MommyMetalStories-FAITH NO MORE
La Metal Stories di oggi parlerà di una band molto amata e osannata specialmente negli anni 90, dotata di un forte carisma e di una efficace interpretazione della evoluzione del rock a cavallo tra il metal e il grunge: i Faith No More!
I Faith No More (dal nome del primo gruppo di Mike Bordin e Bill Gould, Faith No Man) nascono in California nella zona di San Francisco nel 1982 dal tastierista Roddy Bottum, dal batterista Mike Bordin, dal bassista Bill Gould, dal chitarrista Jim Martin e dal cantante Chuck Mosley.
I Faith No More sono gli ideatori di un tipo di musica non statica, ma aperta ai vari generi in una perfetta fusione che poi li collocherà nell’alternative metal.
Eppure l’aver riproposto War Pigs dei Black Sabbath aveva immediatamente fatto inserire la band in una nicchia musicale, quella metal, che il gruppo sempre inquieto e non avvezzo alle etichette, aveva trovato limitante.
“Siamo stati presentati come qualcosa che non siamo” disse allora il bassista Billy Gould. Sembra che la soluzione a questo venne trovata in un bar in cui una sera in sottofondo risuonavano le note di Easy dei Commodores, “Ci siamo guardati e abbiamo detto: Ecco! Ci tirerà fuori da questo casino”.
In effetti è sempre stato così con questi californiani brillantemente perversi e imprevedibili, insomma dovevamo aspettarcelo che ci avrebbero sconvolto.
All’inizio della carriera, il bassista dei Metallica, Cliff Burton, suggerì alla band un vero personaggio: Jim Martin, caratterizzato da una grossa barba e una chitarra pesante. Per capire la persona cito una delle sue perle: “ La finezza è per i vecchi,” ha dichiarato alla rivista Kerrang! “la finezza è per gente che si soffia il naso in bagno”. Giusto per farci capire con chi abbiamo a che fare!
Del 1985 è il primo album We Care a Lot, i picchi di intensità e creatività dell’album di debutto della band sono sufficienti per il salto da un’etichetta indipendente a una major. Si distinguono in questo lavoro i brani The Jungle, We Care a Lot e Pills for Breakfast.
Nel 1987 pubblicano Introduce Yourself l’album, che alcuni credono sia quello di debutto, è stato invece un altro balzo in avanti con brani come: Anne’s Song che è un momento culminante di questo lavoro, Blood, The Crab Song e We Care a Lot del primo album.
Anche con tutte le potenzialità messe in mostra, i Faith No More hanno comunque bisogno di qualcosa per distinguersi dalla massa e arriva la ciliegina sulla torta: il cantante Mike Patton.
Carismatico, intraprendente, dotato di una laringe molto elastica che passa da uno stile all’altro, scrive anche testi che sono di una bellezza cupa ma coinvolgente.
Si deve attendere il crossover rock/rap di Epic, entrata in Top Ten, perché l’America apra gli occhi su The Real Thing del 1989, terzo album della band. Qui troviamo undici brani post-metal, è un lavoro violento e veloce, tracce da ricordare oltre Epic sono: Surprise! You’re dead, metal allo stesso tempo progressivo e thrash, qui il ventenne Patton fa veramente miracoli con la voce; Zombie Eaters, in cui le chitarre di Martin sono tecnicamente impeccabili; The Morning After, tastiere ad effetto, basso dominante, voce assoluta e chitarra trascinante, c’è tutto.
A questo punto, una delle più grandi rock band del mondo diventa anche un gruppo interessante per la sua caratteristica di trascendere i generi.
Nel 1992 alla pubblicazione di Angel Dust, Mike Patton rilascia queste parole “Non possiamo andare dove siamo già stati”, riferendosi alla svolta di genere dell’album trascinato da Easy (la cover dei Commodores che aveva lasciato i fan un pò perplessi). Qui i brani sono quattordici: RV, è un brano che si prende sul serio aumentando leggermente il tono e incupendosi, poi parte incontenibile, disperato e arrabbiato; Smaller And Smaller, dall’atmosfera disumana e alienata, in cui Patton fa al solito la differenza;
Malpractice, si configura violenta e senza soste, con cambi di tempo e urla di distruzione; Be aggressive, è un trash-dance psicotico che alterna tastiere horror-retrò, urla fuori tempo di Patton e stacchi chitarristici provocatori; Crack Hitler, forse il brano migliore dell’album con una continua sperimentazione dei suoni.
Nel 1995 arriva King For A Day…Fool for a Lifetime e contemporaneamente va via Martin che viene rimpiazzato da Mr. Bungle Trey Spruance, chitarrista meno tecnico ma d’effetto, la band col suo arrivo acquista spessore. Qui ci troviamo di fronte a un lavoro diverso, di canzoni scritte per riflettere e non per stordire, un lavoro che varia notevolmente fra post-hardcore/punk, country, jazz, bossa nova, thrash metal, musica gospel, insieme agli altri elementi caratteristici del gruppo e tutto questo si intreccia nell’album rendendolo forse uno dei più belli degli anni 90. Alcuni brani: Get Out, che conquista per il suo stile tra il funk del basso e il puro hardcore, mentre chitarra e batteria rilasciano una potenza immediata;
The Gentle Art Of Making Enemies, tra grunge, grindcore e qualche sprazzo di jazz dà vita ad una bella ritmica; Cuckoo For Caca, hardcore con le urla di Patton assolute, predominanti e sufficienti da sole a dare valore a tutto il pezzo; Ugly In The Morning, rabbiosa e incontenibile; Digging The Grave, il capolavoro dell’album, perfetta nel testo e nella musica, non lascia scampo a chi la ascolta.
Spruance lasciò dopo aver inciso l’album, rimpiazzato immediatamente da Dean Menta, il tecnico delle tastiere del gruppo.
L’album del 1997 è Album of The Year, il sesto in studio e col nuovo chitarrista Jon Hudson, qui i Faith No More sono essenziali, semplici, leggeri, parlano del loro passato e di quello che sono stati, delle opportunità mancate e dei sogni infranti. Ma anche delle persone che, anche solo per un attimo, ci sono state e poi si son perse per sempre, ma non perché sono morte, perché non si sono più fatte sentire e vedere, e forse questo è anche peggio… Alcuni brani: Collision, forse una miglior partenza l’album non poteva avere, tirata e sempre in progressione, ottima la chitarra nel finale; Ashes To Ashes, classica e primitiva allo stesso tempo, brano reso immortale da un Patton commovente e completo, da una chitarra sublime, raffinata e che ci porta a guardarci indietro, ma parla della vita presente, gran pezzo; Got that feeling, un hardcore supersonico che esalta all’inverosimile specialmente con l’urlo infinito e spietato di Patton.
All’inizio del 1998, le voci su un possibile scioglimento dei Faith No More si erano già diffuse. E dopo la raccolta Who Cares a Lot? il gruppo ufficializzò questa notizia. Dopo undici lunghi anni ecco il loro ritorno, siamo nel XXI secolo, precisamente nel 2009 e i Faith No More si affacciano con la formazione che aveva dato alle stampe Album of the Year e con una nuova raccolta The Very Best Definitive Ultimate Greatest Hits Collection. Ma per avere un nuovo album di zecca dobbiamo aspettare il 2015, infatti il 10 febbraio 2015 il gruppo annuncia l’uscita di Sol Invictus, che uscirà nel maggio di quello stesso anno. Questo lavoro all’ insegna del loro esser musica, Sol Invictus è sincero, interessante, ci mostra una formazione forte e viva. Sono le note di un pianoforte ad introdurre Sol Invictus e la voce di Patton svetta poliedrica e inquietante; immediatamente siamo catapultati negli anni 90, si alternano brani aggressivi come Superhero, quasi superbo nella sua bellezza; il controtempo di Sunny Side Up; l’intensità di Separation Anxiety; la coinvolgente Black Friday; tutti i pezzi sono ben strutturati, album da ascoltare, niente da dire son proprio tornati alla grande.
Passano gli anni e finalmente, da qualche settimana, abbiamo appreso che si esibiranno in Italia durante il tour europeo, per ora si parla solo di un’unica tappa il 6 luglio al Milano Summer Festival e magari questo tour verrà accompagnato dall’uscita di materiale inedito, chissà…
L’effetto dei Faith No More sul mondo è stato “buono & cattivo”, naturalmente del tutto fuori controllo: sempre inaspettati, sempre di qualità, sempre irredenti, nonché imperdibili dal vivo. Tutto e il contrario di tutto, perchè loro sono i Faith No More, sono un cavallo in corsa e non si fermeranno tanto facilmente.
“It would be wrong to ask you why
Because I know what goes inside
Is only half of what comes out
Isn’t that what it’s about?
To remind us we’re alive
To remind us we’re not blind
In that big, black hole
Comfortable”
Digging The Grave
A cura di Monica Atzei
Insegnante, classe 1975, medioevista ed immersa nella musica sin da bambina. Si occupa per Tuttorock soprattutto di interviste, sue le rubriche "MommyMetalStories" e "Tuttorock_HappyBirthday". Scrive per altri magazine e blog; collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.