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DREAM THEATER – 40TH ANNIVERSARY TOUR, Palazzo dello Sport, Roma, 26/10/2024

DREAM THEATER – 40TH ANNIVERSARY TOUR, Palazzo dello Sport, Roma, 26/10/2024

DREAM THEATER – 40TH ANNIVERSARY TOUR, Palazzo dello Sport, Roma, 26/10/2024

Un enorme sipario con la gigantografia della locandina del tour nasconde il palcoscenico.

Alle sue spalle, l’imponente sagoma di una batteria è celata sotto a un drappo nero.

Si respira un’aria innaturale.

Il pubblico, accorso in massa al Palazzo delle Sport di Roma per celebrare l’evento del quarantennale dei Dream Theater, con il grande ritorno di Portnoy dietro alle pelli, chiacchiera, ma in modo distratto. Conversazioni di circostanza per ingannare l’attesa in quei momenti che sembrano interminabili.

Un primo boato si ode quando un ragazzo dello staff, sul palco, rimuove il drappo nero rivelando agli spettatori più defilati l’imponente architettura della batteria sopraelevata.

Poi accade tutto in modo dannatamente veloce…

L’intro di Metropolis Pt. 1 riempie l’arena. Tastiera, basso, chitarra… Un esplosione della batteria e in un istante viene giù il sipario. Il fragore è assordante.

Mike è li, dietro al suo imponente drumset, e il suo sorriso rassicurante è una liberazione per tutti.

Alcuni istanti dopo entra in scena LaBrie e l’alchimia è perfetta.

Il tempo si riavvolge. Nulla è cambiato. Ogni dubbio è fugato. I Dream Theater sono i padroni del mondo, almeno per i loro fan, almeno per queste tre sfuggenti ore di concerto.

Metropolis, dal vivo, è monumentale. LaBrie non è impeccabile, ma rispetto alle disastrose tappe iniziali del tour appare in netta ripresa. Con tanto mestiere, consistenti pause tra una sezione cantata e l’altra, nonché un bel supporto di effetti e tecnici del suono, porta a casa tutto il repertorio dignitosamente ed è ciò che conta, perché i brani dei Dream Theater, senza la voce di LaBrie, non sarebbero brani dei Dream Theater.

Strange Deja Vu e soprattutto The Mirror continuano a infiammare Roma. Rudess si prende la scena con la sua vistosa keytar, mentre Petrucci si lancia in un assolto addirittura estenuante, forse eccessivo, ma il pubblico è impazzito, rapito, è ciò che desidera, che brama.

Dopo un inizio col botto si arriva a uno dei momenti di “stanca” della serata. Panic Attack, da Octavarim, è un brano apprezzabile e dal grande impatto, ma in questo caso la resa non è delle migliori, complice un LaBrie un po’ scoordinato e, soprattutto, l’acustica della location, che a dire il vero si rivelerà essere un bel problema per tutta la durata dell’evento.

Barstool Warrior ci dimostra come la band non abbia intenzione di rinnegare completamente l’era Mangini, del resto si tratta di uno dei migliori brani composti dalla band orfana di Portnoy. Centinaia di braccia protese al cielo dimostrano che è la scelta giusta. Gran bell’effetto davvero.

Bellissime le atmosfere e i fraseggi di Rudess e Petrucci per introdurre la successiva Hollow Years. Grande ballata. Grande LaBrie. Grandi emozioni.

Il boato che accoglie Constant Motion mi lascia interdetto. Si tratta di un brano estratto da uno degli album meno riusciti della band, ma evidentemente c’è un’ampia fetta di pubblico che lo ha apprezzato, o magari lo ha rivalutato nel corso degli anni. Purtroppo, come accaduto per Panic Attack, è l’acustica a farla da padrona in negativo, sgretolando la resa di un brano che proprio dal punto di vista dell’impatto sonoro avrebbe dovuto trarre forza e consistenza.

Più fortunata per acustica As I Am, che chiude una prima parte di show in modo roboante.

Trascorsi venti minuti di pausa, calano nuovamente le luci nel palazzetto.

Animazioni 3D di tutte le copertine della band si susseguono in ordine cronologico sul mega schermo, con ritmo sempre più incalzante, accompagnate da grandiosi arrangiamenti orchestrali. Un’introduzione maestosa per il secondo atto dello spettacolo.

When Dream and Day Unite, Images and Words…. Octavarium, Black Clouds & Silver Linings… Distance Over Time, A View from the Top of the World ed eccoci a Night Terror! Il nuovo singolo dei Dream Theater esplode potentissimo nell’impianto del palazzetto e si presenta per la prima volta dal vivo. Più volte, nel corso dello spettacolo, LaBrie “pubblicizzerà” con entusiasmo il nuovo album in arrivo. Speriamo che le idee siano più fresche rispetto a quelle di Night Terror, che al netto di un Portnoy frizzante e di un Petrucci che ha concepito bei riff e un assolo dalle belle melodie, è una raccolta di cliché tutto sommato trascurabile. Opinioni personali a parte, il pubblico sembra apprezzare e questo è ciò che va sottolineato.

Dopo l’evitabile ballad This Is The Life, infilata in scaletta chissà per quale motivo, irrompono nuovamente delle emozioni indescrivibili con Under A Glass Moon. Un pubblico composto per lo più da non giovanissimi, è ringiovanito all’istante di trent’anni, tornando a respirare a pieni polmoni quell’esaltazione per la musica che solo da adolescenti, alle prese con le prime passioni musicali, è possibile vivere in modo tanto profondo, quasi totalizzante.

Sorvolando su una Vacant arrangiata in modo discutibile, si arriva ad uno dei momenti più alti della serata. Non si tratta di uno dei brani più iconici della band, ma della composizione forse più bella di Train Of Thought, la strumentale Stream Of Consciousness. Questo incredibile torrente di note viene eseguito in modo sublime ed impreziosito da proiezioni caleidoscopiche tali da amplificarne la sensazione di viaggio psichedelico nei meandri di una psiche disturbata. D’incanto è stato come ritrovarsi a un concerto degli Ozric Tentacles e la sensazione è stata fantastica.

Infine, il mago Rudess ci introduce tra sonorità ambient futuristiche e suggestioni pinkfloydiane all’epica Octavarium. Dalle 22 e 15, ben ventidue minuti di suite che è stato notevole riassaporare dal vivo, nonostante LaBrie sia risultato spesso scollato dal resto della band per colpa di un errato bilanciamento dei volumi. Sbalorditivo, al contrario, Jordan Rudess, autore del più bell’assolo della serata in stile marcatamente italian prog-rock.

Sulla coda strumentale della citata suite, LaBrie inizia la lunga pantomima del saluti, seguito a ruota da tutta la band. Gli eroi statunitensi si congedano per ricevere ancora una valanga di applausi da parte di un pubblico calorosissimo e…

Non scherziamo, altri pezzi da novanta devono essere calati.

Le luci non accennano a riaccendersi. Sul mega schermo viene proiettata una celebre scena de Il Mago di Oz. Dorothy recita: “There’s no place like home”, ed eccoci catapultati verso il primo encore della serata. Il celeberrimo capolavoro di Scenes From A Memory (Home) è semplicemente un trionfo. Sorprendentemente LaBrie la interpreta in modo divino. Tutti si divertono: sul palco, nel parterre, sugli spalti. Pornoy da il meglio di sé meglio incitando il pubblico come solo lui sa fare. E’ una festa che fa dimenticare tutto per qualche interminabile istante: le preoccupazioni quotidiane con cui ciascuno di noi, chi più chi meno, è costretto a convivere e i problemi di un concerto che è stato afflitto da importanti problemi di acustica. Ma quando sono le emozioni a prevalere, non conta nient’altro. Si azzera tutto e la musica vince, sempre.

Una volta erano accendini, oggi sono cellulari, ma son sempre migliaia di luci al cielo durante la struggente ballad The Spirit Carries On, mentre Pull Me Under? Può forse mancare? Certo che no, e con lei si chiude alla grandissima.

LaBrie si scatena sul palco e canta ancora in modo eccellete per le sue attuali possibilità. A livello strumentale, è un’orgia sonica per i fan dei Dream Theater e l’ampio spotlight concesso infine anche a John Myung è meritatissimo per lo schivo (ma fichissimo) bassista della band.

Arriva l’epilogo. Il pubblico ne è consapevole e non può che essere atterrito all’idea di doversi commiatare dai propri idoli, riuniti assieme per questa magnifica celebrazione del quarantennale.

Senza nulla togliere all’ottimo Mike Mangini, massima stima e stimpatia per lui, ci siam resi conto forse solo stasera di quanto Mike Portnoy fosse mancato alla band e di quanto non possano mancare i Dream Theater in un panorama musicale piatto e privo di talento, almeno nella cerchia di artisti commercialmente in grado di riempire arene importanti come quella del Palazzo dello Sport di Roma o dell’Unipol Forum di Milano.

Photoset by RICCARDO ARENA

Credits: si ringrazia Mc2 Live per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.

Dream THeater line-up:
James LaBrie – voce
John Petrucci – chitarre
Jordan Rudess – tastiere
John Myung – basso
Mike Portnoy – batteria

Dream Theater Setlist:

Atto I
Prelude (Bernard Herrmann song, Psycho Main Title) (registrazione)
Metropolis Pt. 1: The Miracle and the Sleeper
Act I: Scene Two: I. Overture 1928
Act I: Scene Two: II. Strange Déjà Vu
The Mirror (with ‘Lie’ solo outro)
Panic Attack
Barstool Warrior
Hollow Years (’96 demo version)
Constant Motion
As I Am
Dance of the Dream Man (Angelo Badalamenti, David Lynch) (registrazione)

20 minuti di pausa

Atto II
Night Terror
This Is the Life
Under a Glass Moon
Vacant
Stream of Consciousness
Octavarium

Encore
Act II: Scene Six: Home
Act II: Scene Eight: The Spirit Carries On
Pull Me Under
Singin’ In the Rain (Arthur Freed & Nacio Herb Brown song) (registrazione)