MAX GAZZè Maximilian Tour @ Teatro di Verdura Palermo 26-8-2016
Comincio col dire che commissionare la recensione di un bassista che riesce disinvoltamente a suonare e cantare, a me che non vi sono mai riuscito, la reputo una vera e propria cattiveria. Del favoloso trio della “scena romana” Silvestri-Fabi-Gazzè, era proprio quest’ultimo che quest’anno non avevo ancora visto. Mi dispiace farlo a pochi giorni dalla scomparsa del padre (almeno stando alla notizia diramata dal sito Urbanpost.it), poiché la mia opera di recensore ne risulterà ampiamente mutilata. Che senso avrebbe avuto, in caso fosse stato così, parlare di un concerto “sottotono”? Quanti di noi sarebbero saliti su un palco dopo un lutto così grave? Lode quindi a Max, che non solo è riuscito a salire su un palco con grande dignità (senza fare alcun riferimento alla cosa), ma per il fatto di aver offerto anche un ottimo spettacolo. Generoso, si è esibito senza risparmiarsi, soprattutto nel presentare i pezzi, lasciando sempre al pubblico un piccolo spiraglio sulla sua vita più intima, raccontando di sé e delle sue storie, svelando anche un po’ del suo vissuto e non solo del magnifico artista che è.
Gazzè fa la sua entrata con un Jazz Bass ”matching headstock” blue Daphne e spara in rapida sequenza una serie di canzoni. Quello che mi ha sempre stupito di lui, è la totale convinzione su ciò che sta facendo. La sua completa mancanza di pudore nel proporre temi musicali di una semplicità sconvolgente, al limite della filastrocca, ben conscio che la vera grandezza, in fase di composizione, sta proprio in quello. Ciò che ci propina da anni sono poco più che canzonette, ma a differenza di quello che accade per musicisti ben più accreditati, le sue melodie stanno dimostrando di reggere il giudizio del signore più severo: sua eccellenza il Tempo. Anche le sue hit più radio-friendly infatti, dimostrano, ancora dopo anni, di non aver perso quella freschezza che in genere, dopo un po’, persino pezzi di maggiore successo sono destinati a fare. Se non è talento questo!!!
Ma spesso la cosa diventa un limite in fase live. Questo tipo di artisti (parlo degli “animali” da hit radiofoniche) si prodigano il più delle volte in concerti che lasciano davvero poco spazio all’improvvisazione e, ancora di più, alle sorprese. E invece, in questo show, di sorprese ve ne sono state eccome! Su tutte il fatto che sulla coda di “Valentina”, munito di radio jack, è sceso senza alcuna forma di “protezione” tra il pubblico, il quale, incantato dalla cosa, lo ha lasciato fare, colpito da sindrome da videofonino come è stato, fino a stringerlo in un cerchio magico da cui si è tolto d’impaccio con grandissima scelta di tempo e rara presenza di spirito.
Dal suo inizio, il concerto non difetta di alcune chicche in fase di arrangiamento. Bellissimo ad esempio il bridge swingato su “Il solito sesso” o la controvoce di flicorno su “Nulla”. La presentazione di “Su un ciliegio esterno” ci restituisce un altro colore dei quadri musicali del cantautore: il surreale. Il surreale presentato come elemento della quotidianità spicciola di personaggi che vorrebbero essere normali, ma che anche così, non ce la fanno. Non ce la fa ad essere ordinario Gianni Sergente (il personaggio protagonista di questa storia), che pare uscito più da una favola del reverendo Dodgson, che non dalla Roma abitata dallo stesso Gazzè negli anni ’90.
Il cambio di basso (un altro Fender, ma stavolta bianco e con tastiera in acero) ci porta a “Raduni Ovali”. E’ un pezzo strano, che ho sempre apprezzato. L’arrangiamento pare curato da Peter Gabriel in persona (anche il suono del basso si fa molto simile a quello di Tony Levin, caratterizzato come è da un potente “attacco”). Un pezzo scritto da Peter Gabriel con testo simile a quello che avrebbe potuto scrivere un Battiato in acido. Non saprei come altro descriverlo. Il bridge vagamente noise, mi ricorda quello di “Matilde odiava i gatti” di Carmen Consoli (ricordo male o proprio in quel pezzo che c’era stato lo zampino di Gazzè???) ed è davvero grandioso.
Un’altra piccola sorpresa è la piccola session declinata in acustico. Un’espediente per offrirci i suoi successi più masticati in una veste insolita. L’idea è bella. Portare tutto il Teatro di Verdura ad un falò di fine estate. Non fosse che il set ha vissuto di piccoli momenti di vero “panico”, ad esempio su “L’uomo più furbo”. Suonare in acustico è un’arte a sé e consiglierei qualche prova in più prima di avventurarcisi con eccessiva leggerezza, visto anche il costo del biglietto che il pubblico ha pagato. Ma comunque, come spesso accade quando qualcosa non va, il pubblico non si accorge di nulla e alla fine del pezzo mi pare abbia applaudito più convinto che in altri pezzi eseguiti alla perfezione. E’ lui il giudice supremo e va benissimo così!!!
Di successo in successo (“Il timido ubriaco”, “Mentre dormi”, “L’amore non esiste”, “A cuore scalzo”, “Sotto casa”) la gente allenta i suoi freni inibitori e comincia a ballare.
Il concerto pare volgere al termine quando un bel video con montaggio alla Blob ricorda i 20 anni di carriera di successo ed introduce ad una serie di bis. Un pezzo del suo primo album: “Il bagliore dato a questo sole”, che mi ha quasi commosso per bellezza e potenza dell’esecuzione, “Vento d’estate”, “Annina”, “La vita com’è”. Il concerto finisce con “Una musica può fare”. E’ ovunque festa, si balla tutti e persino Gazzè decide di scendere ancora dal palco. Stavolta le persone sono più su di giri e la ressa viene sedata ad energiche bracciate dagli addetti della sicurezza, che rimettono sul palco il musicista in tempo per i saluti finali.
Dall’impianto “Rebel Rebel” di David Bowie accompagna il lento defluire della folla. Più di qualcuno ne canticchia fra sé e sé il testo. Persone diverse fra loro per sesso, età e religione. Il grande Spirito della musica è stato con noi anche stasera e si sta accomiatando. Non morirà mai lui. Non moriremo mai noi.
MASSIMILIANO AMOROSO
Photoset by AZZURRA DE LUCA
Credits: si ringrazia Musica e Suoni & OTR Live per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.
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Massimiliano Amoroso, architetto e bassista elettrico. Cresciuto alla corte di alcuni dei più grandi produttori italiani (Franco Patimo, David Lenci, Rob Ellis, Matteo Cifelli, Alessandro Sgreccia, Paolo Mauri, Daniele Grasso), nel tempo ha proposto, in veste di fondatore e songwriter, bands alternative-rock quali Betty Ford Center (oggi Betty Poison), Milk White, Bye Bye Japan, Electro Malicious ed altri. Con queste formazioni ha vinto oltre quindici Premi Nazionali, tra i quali Heineken Jammin’ Festival e Red Bull Tourbus, ed innumerevoli piazzamenti di prestigio (Finalista Tour Music Fest, Sanremo Rock, etc). Le stesse formazioni vantano aperture ai maggiori artisti internazionali (Jamiroquai, Yann Tiersen, Glasvegas, etc) ed a moltissimi artisti della scena nazionale (Elio e le storie tese, Linea 77, Tre allegri ragazzi morti, 24 Grana, Super Elastic Bubble Plastic, Piotta, Frankie HI NRG, 99 Posse, etc). Con le sue band si esibisce in numerosi festival (Neapolis, Home Festival, etc) ed in passato si esibisce con regolarità anche all’estero (Francia, Olanda, Belgio, Germania, etc). La sua musica è stata recensita dai principali magazine nazionali (Rolling Stone, Rumore, Raro, Rockerilla, Repubblica, etc) e frequentemente viene passata nei network nazionali (Radio Rai, Rai Stereo, Rai 3, R101, Rock Tv, etc). Da qualche anno collabora con diverse redazioni di siti musicali fra cui TUTTOROCK