SLINT – Spiderland (quando l’hardcore divenne adulto)
Mentre a Seattle il grunge andava alla grande, a Louisville c’era una band che rifondava il rock. Partendo dal punk e dall’hardcore e volando verso la psichedelia e il free-jazz. Ecco la storia degli Slint, i progenitori dello “slo-core” e molto probabilmente dell’intero post-rock.
A Seattle come in tutti gli USA spopola il grunge di Nirvana e Soundgarden ma nella città di Louisville ci si muove nella direzione opposta, partendo dall’idea che proprio quel rock andasse superato. Rivisitando l’hardcore, gli Slint gettano così le basi di quello che sarebbe diventato il post-rock dei vari Tortoise, Dirty Three, GY!BE , June of ’44…
Ma è appunto con l’album a cui è dedicata questa recensione, con Spiderland del 1991, che la band statunitense si consacra come una delle realtà rock più importanti e più influenti di fine secolo. Mettendo a fuoco le intuizioni dei lavori precedenti gli Slint svolgono una ricerca ancor più raffinata su ritmi e timbriche, e finiscono per pervenire a sonorità quasi trascendenti. Un sound originale, che rifugge gli stereotipi del rock e che sarà invece imitato da moltissime band delle decennio.
Avanguardisti come solo i Sonic Youth erano riusciti a essere negli anni Ottanta, sempre in anticipo sui tempi, gli Slint hanno coniato una musica cerebrale, impalpabile, straniante e distaccata. Una musica che ha fatto diventare adulta la generazione dell’hardcore.
Ci sono voluti anni perchè Spiderland fosse riconosciuto come uno dei più importanti album alternative degli anni ’90. Questa è musica che richiede una certa pazienza e la partecipazione di chi ascolta. Il passaparola sembra un curioso ma assolutamente adatto modo per diffondere una band che dice così tanto con così poche parole. In alternativa spettrale e travolgente, Spiderland è un risultato singolare; un sacco di band, come già detto, hanno seguito l’esempio creativo degli Slint negli anni che seguirono ma pochi di loro sono riusciti realmente ad’ avvicinarsi alla potenza misteriosa e alla bellezza proibita di questa musica.
MARCO PUSINANTI