Now Reading
METAL PARK 2024 @ Villa Cà Cornaro, Romano di Ezzelino (VI) 6/7-7-2024

METAL PARK 2024 @ Villa Cà Cornaro, Romano di Ezzelino (VI) 6/7-7-2024

METAL PARK 2024 @ Villa Cà Cornaro, Romano di Ezzelino (VI) 6/7-7-2024

Eccoci arrivati alla prima edizione di questo nuovo festival che promette molto bene. Una location nuova in mezzo al verde che già dai primi minuti dà l’idea di rendere tutto più rilassante e piacevole durante la nostra permanenza qua a Romano D’Ezzelino. Il viaggio da Bologna non è stato dei più tranquilli ed agiati, purtroppo per cause esterne dal mio volere sono avvenuti diversi imprevisti durante il viaggio, tra cui code in autostrada blocchi che mi hanno impedito di arrivare in tempo per assistere all’esibizione delle prime due band, i Moonlight Haze e i Tygers Of Pan Tang, arriviamo quindi a meta’ dell’esibizione del secondo gruppo, giusto il tempo per gustarsi gli ultimi due brani, ottimamente eseguiti.

Rhapsody Of Fire
Prima band della nostra giornata. Il gruppo triestino oggi e’ in gran forma. Nonostante il tempo a loro disposizione non sia tantissimo, Staropoli e i suoi riescono a proporci alcune chicche storiche e un brano dal loro nuovo disco. L’onore di aprire le danze è stato assegnato a “Unholy Warcry”, brano di immediata potenza e  cattiveria, mentre “I’ll Be Your Hero” ci permette di gustare le doti vocali di Giacomo Voli, che  riesce a essere ancor più convincente in sede live. La scaletta prosegue con due classici della band triestina, “Dawn Of Victory” ed “Emerald Sword” a conclusione di questo breve ma intenso show. Segno di una band con un’esperienza pluridecennale con musicisti di ottimo calibro.

Setlist:

  1. Unholy Warcry
  2. I’ll Be Your Hero
  3. Challenge the Wind
  4. Dawn of Victory
  5. Emerald Sword

RICHIE KOTZEN
Dato che il festival, nonostante il nome, non tratta un solo genere musicale, ecco arrivare direttamente dagli USA uno dei chitarristi rock più influenti degli ultimi anni, che vanta collaborazioni con musicisti del calibro di Mike Portnoy, Billy Sheehan e Adrian Smith…Signori e signore, ecco a voi Richie Kotzen! La formazione della band è il power trio, tipico del chitarrista a stelle e strisce, essenziale ma efficace, pochi effetti di chitarra, tutta la magia arriva dalle sue mani. Lo show punta tutto sulla qualità dei brani, non c’è spazio per le scenografie. Supportato stavolta da due musicisti di tutto rispetto, Kyle Hughes alla batteria e Dylan Wilson al basso, lo show si apre con “Losin’ My Mind”, brano storico del musicista, per poi passare a “War Paint” e “Fooled Again”. Con “Bad Situation” e “Fear” possiamo godere di una serie di improvvisazioni che mettono in risalto tutte le doti tecniche del virtuoso delle 6 corde, che ha abbandonato ormai da tempo l’uso del plettro per dedicarsi ad un finger picking molto personale e versatile, che permette di eseguire fraseggi altrimenti impossibili in altra maniera.
Unici punti a sfavore a mio avviso sono stati l’orario dell’esibizione (avrei preferito vederlo nel tardo pomeriggio/sera per una migliore atmosfera, considerando il fatto che non è mai stato un trascinatore di folle) e la poca partecipazione del pubblico che probabilmente non si aspettava uno show prettamente rock, ma un concerto più heavy. Resta il fatto che, nonostante queste premesse, lo spettacolo di Kotzen è stato a dir poco impeccabile.

Setlist:

  1. Losin’ My Mind
  2. War Paint
  3. Fooled Again
  4. Bad Situation
  5. Fear
  6. Love Is Blind
  7. Help Me

MICHAEL MONROE
Aspettiamo circa una mezz’ora prima di poter assistere alla performance dell’ex frontman degli Hanoi Rocks. A differenza di Kotzen qua lo spettacolo è d’obbligo, Michael Monroe è un artista viscerale, il Rock ‘n Roll ce l’ha nell’anima, si parte infatti con brani del calibro di “Dead, Jail or Rock ‘n’ Roll” e “I Live Too Fast to Die Young” alla quale band come Backyard Babies e Hardcore Superstar devono tanto in termini di ispirazione. Monroe è un grillo, nonostante la “veneranda” età di 62 anni, è in splendida forma, sia fisica che vocale, e riesce a dare il meglio di sé sul palco, grazie anche ai musicisti che lo affiancano nell’esibizione; troviamo infatti Sami Yaffa al basso, Steve Conte e Rich Jones alle chitarre. Lui salta, si sdraia, corre da un estremo all’altro dello stage facendo letteralmente impazzire il suo roadie personale che tenta in mille modi di districare il lungo cavo del microfono il quale tenta di attorcigliarsi a qualsiasi oggetto presente sul palco. Il frontman è il tipico esempio di cantante glam a cui le nuove generazioni dovrebbero ispirarsi. Potrebbe sembrare un atteggiamento da first lady ma è proprio quello che in realtà serve per rendere lo spettacolo ancora più entusiasmante (Motley Crue, prendete ispirazione da lui, grazie!), persino arrampicarsi sull’impalcatura dello stage è per lui un gioco da ragazzi, cose che vediamo di solito solo band come Airbourne. La scaletta tocca oltre ai brani citati anche vari classici dell’iconico frontman, cover famose come “Nothin’s Alright” dei Demolition 23 e “Malibu Beach Nightmare” degli Hanoi Rocks, oltre a “Up Around the Bend” dei Creedence Clearwater Revival. Alla fine Monroe riesce ad essere uno dei migliori artisti di questa giornata.

Setlist:

  1. Dead, Jail or Rock ‘n’ Roll
  2. I Live Too Fast to Die Young
  3. Murder the Summer of Love
  4. Old King’s Road
  5. One Man Gang
  6. Trick of the Wrist
  7. Young Drunks & Old Alcoholics
  8. Horns and Halos
  9. ’78
  10. Ballad of the Lower East Side
  11. Stained Glass Heart
  12. Nothin’s Alright (Demolition 23. song)
  13. Hammersmith Palais (Demolition 23. song)
  14. Malibu Beach Nightmare (Hanoi Rocks song)
  15. Up Around the Bend (Creedence Clearwater Revival cover)

STRATOVARIUS
C’è attesa per il quintetto scandinavo qua a Romano D’Ezzelino, la band infatti nel belpaese ha sempre goduto e tuttora gode di ottima fama; la differenza tra il rock viscerale di Monroe e il power metal della band capitanata da Timo Kotipelto è evidente, seppur vengano tutti e due dallo stesso Paese d’origine. Come chi per me è stato  lo scorso anno al concerto degli Iron Maiden ha potuto assistere ad uno spettacolo purtroppo dimezzato e con non pochi problemi tecnici ma stavolta possiamo goderci appieno il concerto del quintetto finnico, che quest’oggi è in ottima forma. Timo canta in maniera esemplare, certo ora non raggiunge più le acutissime vette di vent’anni fa, ma riesce a difendersi più che dignitosamente, sapendo dosare diligentemente la propria voce. Dopo un timido inizio con la fresca “Survive”, la band inizia a tirare fuori gli artigli ed è riesce a soddisfare le aspettative dei power metaller più accaniti presenti oggi al Metal Park. La scelta dei brani è un alternarsi di brani storici, tra cui “Black Diamond”, “Legion” e “Paradise”, solo per citarne alcuni, e nuove proposte dall’ultima loro fatica, per terminare alla grande con “Hunting High and Low” cantata a squarciagola da tutti gli astanti. Alla fine della fiera posso dire che gli Stratovarius si sono “riabilitati” appieno dalla loro ultima comparsa su suolo italico, collezionando un ulteriore successo e con una esibizione più che entusiasmante, suoni impeccabili e un’energia travolgente.

Setlist:

  1. Survive
  2. Eagleheart
  3. Speed of Light
  4. Paradise
  5. World on Fire
  6. Legions
  7. Frozen in Time
  8. Black Diamond
  9. Unbreakable
  10. Hunting High and Low

THE DARKNESS
L’ultima volta che ho avuto l’occasione di vedere la band dei fratelli Hawkins era il lontano 2014, durante il Pistoia Blues, e nonostante gli anni siano passati posso dire che l’albionico frontman e la sua compagine non hanno perso un colpo, anzi, sono molto più in forma di prima. La genuinità e la scanzonata ilarità con cui la band affronta ogni loro show è unica.
Alle 17:15 entrano in scena e la carica magnetica di Justin si nota subito, sulle note di “Growing In Me” la folla inizia subito a cantare e a saltare, ma non si ferma un secondo; con Get “Your Hands Off My Woman” “Motorheart” non perdono un colpo; nemmeno la pioggia, che inizia a scendere con una fragorosa potenza, li mette a disagio: il chitarrista britannico, completamente fradicio, ride e ci scherza su, come dovrebbe fare ogni uomo di spettacolo, senza perdere l’obiettivo, ossia fare uno show impeccabile per il proprio pubblico. E allora spazio a brani come “One Way Ticket”, “Love Is Only a Feeling” e “Barbarian” intervallati da siparietti di chiacchiere, ma non manca nemmeno il loro cavallo di battaglia “I Believe in a Thing Called Love” nella quale Justin lascia la chitarra all’amico Richie Kotzen comparso inaspettatamente sul palco e ospite di questa hit. La conclusione dello show è lasciata al medley di alcuni brani che fanno parte della storia del rock come “Immigrant Song” e “We Will Rock You”, un finale all’altezza di uno show frizzante e impeccabile.

Setlist:

  1. Growing on Me
  2. Get Your Hands Off My Woman
  3. Motorheart
  4. Givin’ Up
  5. Solid Gold
  6. One Way Ticket
  7. Love Is Only a Feeling
  8. Barbarian
  9. Friday Night
  10. Japanese Prisoner of Love
  11. I Believe in a Thing Called Love (con Richie Kotzen)
  12. Immigrant Song – Black Shuck (parziale)
  13. Love on the Rocks With No Ice
  14. We Will Rock You – Heartbreaker (parziale)

BRUCE DICKINSON
Sono poco più delle 21 quando concerto dei The Darkness termina tra gli applausi del pubblico e si nota ancora gente entrare nell’area concerti, molti infatti sono venuti solamente per assistere allo concerto dell’headliner, la cui ultima volta in cui era passato in Italia è stato circa 25 anni or sono durante il tour di The Chemical Wedding (io ebbi la fortuna di vederlo al Wacken del 2002) e tutti coloro che adesso sono qui non vedevano l’ora di assistere nuovamente a una sua esibizione da solista, me compreso. Passa mezz’ora circa prima che le luci del palco tornino ad affievolirsi nuovamente e inizi a suonare “Invaders” degli Iron Maiden come intro, per poi seguire con Toltec 7 Arrival. Ecco quindi uscire dal backstage sotto il maestoso riff di “Accident Of Birth” l’istrionico leader, signore e signori, ecco a voi l’unico e inimitabile Bruce Dickinson seguito da un boato di migliaia di persone che lo reclamano a gran voce.
E’ un Bruce in piena forma, che si è lasciato alla spalle gli acciacchi di qualche settimana fa, un Bruce che intona perfettamente ogni singola nota del proprio repertorio nonostante siano già passate 65 primavere, e non solo, il nostro beniamino salta sul palco come un adolescente, dando filo da torcere ai propri musicisti che tentano di scansarlo per non creare incidenti di percorso. La scaletta è molto varia e pesca da tutta la sua discografia solista che spazia dagli inizi degli anni ‘90: “Abduction” e “Laughing in the Hiding Bush” sono il preludio per presentare il singolo, “Afterglow of Ragnarok”, della sua ultima fatica che sta riscontrando un grande successo tra il pubblico. Non ci vuole molto prima che arrivi la mia preferita tra tutte, “Tears of the Dragon”, cantata a squarciagola da me e da tutte le persone presenti oggi, quello che l’istrionico frontman riesce a fare è di creare un’intesa tra lui e i propri fan unica. Quello che invece si può dire della band che lo supporta è che è semplicemente fantastica, musicisti che non sono solamente sul palco per supportarlo ma si vede in maniera lampante che tra loro sono riusciti a creare un’alchimia unica e hanno una presenza scenica a dir poco sopraffina, tutto ciò esalta ulteriormente la prestazione del nostro beniamino. Quattordici sono in tutto i brani presentati per circa un’ora e mezza di spettacolo, troppo pochi a mio avviso, ne avrei voluto almeno il doppio perché troppo poche sono le volte alla quale si assiste a un concerto di Dickinson da artista solista, ma tant’è. Stasera siamo consci del fatto abbiamo assistito a un live memorabile, che rimarrà impresso nella memoria di chi è stato presente per molto, molto tempo. Grazie Bruce!

Setlist:

  1. Accident of Birth
  2. Abduction
  3. Laughing in the Hiding Bush
  4. Afterglow of Ragnarok
  5. Chemical Wedding
  6. Tears of the Dragon
  7. Resurrection Men
  8. Rain on the Graves
  9. Frankenstein (The Edgar Winter Group cover)
  10. The Alchemist
  11. Darkside of Aquarius

Encore:

  1. Navigate the Seas of the Sun
  2. Book of Thel
  3. The Tower

Report & Photoset by PAOLO NOCCHI

Credits: si ringrazia Vertigo per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.

SLUG GORE:
Arriviamo stamattina puntuali all’esibizione della prima band, la possibilità di aver pernottato nei paraggi ci ha permesso di non dover rischiare ulteriori ritardi e inconvenienti; oggi la giornata è più heavy di quella di ieri: essendo headliner gli Emperor, si è puntato tutto sul death, thrash e black, e i ragazzi degli Slug Gore possono essere degli ottimi apripista per una giornata che si preannuncia piuttosto infuocata sia per il sound che per le previsioni meteorologiche. Sfortuna vuole che però la band inizi con trenta minuti di ritardo, che scopriremo in seguito sono dovuti all’abbandono dei Moonspell per problemi con i voli aerei, queste problematiche non permettono ai portoghesi di arrivare in tempo per l’esibizione e quindi un comunicato di Fernando Ribeiro trasmesso con un video verrà proiettato più tardi durante la giornata e esplicherà il tutto. Purtroppo l’acustica non gioca a loro favore, ma Poldo, frontman e conosciuto youtuber riesce con modestia e simpatia a caricare la gente che aumenta sempre più durante il concerto. Non mancano i moshpit e i circle pit, e per una buona mezz’ora i ravennati, con dietro le pelli un’altro famoso youtuber, Danny Metal, riescono a intrattenere il pubblico sfornando 18 brani senza un minimo di tregua. Veramente un buon inizio.

Setlist:

  1. Post Nuclear Big Smile
  2. Demented Crickets
  3. Hungry Parasitic Beast
  4. The Parasite Murder
  5. Overthrow the Surface
  6. The Dust Says You’re Fucked
  7. Necrophiliattitude
  8. Salt
  9. Wake Up Dead
  10. Infestation
  11. Stuck in the Mud
  12. Cut at Once
  13. 50K
  14. Primal Rules
  15. Underground Giant Death Machines
  16. The Deadly Spawn
  17. Flesh Pursuit (Gulch cover)
  18. Grounded by Slugs

MORTUARY DRAPE:
E’ il momento ora di una delle band storiche del panorama metal italiano, attivi dal 1986 e fautori di un black/death seminale salgono sul palco i Mortuary Drape. Con le loro atmosfere oscure riescono nonostante sia pieno giorno, una temperatura vicina ai trenta gradi e un tasso di umidità che sfiora quello tropicale, a raggelare il sangue nelle vene. Della formazione originale rimane solamente Wilderness Perversion cantante storico e leader carismatico della band, ma le nuove entrate sanno destreggiarsi alla grande sia dal lato musicale, assolutamente ineccepibili, che da quello puramente scenico, infatti tengono il palco in maniera egregia, con il frontman dietro a un altare come se stesse leggendo una oscura litania, e il suo stile vocale non fa altro che esaltare lo show, oltretutto un violento acquazzone si è riversato subito dopo la loro esibizione e questo ha dato un tocco maligno all’atmosfera creatasi fino ad ora. I brani della loro ultima fatica, Black Mirror, inoltre si godono appieno e riescono ad amalgamarsi ottimamente con le opere storiche: sette canzoni per un totale di mezz’ora e un finale epico che ha il nome di Primordial.

Setlist:

  1. Restless Death
  2. The Secret Lost
  3. Vengeance from Beyond
  4. Necromaniac
  5. Abbòt
  6. Evil Death
  7. Primordial

FLESHGOD APOCALYPSE:
Orgoglio tricolore anche all’estero, nonostante in Italia i riscontri positivi del pubblico siano arrivati un po’ più tardi rispetto a quello d’oltralpe, salgono sul palco i Fleshgod Apocalypse, qua in versione quintetto, poichè Paolo Rossi come ben sappiamo l’anno scorso ha abbandonato le file della band e Francesco Paoli, leader carismatico si è fatto carico di un doppio ruolo, cantante e bassista, che come possiamo ben constatare, riesce a gestire a dovere. Come sempre l’elemento orchestrale riesce a essere ben presente e la bellissima voce di Veronica si inserisce ottimamente, sempre ben dosata nelle esecuzioni, senza essere mai eccessiva: una band che è sempre riuscita ad amalgamare il death metal con la musica lirica, due realtà opposte e alcune volte contrastanti. Un ottimo esempio è il nuovo brano Pendulum che anticipa la loro ultima fatica dal nome “Opera” in uscita a breve. Come i loro predecessori mezz’ora è il tempo a loro a disposizione e in questo riescono a riassumere in sette brani il sunto della loro musica, con un finale lasciato a Epilogue e The Violation. Un’altra ottima esibizione di questo festival.

Setlist:

  1. Healing Through War
  2. Sugar
  3. Pendulum
  4. No
  5. The Fool
  6. Prologue
  7. Epilogue
  8. The Violation

DARK TRANQUILLITY:
Li avevo lasciati l’anno scorso al Wacken 2023, in ottima ottima forma e fautori di una esibizione da manuale, li ritrovo quest’anno esattamente come l’anno scorso, con uno show che ricalca tutta la loro discografia e come sempre con una precisione chirurgica nell’esecuzione. Il gruppo capitanato da  Mikael Stanne riesce a trascinare in maniera massiccia il pubblico presente poiché, come dichiarato dallo stesso cantante, i Dark Tranquillity hanno sempre avuto un rapporto speciale con la nostra penisola fin dagli esordi della loro carriera. Nonostante della formazione originale sia rimasto solamente Stanne (e Martin se vogliamo considerare quella postuma con l’arrivo massiccio delle tastiere e synth), per gli altri membri è stato un susseguirsi di entrate ed uscite (tra le quali annoveriamo anche la presenza di Christopher Amott) ma la band è riuscita a mantenere una certa coerenza ed omogeneità a livello compositivo senza mai snaturarsi e oggi possiamo constatare tutto questo. I suoni sono ottimi e ben bilanciati, e la band sul palco è coesa, il che rende lo show veramente epico. Il carismatico frontman trascina il pubblico con la sua solare energia e il suo sempre presente sorriso, presentando un show ricco di brani storici come Cathode Ray Sunshine, Final Resistance, ThereIn e Lost to Apathy, ma anche tre brani nuovi Unforgivable, The Last Imagination, e Not Nothing che saranno presenti nel nuovo lavoro in uscita questo agosto. Come sempre la chiusura dei loro spettacoli è lasciata alla trascinante Misery’s Crown.

Setlist:

  1. Encircled
  2. Hours Passed in Exile
  3. Forward Momentum
  4. Unforgivable
  5. Atoma
  6. The Last Imagination
  7. Nothing to No One
  8. Cathode Ray Sunshine
  9. Not Nothing
  10. Phantom Days
  11. Final Resistance
  12. ThereIn
  13. Lost to Apathy
  14. Misery’s Crown

CORONER:
Presenti al festival per riempire lo spazio che era stato lasciato da Kerry King che ha dovuto annullare le date in Europa, a un anno di distanza dalla loro ultima performance in terra italica, arrivano dalla vicina Svizzera i Coroner, storica formazione fautrice di un thrash metal tecnico e brutale. Il loro sound tagliente ed estremamente potente contrasta con le melodie tipicamente nordiche dei loro colleghi Svedesi, ma riescono a trascinare il pubblico in maniera eccelsa; le loro composizioni estremamente tecniche e la loro formazione porta il combo svizzero a essere meno scenografico sul palco, ma non meno incisivo. La scaletta di quest’oggi è un omaggio a quegli album che sono Mental Vortex e Grin dei primi anni novanta. La scenografia è spartana, con un piccolo backdrop nero con logo bianco, ma è sufficiente perchè qua stiamo ascoltando la storia del thrash europeo, e null’altro serve. Brani come Divine Step (Conspectu Mortis) e Semtex Revolution sono riproposti in maniera eccellente, e Ron Royce dietro al microfono è in ottima forma con la sua voce graffiante; quest’oggi il trio (che per questa giornata è un quartetto) ci proporrà anche un brano, Sacrificial Lamb, che andrà a far parte del nuovo lavoro in studio in uscita per la fine di quest’anno. Null’altro da dire per una band che ha scritto la storia del metal estremo e che ad ogni concerto riescono ad essere impeccabili e magistrali.

Setlist:

  1. Golden Cashmere Sleeper, Part 1
  2. Internal Conflicts
  3. Serpent Moves
  4. Divine Step (Conspectu Mortis)
  5. Sacrificial Lamb
  6. Semtex Revolution
  7. Metamorphosis
  8. Masked Jackal
  9. Grin (Nails Hurt)
  10. Reborn Through Hate

CAVALERA:
Conosciuti anche come Cavalera Conspiracy, il duo formato dai fratelli Max e Igor oggi sono qui per mettere a ferro e fuoco il Metal Park. Come ogni buon metallaro d’annata quale sono io, ho vissuto tutte le peripezie che si sono susseguite tra i membri dei Sepultura durante gli anni, dalla seconda metà degli anni novanta in poi, quindi possiamo dire che la mia opinione su questa formazione è abbastanza combattuta, da un lato non ho mai digerito appieno il fatto dello split tra loro, la creazione di due fazioni e il fatto che la loro diatriba sia diventata quasi una soap opera, dall’altro sentire brani storici presi da Morbid Visions e Bestial Devastation cantati da Max in persona e con Igor dietro le pelli è un toccasana per le mie orecchie. Anche il fatto di registrare nuovamente album storici come questi è discutibile a mio avviso, ma posso capire il fatto che questa sia una mossa di marketing che  possa portare nuova energia a canzoni che per i metallari di questa generazione possono risultare vecchie e impolverate se confrontate con le produzioni moderne. Quello che però oggi mi stupisce più di tutti è l’energia con la quale i fratelli eseguono i brani, Igor è un treno a massima velocità, porta l’esecuzione ad almeno 10-15 bpm in più, come se i pezzi non fossero già abbastanza veloci di loro e la voce di Max è veramente in forma: è una gioia sentire Antichrist e Morbid Visions e Mayhem con tale veemenza e cattiveria. Una scaletta di una dozzina di brani che non risparmia nemmeno un paio di medley, Refuse/Resist/Territory (tra le mie preferite) e Black Magic/Morbid Visions/Dead Embryonic Cells/R.I.P. (Rest In Pain). Difficile rimanere impassibili davanti a uno show di questa portata e devo ammettere che le parole “No Sepultura without Cavalera” di Max che vengono pronunciate più volte durante lo spettacolo possono essere considerate corrette, che ci sia in un futuro non troppo lontano una possibilità di reunion e che i fratelli Cavalera possano tornare a calcare i palchi di tutto il mondo con Andreas Kisser e Paulo Jr.? Sappiamo bene che è tutt’ora in corso il tour di addio dei “Sepu” attuali, ma nel caso tornasse a scorrere buon sangue tra Max e Andreas, sarebbe veramente l’evento del secolo!

Setlist:

  1. Bestial Devastation
  2. Antichrist
  3. Necromancer
  4. Morbid Visions
  5. Mayhem
  6. Crucifixion
  7. From the Past Comes the Storms
  8. To the Wall
  9. Inquisition Symphony / Escape to the Void
  10. Refuse/Resist / Territory
  11. Troops of Doom
  12. Black Magic / Morbid Visions / Dead Embryonic Cells / R.I.P. (Rest in Pain)
  13. Song played from tape

EMPEROR:
Sappiamo benissimo chi sono gli Emperor, a mio avviso una delle band più importanti e iconiche del panorama Black Metal mondiale, fautori di quel sound che è riuscito ad amalgamare il genere suddetto con la musica sinfonica, seminali nei primi due album e sperimentali negli altri due. La band come ben sappiamo non ha all’attivo nessun altro lavoro in studio, l’ultimo risale infatti al 2001, ben oltre due decadi fa, ma dopotutto non ne ha bisogno, e da quel momento le uniche apparizioni a partire dalla reunion del 2006 al Wacken Open Air sono avvenute per lo più nei grossi festival. Non c’è necessità di perdere tempo a sfornare dischi al giorno d’oggi per non rischiare di deludere i propri fans o per comporre brani anonimi, e questo Ihsahn lo sa benissimo, quello che sono gli Emperor è scolpito nella pietra e oggi come ogni volta lo celebriamo con questo live. Non ci sono fiumi di sangue, croci rovesciate, corpse painting e scenografia di alcun genere, solo il loro logo dietro alla band nell’enorme backdrop; loro minimalisti come sempre, non hanno necessità di riempire con effetti speciali perchè basta la loro presenza sul palco. Chirurgici e ineccepibili come ogni volta che li ho visti dal 2006 proprio a Wacken, non una sbavatura o una nota di troppo; riescono a trasudare il male e il gelo che vi era in Norvegia durante gli anni novanta. I brani che ci presentano sono per lo più tratti daii primi due album come The Loss and Curse of Reverence e I Am the Black Wizards presenti in “In The Nightside Eclipse” e “Anthems to the Welkin at Dusk” e sono un’assoluta goduria per le nostre orecchie, suoni perfetti e ottimamente bilanciati. Lo scream tagliente e gli assoli di Ihsahn, con un suono che pervade tutta l’area concerti, il drumming  impeccabile di Trym, la grinta di Secthdamon sul palco, le glaciali trame di Samoth e le oscure sonorità di Jørgen trasformano il concerto in un evento quasi liturgico. Un’ora e mezza di spettacolo del quale non ci accorgiamo dello scorrere del tempo e dopo un encore da pelle d’oca con In The Wordless Chamber e Ye Entrancemperium arriviamo al termine di questa seconda giornata che si è conclusa in maniera trionfale!

Setlist:

  1. Into the Infinity of Thoughts
  2. The Burning Shadows of Silence
  3. Thus Spake the Nightspirit
  4. Ensorcelled by Khaos
  5. The Loss and Curse of Reverence
  6. With Strength I Burn
  7. Curse You All Men!
  8. The Majesty of the Nightsky
  9. I Am the Black Wizards
  10. Inno a Satana
  11. In the Wordless Chamber
  12. Ye Entrancemperium

In conclusione, si apre un nuovo capitolo per gli eventi metal nella nostra penisola, con un’organizzazione che è riuscita nonostante imprevisti e difficoltà meteorologiche a rendere tutto il festival un meraviglioso evento. Speriamo davvero in una seconda edizione per il prossimo anno, c’è davvero bisogno di eventi come questi in Italia. Grazie di tutto!

Report & Photoset by PAOLO NOCCHI

Credits: si ringrazia Vertigo per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.