RED HOT CHILI PEPPERS “The Getaway tour” – Live @ Unipol Arena, Casalecc …
9 Ottobre 2016
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Il rock è un mondo di fini ingegneri tutti casa e Fender e di sopravvissuti, tra questi un posto d’onore spetta di diritto ad Anthony Kiedis con i suoi frequenti disagi caratterizzati da cadute e rehab, una infinità di storie da raccontare che ha riempito le pagine dei libri di Massimo Cotto, ma una qualità musicale che pone lui ed i suoi peperoncini nell’Olimpo degli dei del rock. Dei che benevoli gettano sempre uno sguardo su chi è in missione per loro….
I Red Hot Chili Peppers sono una delle band meno inquadrabili dal punto di vista musicale, nati con una ruggente vena punk si sono in seguito addolciti inserendo i colori e le contaminazioni del funky senza mai entrarci a pieno. Questo mix di punk e funky ha prodotto un rock inconfondibile dove il basso di Flea e la voce strascicata in falsetto del geniale demiurgo Kiedis fanno riconoscere la band fin dal primo attacco di ogni canzone. Flea e Kiedis sono i due fulcri su cui si è sempre mossa la band, ma anche il ruolo del chitarrista ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella storia della band, tralasciando gli esordi fondamentale l’arrivo alla 6 corde di John Frusciante la cui bravura e le altrettante grandi sregolatezze hanno contribuito in maniera fondamentale a creare il sound della band con le sue linee melodiche. Così come i suoi eccessi ed i suoi problemi di eroina furono presto materia di gossip mediatico e, purtroppo, mutuati da Kiedis, il fatto che ritrovarsi sotto un ponte senza sapere perchè abbia prodotto un capolavoro come Under the bridge, non ne mitica la forza distruttiva. Resta il fatto che fra uscite e rientri al comando del settore corde incendiarie si sia nel frattempo seduto lo spettacolare Dave Navarro dei Jane’s Addiction, probabilmente il più bravo tecnicamente tra i chitarristi della band, ma poco in linea con lo stile dei RHCP. La definitiva uscita di scena di John Frusciante ha promosso la seconda chitarra Josh Klinghoffer, cognome noto in Italia per la tragica fine del nonno Leon nella vicenda Achille Lauro, ma in campo musicale un chitarrista bravo ed in piena sintonia con il resto della band.
La Jam iniziale prepara lo stage all’entrata di Anthony, una coregrafia bellissima con file di cilindri illuminati che danzano sulle teste della platea, e fin dall’esplosione di Can’t stop si capisce che la potenza dell’evento cui stiamo assistendo rimarrà nella storia, se Chad è incollato alle pelli, Flea e Josh sono scatenati, salti del bassista ed headbanging del riccioluto chitarrista invadono tutto il palco saltando e correndo, Kiedis è in forma strepitosa, lontani i tempi del disagio, cantante unico con la sua litania lamentosa ed affascinante, capace di creare melodie inconfondibili. Non solo cantante, ma autore di testi sopraffini si lancia nell’ennesima numero 1 delle charts, Dani California, vista come l’ideale seguito di Californication, la misteriosa Dani, citata anche in By the way, ha fatto spandere fiumi di inchiostro ed acceso fantasie e ricerche, una misteriosa ragazza come altre delle rock stories da Angie ai Beatles, di cui non sapremo il vero nome, o una semplice icona come detto da Kiedis? Non è poi così importante….
E si viaggia i equilibrio tra i brani del nuovo album, The Getaway, da cui viene estratta la titletrack con il suo chorus già presente in Under the bridge, la sincopata Go Robot, ma mettendoci la splendida ballad di Scar tissue, ideale contraltare storico alla rabbiosa Give it away, il loro primo successo mondiale, che andrà a chiudere la serata, primo successo ed ultimo della setlist, un ideale cerchio perfetto che si ritrova. Ma le sorprese non mancano, dalla lisergica Spectre dei Radiohead proposta in solo da Josh, alla tossica Nervous breakdown dei Black Flag, questa invece patrimonio del cuore di Flea, due diversi modi di cantare ed interpretare che evidenziano ancora di più le molteplici sfaccettature dei RHCP, in fosco stile alternative brit Josh, in puro stile rap rovente per Flea.
Sono lontani i tempi difficili, su un palco che ha visto la rinascita dei Green Day, il claudicante Dave Grohl, gli evergreen The Who, devastare l’Unipol con esibizioni storiche, i RHCP stanno mettendo in scena il concerto del secolo, band nel pieno fulgore, lo scuro desiderio si estrinseca in una canzone che cambia ritmo e sapre mille volte, degna di stare tra le top hits della band. Gli scuri bisogni inconfessati, il percorrere, soli, le mani in tasca, lo sguardo basso, l’ansia che non riesci a comprendere e non trova soddisfazione, sono le Dark necessities, “Yeah, you don’t know my mind, You don’t know my kind, Dark necessities are part of my design, Tell the world that I’m falling from the sky, Dark necessities are part of my design”. E si procede tra canzoni puramente funky ed altre rappate, fra il nuovo albume ed i grandi successi, sono migliaia le braccia alzate per tutta la durata del concerto, e tocca alla bellissima By the way chiudere il set, lisergica e malinconica con i suoi tratti scuri ed affascinanti, una vera e propria esplosione di entusiasmo esplode dirompente sotto l’arcata della Unipol Arena al primo giro di basso di Flea, all’ingannevole prima strofa tranquilla di Kiedis, per poi saltare in maniera assurda nel cambio di ritmo improvviso dato dai losangelini alla canzone, un capolavoro.
Il bis si apre all’insegna del duo Chad + Josh, con il chitarrista che accentua l’approvazione sulle sue qualità canore ed interpretative, ma poi tocca al titolare con la sua rappeggiante e fantastica new entry Goodbye Angels che fa cantare tutti i 18.000 in voce unica, un momento semplicemente commovente vedere tante persone di diversa estrazione unite nel segno del rock. E per finire, come già detto, il loro primo grande successo, il prodotto finale che ha portato la band negli anni ad assurgere alla Rock’n’Roll Hall of Fame, l’inno dei reclusi da Rick Rubin in quella fucina artistica che era Laurel Canyon, la suprema perfezione di una song che ha la forza del rap, l’acidità lisergica della west coast, la melodia dei peperoncini, Give it away, se quando la ascolti riesci a rimanere fermo chiama il 118, significa che sei trapassato.
« Se i peperoncini sono per voi un sentimento, una sensazione o una forma di energia, avete indovinato. Ma se per voi sono semplici vegetali, anche quelli hanno così tante connotazioni.»
(Anthony Kiedis, Scar Tissue – la sua autobiografia)
MAURIZIO DONINI
Photoset by NINO SAETTI
Credits: si ringrazia Studio’s Online e Live Nation per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
I Red Hot Chili Peppers sono una delle band meno inquadrabili dal punto di vista musicale, nati con una ruggente vena punk si sono in seguito addolciti inserendo i colori e le contaminazioni del funky senza mai entrarci a pieno. Questo mix di punk e funky ha prodotto un rock inconfondibile dove il basso di Flea e la voce strascicata in falsetto del geniale demiurgo Kiedis fanno riconoscere la band fin dal primo attacco di ogni canzone. Flea e Kiedis sono i due fulcri su cui si è sempre mossa la band, ma anche il ruolo del chitarrista ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella storia della band, tralasciando gli esordi fondamentale l’arrivo alla 6 corde di John Frusciante la cui bravura e le altrettante grandi sregolatezze hanno contribuito in maniera fondamentale a creare il sound della band con le sue linee melodiche. Così come i suoi eccessi ed i suoi problemi di eroina furono presto materia di gossip mediatico e, purtroppo, mutuati da Kiedis, il fatto che ritrovarsi sotto un ponte senza sapere perchè abbia prodotto un capolavoro come Under the bridge, non ne mitica la forza distruttiva. Resta il fatto che fra uscite e rientri al comando del settore corde incendiarie si sia nel frattempo seduto lo spettacolare Dave Navarro dei Jane’s Addiction, probabilmente il più bravo tecnicamente tra i chitarristi della band, ma poco in linea con lo stile dei RHCP. La definitiva uscita di scena di John Frusciante ha promosso la seconda chitarra Josh Klinghoffer, cognome noto in Italia per la tragica fine del nonno Leon nella vicenda Achille Lauro, ma in campo musicale un chitarrista bravo ed in piena sintonia con il resto della band.
La Jam iniziale prepara lo stage all’entrata di Anthony, una coregrafia bellissima con file di cilindri illuminati che danzano sulle teste della platea, e fin dall’esplosione di Can’t stop si capisce che la potenza dell’evento cui stiamo assistendo rimarrà nella storia, se Chad è incollato alle pelli, Flea e Josh sono scatenati, salti del bassista ed headbanging del riccioluto chitarrista invadono tutto il palco saltando e correndo, Kiedis è in forma strepitosa, lontani i tempi del disagio, cantante unico con la sua litania lamentosa ed affascinante, capace di creare melodie inconfondibili. Non solo cantante, ma autore di testi sopraffini si lancia nell’ennesima numero 1 delle charts, Dani California, vista come l’ideale seguito di Californication, la misteriosa Dani, citata anche in By the way, ha fatto spandere fiumi di inchiostro ed acceso fantasie e ricerche, una misteriosa ragazza come altre delle rock stories da Angie ai Beatles, di cui non sapremo il vero nome, o una semplice icona come detto da Kiedis? Non è poi così importante….
E si viaggia i equilibrio tra i brani del nuovo album, The Getaway, da cui viene estratta la titletrack con il suo chorus già presente in Under the bridge, la sincopata Go Robot, ma mettendoci la splendida ballad di Scar tissue, ideale contraltare storico alla rabbiosa Give it away, il loro primo successo mondiale, che andrà a chiudere la serata, primo successo ed ultimo della setlist, un ideale cerchio perfetto che si ritrova. Ma le sorprese non mancano, dalla lisergica Spectre dei Radiohead proposta in solo da Josh, alla tossica Nervous breakdown dei Black Flag, questa invece patrimonio del cuore di Flea, due diversi modi di cantare ed interpretare che evidenziano ancora di più le molteplici sfaccettature dei RHCP, in fosco stile alternative brit Josh, in puro stile rap rovente per Flea.
Sono lontani i tempi difficili, su un palco che ha visto la rinascita dei Green Day, il claudicante Dave Grohl, gli evergreen The Who, devastare l’Unipol con esibizioni storiche, i RHCP stanno mettendo in scena il concerto del secolo, band nel pieno fulgore, lo scuro desiderio si estrinseca in una canzone che cambia ritmo e sapre mille volte, degna di stare tra le top hits della band. Gli scuri bisogni inconfessati, il percorrere, soli, le mani in tasca, lo sguardo basso, l’ansia che non riesci a comprendere e non trova soddisfazione, sono le Dark necessities, “Yeah, you don’t know my mind, You don’t know my kind, Dark necessities are part of my design, Tell the world that I’m falling from the sky, Dark necessities are part of my design”. E si procede tra canzoni puramente funky ed altre rappate, fra il nuovo albume ed i grandi successi, sono migliaia le braccia alzate per tutta la durata del concerto, e tocca alla bellissima By the way chiudere il set, lisergica e malinconica con i suoi tratti scuri ed affascinanti, una vera e propria esplosione di entusiasmo esplode dirompente sotto l’arcata della Unipol Arena al primo giro di basso di Flea, all’ingannevole prima strofa tranquilla di Kiedis, per poi saltare in maniera assurda nel cambio di ritmo improvviso dato dai losangelini alla canzone, un capolavoro.
Il bis si apre all’insegna del duo Chad + Josh, con il chitarrista che accentua l’approvazione sulle sue qualità canore ed interpretative, ma poi tocca al titolare con la sua rappeggiante e fantastica new entry Goodbye Angels che fa cantare tutti i 18.000 in voce unica, un momento semplicemente commovente vedere tante persone di diversa estrazione unite nel segno del rock. E per finire, come già detto, il loro primo grande successo, il prodotto finale che ha portato la band negli anni ad assurgere alla Rock’n’Roll Hall of Fame, l’inno dei reclusi da Rick Rubin in quella fucina artistica che era Laurel Canyon, la suprema perfezione di una song che ha la forza del rap, l’acidità lisergica della west coast, la melodia dei peperoncini, Give it away, se quando la ascolti riesci a rimanere fermo chiama il 118, significa che sei trapassato.
« Se i peperoncini sono per voi un sentimento, una sensazione o una forma di energia, avete indovinato. Ma se per voi sono semplici vegetali, anche quelli hanno così tante connotazioni.»
(Anthony Kiedis, Scar Tissue – la sua autobiografia)
MAURIZIO DONINI
Photoset by NINO SAETTI
Credits: si ringrazia Studio’s Online e Live Nation per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
Setlist:
Intro Jam
Can’t Stop
Dani California
Scar Tissue
Dark Necessities
The Adventures of Rain Dance Maggie
Right on Time
Sick Love
Nervous breakdown (Black Flag cover) – Flea voice
Spectre (Radiohead cover) (Josh solo)
If You Have to Ask (instead of ‘Blood Sugar Sex… more )
Go Robot
Californication
The Getaway
Suck My Kiss
Soul to Squeeze
By the Way
Encore:
Chad & Josh Jam
Five Years (David Bowie cover) (Josh solo)
Goodbye Angels
Give It Away
Band:
Anthony Kiedis – voce
Flea – basso
Josh Klinghoffer – chitarra
Chad Smith – batteria
Tour:
Samuel Bañuelos III – basso
Nate Walcott – piano, keyboards
http://redhotchilipeppers.com
https://facebook.com/chilipeppers
https://twitter.com/chilipeppers
https://youtube.com/rhcptv
https://instagram.com/chilipeppers
https://chilipeppers.tumblr.com
Intro Jam
Can’t Stop
Dani California
Scar Tissue
Dark Necessities
The Adventures of Rain Dance Maggie
Right on Time
Sick Love
Nervous breakdown (Black Flag cover) – Flea voice
Spectre (Radiohead cover) (Josh solo)
If You Have to Ask (instead of ‘Blood Sugar Sex… more )
Go Robot
Californication
The Getaway
Suck My Kiss
Soul to Squeeze
By the Way
Encore:
Chad & Josh Jam
Five Years (David Bowie cover) (Josh solo)
Goodbye Angels
Give It Away
Band:
Anthony Kiedis – voce
Flea – basso
Josh Klinghoffer – chitarra
Chad Smith – batteria
Tour:
Samuel Bañuelos III – basso
Nate Walcott – piano, keyboards
http://redhotchilipeppers.com
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Maurizio Donini
CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.