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Nata Dal Cuore

Nata Dal Cuore

Lettera di Blodio a Omar Pedrini alla vigilia del doppio sold out bresciano del tour di “Viaggio Senza Tempo”

23.02.2019 ore 02:50

Ciao fratellone,
è notte e non mi va di dormire, non mi va mai di dormire la notte, sarà che dopo anni spesi a lavorare nella (o con la) musica i bioritmi hanno preso una strada tutta loro, sarà che il silenzio delle ore piccole mi permette di sentire il chiasso dei pensieri anche quando sono sussurri, sarà. Sarà che sono un quarantina di giorni che dormire non mi interessa. Se tu, fratellone, fossi il mio analista ti direi che dormire mi disturba. E allora mi prendo questo alibi, devo scriverti, e ti scrivo.
Domani, che poi è già oggi, il tour di Viaggio Senza Vento venticinque anni dopo arriva nella miaLatteria Molloy, sono carico, teso il giusto per cacciar fuori quell’adrenalina bella che chi lavora nello show biz sa essere l’ingrediente numero uno affinché le cose vadano come devono andare.
Ripenso a questi venticinque anni, ai miei e ai tuoi.
Venticinque anni fa volevo diventare una rockstar. Non una di quelle da specchiarcisi, mi immaginavo più un Johnny Thunders, uno di quelli che imbrocca una manciata di capolavori, segna il sound di un’era (anche se lo ricordano in tre) e crepa per sfiga in un vicolo che puzza di piscio. Mai come ora sono contento di non essere diventato una rockstar, mai come ora che quando mi specchio negli occhi di mia figlia rido di piccole cose, e cerco di non aver bisogno di tirare tutto al limite e ancora più su per poi finire a passarmela brutta. Ho avuto la fortuna di veicolare tutta questa energia che la musica mi dà in modo diverso e di farne comunque un lavoro, e tutto questo per me è la salvezza.
Venticinque anni fa tu eri già una rockstar. Solo una rockstar poteva permettersi di presentarsi sul palco con una maglietta del Flamenco e dei jeans attillati con disegni floreali sopra stivaletti 70s. Hai scritto ben più di una manciata di capolavori, fatico a scegliere un preferito, forse Verso Oriente. Te la sei anche vista brutta, hai avuto la fortuna e le palle di lasciartela alle spalle e sei tornato, come il guerriero di cui Viaggio Senza Vento narra.
Mi piace trovare tra questi due venticinque anni dei punti di contatto e mi piace anche immaginare il me stesso di venticinque anni fa che fa un salto nel futuro e si/mi vede qui, ad ospitare, organizzare e vigilare su un evento che celebra la storia di un disco che è stato, almeno per me, qualcosa di più.
Il Viaggio è entrato nella mia vita una domenica di ottobre del 1993, in Curva Nord, in quel periodo (che nonostante tutto continuo a ritenere in qualche modo formativo) in cui ci piaceva un sacco fare gli spavaldi a piccoli gruppi nelle vie attorno al Rigamonti. Mi fa piacere ricordare tuo cugino Edo che orgoglioso tira fuori quella musicassetta dalla tasca del bomber e devo confessarti che grazie a lui, per tutto l’anno seguente, mi sono visto una quantità impressionante di vostri concerti facendo numeri assurdi per non pagare mai il biglietto. Il Viaggio è stato il disco che ho ascoltato di più ininterrottamente nella mia vita, ne conosco ogni secondo, potrei dirigere un’orchestra ad occhi chiusi su quel disco, potrei ricordare una a una tutte le tipette a cui ho dedicato questo o quell’altro brano. Mi ha accompagnato nel primo vero viaggio adulto della mia vita, 365 giorni di obiezione di coscienza lontano da casa, un anno sospeso tra l’adolescente che ero e l’uomo che immaginavo dover diventare in fretta, un turbine di libertà, responsabilità, amori, voglia di fuga e nostalgia di casa, paura e onnipotenza. Magari non è il disco della mia vita, però si prende una bella fetta di emotività, di cosa significa lasciar che la musica pennelli il nostro vivere, i sorrisi e le lacrime, i nervi e le cicatrici (e io e te se tiriamo su la maglietta ne abbiamo addosso un bel po’).
E quindi non vedo l’ora di vivere domani (e dopodomani) quei tre minuti che per me sono diventati l’essenza stessa dello show. Quei momenti interminabili a due metri dalla scaletta del palco, in cui i nervi risuonano, gli occhi guardano nel vuoto per non perdere la concentrazione e il rumore del pubblico si fa più vicino, quasi attillato. Attillato come l’abbraccio che ci scambieremo prima che con una pacca sul culo ti spingerò su quel palco a fare quello che sai fare e nessuno mai potrà toglierti.
Love
B*

25.02.2019 ore 03:49
Sono stati due giorni belli, belli e stop. Nonostante le tensioni che organizzare il lavoro comporta. Il concerto spacca il culo, la band pettina ma sa anche accarezzare. Ho rivisto facce, ho visto reduci di una Generazione Senza Vento mischiati a ragazzi che venticinque anni fa non erano nati. Volti segnati e pelli lisce.
Ho pianto per una tua dedica ma ho sentito l’abbraccio che c’era dietro. Mi sono divertito ad un concerto (anzi, a due!) e capita di rado. Continuo a non aver voglia di dormire ma anche questo passerà. E sarà grazie alla musica.
Love Again

B*

Pics by Daniele Di Chiara e Marco Foglia