POOH “Reunion tour – L’ultimo concerto” – Live @ Unipol A …
Cadono in autunno i girasoli del mio giardino
e una primavera stanca genera nuove pietre soltanto.
Ma oggi, amore mio, ho imparato da te il suono vibrante della mia voce, ho nella pelle, amore mio, il brivido meraviglioso della mia prima idea.
Bisognerebbe spiegare alla gente come imparare a piangere o a sorridere, quante cose bisognerebbe fare per godersi appieno il significato stesso dell’esistenza.
Ma cos’è realmente l’esistenza? L’esistenza può essere quella parentesi di tempo, compresa tra quando battiamo la prima volta il cuore e l’ultima volta che chiudiamo gli occhi una sera di un tempo che non sappiano ancora dov’è… l’esistenza può essere il sogno di un ragazzo che si trasforma in una splendida realtà…
… E ci sono cammini, che partono per caso, quei viaggi senza un dove che nascono tra i fendinebbia di un furgoncino in val Padana e approdano quasi sulla Luna in direzione “Galassie Lontane”, senza limiti nè di tempo ne di carburante.
Per spiegare i Pooh alla gente dovrei avere miliardi di parole nella bisaccia dei sogni, non si possono condensare 50 anni di vita in pochi caratteri neri su sfondo bianco, spiegare i Pooh alla gente è come spiegare la fede a chi non ne ha, è come descrivere i colori del cielo a chi non ha modo di vedere nemmeno le proprie mani da vicino… spiegare i Pooh è impossibile senza immergersi totalmente nella Macchina della Musica, ascoltare la musica dei Pooh è sporcarsi le mani di sugo e sudore, tra i film in prosa e poesia che Valerio Negrini, fondatore, primo batterista e paroliere dei Pooh ha regalato all’umanità fino a quando il suo cuore ha preferito smettere di sognare un giorno freddo di gennaio del 2013. Il sogno di Valerio Negrini è arrivato all’ultimo capitolo, in questo 30 Dicembre 2016 che segna indelebilmente la fine, l’addio, il timbro di immortalità della musica dei Pooh.
Da quel 1966 lontano ormai dietro le curve di 50 anni fa ne son passate di stagioni, e ogni stagione ha portato semi, alberi, fiori e frutti alla corte dei Pooh. Quante canzoni, quante emozioni, quante lacrime. L’Unipol Arena e gli oltre 200 cinema collegati via satellite hanno palpitato all’unisono, contemporaneamente, per quelle tre ore di musica che hanno chiuso le precedenti 430mila con dolcezza, potenza e leggiadria.
Il pregio più grande, come gli stessi Pooh han sottolineato, è stato portare la nave in porto con le luci ancora accese. Rullo di tamburi, tripudio da ogni galassia, per i Jedi nostrani che hanno difeso con classe e raffinatezza questa musica italiana troppo spesso distratta e distante dai problemi della gente.
Un lungo addio, Stefano D’Orazio ne aveva già assaggiato il sapore nel 2009, quando decise di appendere le bacchette al chiodo, tornato per la gran chiusura Reunion ha avuto l’onore delle armi una seconda volta, ecco come un uomo può morire due volte; Riccardo Fogli, il figliol prodigo, il ragazzo scappato di casa al culmine del successo, in un 1973 di tanti anni fa, riacchiappato all’ultima curva prima di tagliare il traguardo, per assaporare l’odore della storia e commuoversi davanti a tutto ciò che quest’anno gli è capitato di vedere, un ragazzo coi capelli lunghi e bianchi che ha portato la normalità nel gruppo Pooh, fin qui troppo perfettino prima di questo compleanno, con la sua istrionica verve maremmana ei suoi attacchi sempre fuori tempo, un Fogli talmente fuori dal contesto da diventarne eroicamente protagonista, l’emozione pure di questo cinquantennale; Dodi Battaglia, il musicista del gruppo, quello vero, quello che all’Unipol gioca in casa, un uomo
capace di mettere una chitarra elettrica laddove altri rinuncerebbero, perchè se può essere facile indovinare l’assolo in un brano progressive sinfonico come Parsifal, il difficile arriva quando sapientemente bisogna incastrare la propria anima rock dove i cuori delle donne si gonfiano di emozione come in Tanta voglia di lei o Noi due nel mondo e nell’anima.
E gli altri? Red Canzian sembra rinato, e pure lui è un miracolato, un dolore al cuore un paio d’anni fa poteva negargli di vedere coi propri occhi questa marea umana che ha accompagnato la nave in porto come i delfini verso la costa di Sardegna, ed invece, eccolo li, a gigioneggiare divertito nella sua Non-Bologna… quella Bologna centro del mondo culturale italiano, quella Bologna delle tre T, la cui Terza T è Roby Facchinetti, l’uomo che più di ogni altro ha dato un suono ai sogni del fraterno amico Valerio, proprio partendo da quella Bologna mai dimenticata dai Pooh, un Facchinetti emozionato in grado di non far mai perdere la direzione a questa enorme Macchina della Musica, la responsabilità di portare a termine quella promessa fatta a Valerio quando Valerio ha lasciato la band nel 1971, per girare il mondo, per respirare e incontrare le storie che avrebbe poi fatto raccontare alle voci e agli strumenti dei Pooh.
I Pooh son partiti da Bologna un giorno, senza soldi, giovani e con tante speranze col furgoncino zuppo di cambiali e gli accordi di Piccola Katy e ne se son tornati vecchi, ancora con tante speranze su di un Millenium Falcon che nel frattempo ha accumulato tanti figli e nipoti.
Ma cosa rimane dei Pooh? I Pooh che nell’ultimo atto del proprio viaggio hanno rispolverato gli anni ’60 di Vieni Fuori e Nel Buio? O i Pooh più complessi e articolati di Per te qualcosa ancora e La Gabbia? I Pooh hanno tanti volti e tante anime e così ne hanno una per ognuno di noi, c’è il nazional popolare, c’è il sociale, c’è l’amore ingenuo, c’è l’amore maturo, c’è l’amore meno ingenuo, ci sono le deliziose ragazze che scoprono le forme dei vent’anni, ci sono le donne non più ragazze che si ricordano i propri vent’anni, ci sono gli uomini che cercano ancora di ricordarsi i propri vent’anni, che probabilmente han lasciato in qualche angolo d’Italia un giorno di tanti anni fa, per accompagnarsi mano nella mano a qualche donna che li segue come un’ombra tra i chilometri dell’amore e del camminare insieme.
E quanta gente ne ha macinati di chilometri per vedere i Pooh, anche per l’ultimo atto, da Nord a Sud, una sola voce ha cantato, applaudito e pianto insieme ai propri eroi, in fondo per noi tutti i Pooh son sempre stati un pò dei secondi papà, degli zii acquisiti… chi a Bologna, chi nei Cinema per la diretta via satellite, chi ascoltando Rtl che ha trasmesso in audio e in video il concerto. Per la cronaca, il concerto ha avuto la stessa scaletta di tutta la turnè con l’aggiunta di un paio di pezzi, tra questi una dedica alla città che li ha ospitati, Santa Lucia, del 1987.
I Pooh sono un pò tutto questo, un qualcosa che va oltre la musica, i Pooh hanno creato un popolo, un popolo silenzioso, un modo di vivere, un modo di amare, un modo di pensare, un qualcosa che pur spegnendosi piano piano non ti fa piangere dal dolore ma ti da quella folle sicurezza che non sia realmente finito questo sogno lungo un sogno.
E i Pooh della musica che va oltre le stelle, dei botti spettacolari e dei raggi laser, per ironia della sorte, nella notte che li ha visti chiudere hanno deciso di terminare con la delicatezza di una canzone senza strumenti, l’unica della loro carriera, quella “Solo Voci” del 1983, cantata a cappella da tutti e 5 che ha dato più di ogni altra il giusto saluto al compianto Valerio Negrini e al suo sogno di ragazzo.
Una poesia come bacio della buonanotte. Domattina saremo tutti un pò più soli.
Ma non per questo si muore.
Comincia un altro giorno, la musica non muore mai. Viva la musica, viva l’amore, viva i Pooh.
Grazie di tutto.
CRISTIAN BRIGHENTI
Photoset by DANIELE AVERSANO
Credits: si ringrazia Studios Online per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
Roby Facchinetti
Dodi Battaglia
Red Canzian
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