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DROPKICK MURPHYS “St. Patrick day tour 2018” + Floggin Molly + Glen Matlock &# …

DROPKICK MURPHYS “St. Patrick day tour 2018” + Floggin Molly + Glen Matlock &# …

Un San Valentino decisamente fuori dale righe quello passato quest’anno, invece che in compagnia muliebre siamo stati al Gran Teatro Geox dove Hub Music Factory aveva organizzato una serata all’insegna del punk nelle sue più variegate forme. Venue accogliente e di alto livello che può accontentare tutti, e con l’occasione prodiga di mescite di Guinness e Jameson a volontà.
 
L’opening è affidato alla leggenda dei Sex Pistols, il mitico autore ed probabilmente unico vero musicista della seminale band inglese, il caro Glen Matlock. Sul vasto palco del Geox sale solo con la sua chitarra, ma la qualità e la presenza di Glen sono più che sufficienti a riempire lo spazio, una setlist ridotta, ma di grande qualità proposta con la sua innegabile bravura. Dal suo passato nei Rich Kids, alla irriverente God save the Queen, per chiudere come spesso accade con la splendida Pretty vacant. Lode a Te bro Glen.
 
Setlist:
Burning Sounds (Rich Kids song)
God Save the Queen (Sex Pistols song)
Don’t Put the Brakes on Tonight (Iggy Pop cover)
Sexy Beast
Hook In You
Pretty Vacant (Sex Pistols song)
 
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Quando sul palco prende posto la combo irlando-californiana dei Floggin Molly le cose si fanno decisamente calde, inizia un pogo selvaggio che terminerà solo sulle note finali dei seguenti Dropkick Murphys. Questo per significare che alla fine poca importanza ha la setlist in sé, vero che Swagger e Drunken lullabies sono strepitose, ma è la sfrontata e travolgente performance di Dave King e dei Mollies tutti a creare il pathos. Che si accomuna al DNA dei Dropkick, con una varietà di strumenti e suoni cui non si è tanto abituati. Ai classici chitarra, vasso, batteria, si uniscono pipes, fisa, banjo, chi più ne ha, più ne metta. La polistrumentista Bridget Regan passa con indifferenza da uno strumento all’altro, versatile e carismatia, Casey pare tarantolato. Il calor bianco che sale sempre partendo dalla parte centrale di Tobacco Island percuote l’arena del Geox dove birra e pogo sono i proprietari assoluti
 
Setlist:
The Hand of John L. Sullivan
Swagger
Selfish Man
Drunken Lullabies
The Days We’ve Yet to Meet
Life in a Tenement Square
Float
Tobacco Island
Devil’s Dance Floor
Crushed (Hostile Nations)
If I Ever Leave This World Alive
What’s Left of the Flag
The Seven Deadly Sins
 
Band:
Dave King – voce, chitarra acustica, bodhrán, banjo, cucchiaio, cori
Bridget Regan – fiddle, tin whistle, uilleann pipes, cori
Dennis Casey – chitarra elettrica, cori
Nathen Maxwell – basso, voce
Bob Schmidt – mandolino, mandola, banjo, bouzouki, cori
George Schmidt – batteria, percussioni, bodhran
Matt Hensley – fisarmonica, concertina
 
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La serata all’insegna del folk-celtic-punk prosegue con l’ingresso di un’altra band di pura ed atomica potenza, anche qui la grande varietà di strumenti, tra cui troviamo anche una sulfurea cornamusa suonata da Scruffy, crea una sintesi musicale dagli aspetti epici. Un muro di suoni con mille sfumature che si dipana in una presenza di scena della band che è da paura, l’iconica The state of Massachusetts, è un anthem dei bostoniani ed infiamma ancor più l’arena, se mai ce ne fosse bisogno. Suoni sghembi (in senso positivo) che trasformano la hit di Johnny Cash in un ruvido mantra punk. Una setlist che curiosamente attinge più al penultimo Signed and sealed in blood, che al recente 11 short stories of pain & glory, ma come detto per i Floggin, questo non è poi fondamentale nell’ambito della serata.  Poi è indubbio che brani come First class loser, The Boys are back, e la sempiterna I’m shipping to Boston, sono fatte per vulcanizzare i fans e creare unione e gioia.
 
Una serata di quelle da segnarsi per il calore, il senso dello stare sotto palco, la voglia e l’impegno delle band sul palco che traspare in ogni loro momento, una qualità musicale che va di pari passo con la feroce determinazione a creare spettacolo. Basta guardare la splendida foto del nostro Nino Saetti al pubblico per capire il livello di sana euforia di questo San Valentino.
 
MAURIZIO DONINI
Photoset by NINO SAETTI

Credits: si ringrazia Hub Music Factory per la sempre impeccabile organizzazione, assistenza e disponibilità.

Setlist:
The foggy dew (Sinead O’Connor cover)
The Boys Are Back
I Had a Hat
The state of Massachusetts
Sunday Hardcore Matinee
Blood
Black velvet band
Buried live
Gonna be a blackout tonight
The warrior’s code
The auld triangle
Jimmy Collins’ wake
Prisoner’s song
Rose tattoo
Captain Kelly’s kitchen
Folsom prison blues (Johnny Cash cover)
Going out in style
Curse of a fallen soul
The hardest mile
Caught in a jar
Johnny, I hardly knew ya
I’m shipping up to Boston
Encore:
Out of our heads
Until the next time
 
Membri:
Al Barr – voce
Tim Brennan – chitarra, fisarmonica,
Ken Casey – basso, voce
Jeff DaRosa – mandolino, tin whistle, banjo, bouzouki, chitarra acustica, tastiere,
Matt Kelly – batteria, bodhran,
James Lynch – chitarra

Scruffy Wallace – cornamusa

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Autore

MAURIZIO DONINI – CEO & Founder – 
Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee, un Think Thank fondato sul pensiero laterale che si distingua per qualità e professionalità, ed ho avuto la fortuna di trovare una CREW di altissimo livello.