Anima Latina: i “Due Mondi” raccontati da Lucio Battisti
“Questo mio ultimo LP, “Anima Latina”, è per me un’operazione culturale, quasi un esperimento, e tale dovrà restare”. Così parlava Lucio Battisti in un’intervista che accompagnava la contemporanea uscita di quel disco. Un disco destinato ad essere probabilmente il punto più alto della parabola artistica del cantautore e sicuramente un cardine della musica italiana.
C’è veramente da stupirsi allora nel pensare che al giorno d’oggi ci siano ancora moltissime persone che lo ignorano completamente. E allora ecco qui l’idea di “mettervi la pulce nell’orecchio”, raccontandovelo con la nostra rubrica.
Siamo nel 1974 e Battisti era già una stella nel firmamento musicale del nostro paese, con alle spalle canzoni destinate ad essere immortali. Durante un lungo viaggio assieme a Mogol nel Sudamerica, specialmente nel Brasile, viene folgorato dalla cultura e dalla musica di quei luoghi. Un folgorazione che necessitava di essere impressa su nastro. Tornato a casa inizia la genesi di Anima Latina. Non fatevi ingannare però, quella latina non è l’unica “anima” del disco. Siamo pur sempre nel 1974 ed in Italia imperversa il fenomeno del rock progressivo, al fascino del quale non si poteva restare impassibili. Troviamo quindi parti dove trasudano vibrazioni emesse dalle chitarre acustiche in un meticciato sonoro che unisce salsa, flamenco e samba, ed altre dove sintetizzatori e tastiere creano ambiziose architetture sonore. Ma limitare a questo il contesto “musicale” dell’opera è riduttivo. Non si possono non citare ad esempio una favolosa sezione fiati, un grande Karl Potter alle percussioni, o i cori con due pezzi da novanta come Alberto Radius e Mario Lavezzi.
Un’altra importante rivoluzione arriva nei testi.
“Ho messo la mia voce in mezzo alla mia musica ed ho inteso stimolare gli altri a capire le parole, ad afferrare il senso o la sola sonorità; ho inteso stimolare chi mi ascolta a fare attenzione a ciò che sta succedendo, a ciò che accade nel momento in cui si ascolta un brano non perché questo sia piacevole, ma perché ascoltare significa qualcosa: e ascoltare con attenzione, magari rimettendo il disco daccapo perché non si è capito, magari facendo irritare chi non è riuscito ad individuare al primo ascolto una parola, è un’operazione stimolante, coinvolgente; è il modo che ho scelto per comunicare con gli altri, per essere presente in mezzo agli altri, per essere quello che dà il pretesto, lo spunto ad un’azione, ad un’operazione“. L’importanza sociale della musica, e la sua enorme forza comunicativa, nel Sudamerica aveva fatto totalmente breccia nell’animo dell’artista reatino. I testi di “Anima Latina” infatti sono totalmente differenti nella forma e nel contenuto rispetto al passato. Liriche talvolta criptiche e psicologiche, altre volte di protesta contro il conformismo. Perfino l’amore che ha un valore portante nell’album viene cantato in maniera meno aggraziata e patinata, ma con maggiore realismo e erotismo. Si potrebbe vedere il disco anche come una sorta di concept sul rapporto fra i due sessi, su ciò che li divide e su ciò che li unisce. Si potrebbero dire e raccontare mille altre cose riguardo quest’opera che ancora oggi sembra essere futuristica. ma l’obiettivo era quello di mettervi la pulce nell’orecchio. Ora tocca a voi…
Studente di Ingegneria delle Telecomunicazioni presso l'università La Sapienza di Roma, da sempre animato dalla passione per la musica. Nel 2012 entra nel mondo dell'informazione musicale dove lavora alla nascita e all'affermazione del portale Warning Rock. Dal 2016 entra a far parte di TuttoRock del quale ne è attualmente il Direttore Editoriale, con all'attivo innumerevoli articoli tra recensioni, live-report, interviste e varie rubriche. Nel 2018, insieme al socio e amico Cristian Orlandi, crea Undone Project, rassegna di musica sperimentale che rappresenta in pieno la sua concezione artistica. Una musica libera, senza barriere né etichette, infiammata dall'amore di chi la crea e dalle emozioni di chi la ascolta.