BAD RELIGION – Live @ ESTRAGON BOLOGNA 3-9-2015
L’Estragon stasera è pieno di gente con magliette dei passati tour, un roadie nostrano passibile di licenziamento e crocifissione pubblica transita con quella di Justin Bieber (sic), peggio che andare ad un live dei Gun’s con la t-shirt di Slash sperando che non ti veda Axl. L’attesa è rovente, il primo suono che piove è una tempesta di chitarre incendiarie, il tripudio di corde roventi di Kyoto now è roba da rimandare gli zombies sottoterra. Bentley è invasato, con il basso imbracciato ha evidentemente deciso di prepararsi per le olimpiadi di atletica, ride e sogghigna con il pubblico, salta a più non posso, Baker, nei panni dell’assente Gurewitz, è stranamento impallato, pur se preciso e tecnico, Graffin appare in forma smagliante, la voce non ha perso smalto e le new entries alla chitarra ritmica ed alla batteria non perdono colpi, pur rimanendo un gradino sotto i 3 moschettieri. E’ una carrellata che va ad affondare negli anni ’90 con le eterne Against the grain, Recipe for hate, gente che neanche era nata o quasi si lancia in ululati di singalong a memoria. Non si aspetta neanche la classica 2/3 per cominciare lo stage diving verso il palco, il viavai di fans passati sulle braccia alzate inizia già con Modern man e non finirà mai stressando non poco la security, comunque sempre professionale ed equilibrata, l’organizzazione Estragon è comprovata. Sulle note dell’ anthem New America il delirio è totale, sul palco arrivano slip, reggiseni, maglie, mi passa davanti una converse che atterra tra le gambe di un Dimkich che con la sua gomma in bocca probabilmente non farebbe una piega neanche in mezzo ad un conflitto nucleare. No control è un gran bel pezzo, Broken anche meglio, Baker, che già si era lanciato perfino in un accenno di duck walk adesso è rilassato e si scatena, la sua sei corde si accende tirando fuori giri al fulmicotone, anche lui corre avanti e indietro, i roadies issano sulla colonna destra del palco un cavo cui legano tutti i trofei raccolti, mancano le scarpe, Greg è istrionico e gigioneggia abbondantemente con il suo pubblico, gesti e risate si sprecano. Le varie vite dei Bads escono nelle diverse note, i suoni acidi e taglienti della prima era, quelli più morbidi ed arrotondati della maturità, i capelli sono spariti, ma le mani e le voci sono rimaste uguali. Quando attaccano 21st Century (Digital Boy) vorresti fermare il tempo, per fortuna ci sono le foto di Elena, avere al fianco la migliore fotografa italiana è sempre una fortuna,una canzone che è un anthem cantata a singalong, roba che tanti altri la terrebbero come encore, loro te la sparano così, come se niente fosse. La chitarra di Baker attacca il riff diabolico che si va a fondere con il basso di Jay, tanta roba. Tante canzoni, nella tradizione che li vide nascere tipici brevi brani corti e secchi, immediati, taglienti, l’impatto è subintaneo, se fossero canzoni di lunghezza odierna staremmo qui fino alle 2. Il live continua a lievitare, il punk adesso porta la polo nera d’ordinanza di Graffin, ma la ritmica prende corpo, i rullanti diventano più cupi e presenti, e Bologna brucia sotto l’urlo dei Religions. Ad una power ballad come Sorrow segue la marcia distruttiva di Infected, più gente a torso nudo che vestita, sono al centro di un sabba tribale dove il gran sacerdote sta sul palco e chiama a raccolta i dannati, questa è una di quelle canzoni dove non puoi stare fermo, la Tper ha organizzato un trasporto umano che continua a scaraventare esseri umani dal fondo sala al sottopalco, una sorta di ticket-to-ride. Punk rock song? Stiamo scherzando? Siamo già alla fine? Un inno che spalanca le porte del rock, non si sa più se il delirio è sul palco o sotto, Graffin è grandioso, basta guardare lui e Jay per vedere trasparire la gioia in quello che fanno, senza effetti, senza fiamme, senza laser, sono loro, sono i Bad Religion. Il bis si apre con un lento incedere, ti aspetti che prosegua con una ballad magari, tanto per ritrovarsi accendini e smartphone accesi, non scherziamo, qui si parla di punk e rock, di quelli veri, sangue ed arena, Sinister rouge è uno spiedino di riff selvatici e giri di basso completamente ignoranti su cui Greg va a stampare una performance vocale che dopo decine di canzoni e l’età mai ti aspetteresti, ti stimo fratello. Il pensiero della maledizione della macchina persa nel parcheggio che mi perseguita da sempre affonda nel ritmo tribale di American Jesus, si canta e si salta, l’Estragon è un girone infernale dove saltano vecchi, donne e bambini, ebbene sì, ho visto anche bambini sulle spalle dei genitori, la rieducazione culturale del paese passa anche da queste cose.
Una esibizione maiuscola, se c’era bisogno di conferme eccole, la band c’è ed è in ottima salute.
MAURIZIO DONINI
Photoset by ELENA ARZANI
Credits: un grazie sentito ad Hard-Staff Bookings e LiveNation per avere portato questo concerto e la professionalità unita alla gentilissima disponibilità ed accoglienza.
1. Kyoto Now!
2. Modern Man
3. Stranger Than Fiction
4. Against the Grain
5. Recipe for Hate
6. Fuck You
7. Wrong Way Kids
8. New America
9. No Control
10. Broken
11. Skyscraper
12. Atomic Garden
13. You
14. 21st Century (Digital Boy)
15. You Are (The Government)
16. 1000 More Fools
17. How Much Is Enough?
18. Best for You
19. Suffer
20. Delirium of Disorder
21. Do What You Want
22. Dearly Beloved
23. No Direction
24. Sorrow
25. Infected
26. Generator
27. Punk Rock Song
Encore:
28. Overture
29. Sinister Rouge
30. American Jesus
Membri:
Greg Graffin – vocals.
Brett Gurewitz – guitar, background vocals. (assente in tour)
Jay Bentley – bass, background vocals.
Brian Baker – guitar.
Brooks Wackerman – drums.
Mike Dimkich – guitar.
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CEO & Founder di TuttoRock - Supervisore Informatico, Redattore della sezione Europa in un quotidiano, Opinionist in vari blog, dopo varie esperienze in numerose webzine musicali, stanco dei recinti mentali e di genere, ho deciso di fondare un luogo ove riunire Musica, Arte, Cultura, Idee.