One of these days (Meddle), le cui uniche parole originariamente pronunciate da Mason, sono una vera provocazione sbattuta in faccia “one of these days, I’m gonna cut you in little pieces…”
L’occhio sferico alle spalle della band, proietta immagini nel perfetto stile creativo a cui siamo felicemente abituati da decenni, colori che si mischiano a suoni, sembrano a tratti risucchiarci nel buco in cui cadde Alice, per raggiungere un Paese delle meraviglie, di cui abbiamo assaporato i tratti, forme note che pregustiamo, consapevoli del noto preludio che lasciano intendere… Il suono assolutamente spettacolare è stampato con chiarezza nei timpani di tutti dopo l’apertura della chitarra d’acciaio in Breathe, ma la profondità e complessità del suono surround non si afferra completamente, finché i diversi allarmi delle sveglie di Time non scoppiano letteralmente, mentre lo schermo gigante si riempie di orologi fluttuanti per far esplodere la testa di Dalì.
Alle cantanti indi-pop Jessica Wolfe ed Holly Laessig è affidato il difficile compito di riportare in scena quel capolavoro di improvvisazione artistica, che diede vita a The Great gig in the sky. Originariamente intitolato The mortality sequence, questo brano dai toni strazianti si proietta nel cielo con tutta la potenza di un fulmine… e non resteremmo poi molto stupiti se fosse visibile dal finestrino della Tesla di Elon Musk attualmente in orbita! Un riflettore segue Waters mentre si muove avanti e indietro attraverso la parte anteriore del palco, durante il palpitar di basso di Welcome to the Machine. La folla si esalta mentre l’opera di sette minuti volge al termine, il palco si oscura, e mentre un battito pulsante riempie l’arena, Waters scambia il suo Fender a quattro corde per una chitarra acustica e prende il microfono per una performance emotivamente dipinta di Déjà Vu, il brano tratto dal nuovo album, uscito lo scorso anno “Is this the life we really want?” Lo spettacolo è un sogno che diventa realtà palpabile per i fans di questa leggenda del rock progressivo inglese.
Dopo una perfetta performance di The Last Refugee, accompagnato da un video musicale toccante ed un’esecuzione del batterista Joey Waronker da non dimenticare, la band intona la title track da Wish You were here, scritta da Waters e presentata, con invidiabile aplomb al pubblico, nella stessa chiave della versione in studio, che ne amplifica la risonanza emotiva. We are just two lost souls swimming in a fish bowl year after year... due mani si sfiorano sul grande schermo…
Mentre il suono degli elicotteri ingombra la sala, un riflettore punta la folla, il buio palco si illumina di nuovo per rivelare una fila di figure incappucciate in tute arancioni. Stanno immobili, con i capi chini, mentre Rogers e la sua band portano a termine l’esecuzione di The happiest days of our life. La seconda parte di Another Brick in The Wall inizia culminando nella 3, i cori si fondono alla lirica dei testi, rimosse le maschere, le sagome iniziano a marciare sul posto. |
Giunti sul palco in veste di prigionieri del sistema educativo totalitario, spogliati successivamente delle catene per diventare combattenti della resistenza canora, i bambini reclutati per la performance più celebre di The Wall, sono allineati lungo il palco del Forum di Milano, per donare un momento intenso alla vita, che riafferma la sua forza ed energia all’interno di una visione distopica del mondo.
Dopo l’intervallo, ancora estasiati e piuttosto increduli di aver assistito a tanta maestosità, molti probabilmente si staranno interrogando su come Waters possa superare lo spettacolo a cui hanno appena assistito… i dubbi vengono subito messi a tacere, quando dal tetto dell’area principale calano schermi giganti, per rivelare un rendering della Battersea Power Station, che ci riporta a Londra ed all’album dei Pink Floyd Animals del 1977. Rivisitato a 40 anni dalla sua nascita, il decimo album dei Pink Floyd, Animals, è un accanito atto di accusa contro la politica capitalista, le divisioni di classe e la rabbia. Mentre i brani vengono suonati, l’immagine della stazione diventa lo sfondo per immagini di guerra, dichiarazioni di ribellione e, infine, una visione piuttosto chiara di ciò che Waters pensa del nuovo presidente degli Stati Uniti. Il concetto espresso da uno degli album più controversi della band inglese, dichiaratamente ispirato ad Orwell, è ovviamente di carattere politico, dettaglio che non dovrebbe sorprendere assolutamente nessuno, dato che Waters non è mai stato estraneo alle polemiche, preferendo schierarsi apertamente, e le sue recenti opinioni politiche (specialmente quelle che riguardano il conflitto israelo-palestinese), hanno certamente scosso gli animi di tutto il mondo. Waters presenta un album che suona rivitalizzato, carico di dissenso e rabbia, di un’angoscia che si percepisce già all’interno dell’ultimo disco, Is This the Life We Really Want? per sfogarsi in modo ineluttabilmente chiaro nel tour di Us + Them, scuotendo la coscienza di ogni presente. Waters sembra meno concentrato nell’atto di rispolverare vecchio materiale, diversamente dal tour di The Wall, che ha fatto il giro del mondo per buona parte dei primi anni del 2010, e più determinato a dare un nuovo spazio ai suoi brani, quasi li volesse ricollocare in questo mondo contemporaneo, così selvaggio e cupo, in cui la voce cerca di elevarsi e farsi udire più forte che mai.
Pigs (three different ones), è un trionfo di immagini di Donald Trump sugli schermi, appare il maialino rosa fluttuante, che galleggia in alto sull’intero forum. Al suo fianco un’altra immagine di Trump e le parole “I won” e dall’altra parte le parole “Piggy bank of war”. Il tema di carattere politico continua, mentre Wilson intona la canzone successiva Money, mentre altre immagini del presidente degli Stati Uniti e Leader mondiali scorrono sul display, si insinua a poco a poco il brano dei lavoratori, degli “ordinary man” ed il sassofonista scozzese Ian Ritchie, fa la sua comparsa sul palco. Us and Them, quel brano reso inconfondibile dalla magia di Wright, dalle lunghe atipiche pause sonore, trasporta con la sua stridente bellezza verso luoghi del pensiero in cui gli occhi non servono, il pubblico è ammutolito, ma di nuovo sullo schermo appaiono immagini di povertà, immigrati e marce di protesta, a ricordarci l’amara verità dell’esistenza contemporanea. Come osservato in precedenza, Animals in realtà finisce con una nota positiva. Waters sembrava voler gridare tutta la speranza, che ha in serbo per il futuro, auspicandosi che le persone possano modificare il loro atteggiamento, impegnandosi a diffondere un’idea concreta di cambiamento ed amore. Si continua con il recente Smell the Roses e gli incredibili Brain Damage ed Eclipse da The Dark Side of the Moon, la serata si avvicina alla conclusione, Waters, che ha lasciato che la musica parlasse per la maggior parte della serata, sembra sopraffatto dall’emozione, prima di terminare il concerto con Mother e Comfortably Numb. I nastri di coriandoli si muovono lentamente a spirale attraverso il fumo e le luci della piramide laser, mentre un grande galleggiante nero, un globo argentato fluttua al di sopra del pubblico e le luci dei laser si accendono, per formare un bellissimo prisma 3D, completo di colori arcobaleno, l’immagine inconfondibile dell’album!
Lo abbiamo visto in TV, in tutti quei video più o meno professionali in circolazione sui social networks, ma trovarsi al cospetto di questa magnificenza è un’esperienza di proporzioni immense, che sfiora il mistico. È la musica, che si fonde con lo spettacolo visivo, l’anima, il cuore, il concetto di riflessione profondo ed umanitario, quella famosa importantissima traccia della nostra civiltà, che si fa grande all’interno di una sola parola: empatia. Uno scambio di emozioni, un concetto caro a Waters, che più volte ha sostenuto di identificarlo come il punto di arrivo della sua aspirazione artistica. La folla lo adora e la standing ovation sembra manifestarlo in modo inequivocabile! Caro Roger Waters, la “missione è stata portata a termine”. Eccoci qui, tutti insieme, “US”, a raccontarci, a riflettere sul ruolo dei tanti “Them” là fuori, che decidono le sorti del nostro mondo, mentre noi siamo qui uniti sotto il grande cappello della musica, uno pari all’altro.
Focalizzatosi sugli album fondamentali Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e Animals, così come l’ultimo album, Is This The Life We Really Want? lo spettacolo di Waters e della sua band è stata a dir poco spettacolare.
Ladies, and Gentleman, “Roger Waters was here”.
That’s all Folks!
Elena Arzani
Ringraziamo D’Alessandro e Galli per la perfetta organizzazione e la prestigiosa opportunità riservataci. Ringraziamo inoltre tutto lo staff del Forum Mediolanum e la Security, per la gentile collaborazione.
Image credits: Elena Arzani © 2018 – all rights reserved.
Ogni utilizzo delle immagini o del testo ivi incluso è vietata senza l’espresso consenso da parte dell’autore Elena Arzani
Setlist
Breathe (Pink Floyd song)
One of These Days (Pink Floyd song)
Time (Pink Floyd song)
Breathe (Reprise) (Pink Floyd song)
The Great Gig in the Sky (Pink Floyd song)
Welcome to the Machine (Pink Floyd song)
Déjà Vu
The Last Refugee Picture That
Wish You Were Here (Pink Floyd song)
The Happiest Days of Our Lives (Pink Floyd song)
Another Brick in the Wall Part 2 (Pink Floyd song)
Another Brick in the Wall Part 3 (Pink Floyd song)
Dogs (Pink Floyd song)
Pigs (Three Different Ones) (Pink Floyd song)
Money (Pink Floyd song)
Us and Them (Pink Floyd song)
Smell the Roses Brain Damage (Pink Floyd song)
Eclipse (Pink Floyd song)
Mother (Pink Floyd song)
Comfortably Numb (Pink Floyd song)
Autore Elena Arzani |
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Appassionato di musica sin da piccolo, ho cercato di esplorare vari generi musicali, ma è il metal, l'hard rock ed il rock progressivo, i generi musicali che più mi appassionano da molti anni. Chitarrista mancato, l'ho appesa al chiodo molto tempo fa. Ho mosso i primi passi nello scrivere di musica ad inizio anni 90, scrivendo per riviste come Flash (3 anni) e Metal Shock (ben 15 anni), qualche apparizione su MusikBox e poi il web, siti come Extramusic, Paperlate, Sdangher, Brutal Crush e Artists & Bands. I capelli mi si sono imbiancati, ma la passione per la musica è rimasta per me inalterata nel tempo, anzi molti mi dicono che non ho più speranze!!!!