ROBERT JOHNSON e la notte del 13 agosto 1938

Le testimonianze di Sonny Boy Williamson II e David Honeyboy Edwards  attestano che la notte del 13 agosto 1938 ROBERT JOHNSON si trovava a suonare con loro al “Three Forks”, un locale a 15 miglia da Greenwood,  nel quale i tre suonavano ogni sabato sera a seguito di un ingaggio che durava da alcune settimane. Era apparso subito evidente come Johnson avesse una storia con la moglie del gestore del locale, il quale era consapevole del fatto pur continuando a contattarlo lo stesso. Racconta Sonny Boy che durante quella serata, complici l’alcol e l’atmosfera di grande eccitazione, gli atteggiamenti dei due però furono  talmente tanto spudorati, da risultare persino imbarazzanti. Altrettanto chiara era la rabbia dipinta sul volto del gestore.  Quando durante una pausa venne passata a Robert una bottiglia di whiskey senza tappo, Sonny Boy gliela fece cadere di mano, avvertendolo che non era prudente bere da una bottiglia aperta.  Robert però si infuriò  e bevve con stizza la  bottiglia successiva, ugualmente passatagli dal gestore già stappata. Poco dopo risultò evidente  che Johnson non era più in condizione di suonare, al punto che lasciò la chitarra e si alzò per andare via, in stato confusionale. Fu accompagnato a casa di un amico, dove poche ore dopo iniziò a delirare. Si trattava dei primi segni di avvelenamento. Morì il 16 Agosto, dopo due giorni di intensa agonia, diventando il primo membro del leggendario “Club dei 27”.  Figura misteriosa e incredibilmente oscura, quella di Johnson, di cui tutti abbiamo sentito parlare in merito al famoso “patto col Diavolo”, e a quelle 29 canzoni, il suo testamento musicale. Anche la morte infatti rimane un mistero,  perchè non tutte le biografie, sempre comunque scarsamente documentate,  sono concordi sull’episodio del bar.  Il certificato di morte, registrato all’Ufficio di Stato Civile di Jackson il 18 Agosto,  non attribuisce infatti il decesso ad una causa specifica,  e segnala oltretutto che ragione della morte  sia da imputarsi  anche al fatto che nessun medico abbia avuto modo (non si sa per quale motivo) di prestargli cure nella fase dell’agonia.